Einaudi, Luigi

(Carrù 1874, † Roma 1961). Economista e uomo politico italiano. Si laureò in legge nel 1895 all’Università di Torino, dove ebbe come maestro Salvatore Cognetti De Martiis. Nel 1893 prese a collaborare alla “Critica sociale” di Turati, nel 1894 al “Giornale degli economisti”, nel 1896 a “La Stampa” e nel 1900 al “Corriere della Sera”. Condirettore della “Riforma sociale” nel 1902, nel 1908 ne divenne il direttore unico. Fu chiamato nel 1902 a ricoprire la cattedra di Scienza delle finanze all’Università di Torino. Nel 1907-1908 pubblicò due importanti studi di storia della finanza sabauda. Dopo un’iniziale adesione alla politica di Giolitti per il suo carattere riformistico e liberale, in relazione ai propri orientamenti liberistici diventò tra i critici più severi in campo economico del protezionismo agrario e industriale e in campo politico dell’indirizzo giolittiano, criticato per le tendenze trasformistiche e burocratiche e le intese con i sindacati socialisti sulla base di concessioni settoriali e particolaristiche. Nel 1911 iniziò la collaborazione a “La Voce” e nel 1912 a “L’Unità” di Salvemini. Favorevole nel 1911 alla guerra libica, nel 1915 sostenne l’intervento dell’Italia nella prima guerra mondiale. Nel 1919 venne nominato senatore del regno. Tra il 1920 e il 1926 fu direttore dell’Istituto di Economia Bocconi di Milano, dove ebbe come allievi P. Sraffa e C. Rosselli. Nel 1922 iniziò a scrivere per “The Economist”. Per iniziativa di P. Gobetti, della cui rivista “La Rivoluzione liberale” nel 1922 era divenuto uno dei collaboratori, pubblicò nel 1924 la raccolta di saggi Le lotte del lavoro, nella quale sosteneva le posizioni assunte da oltre un ventennio in appoggio al moto ascensionale dei lavoratori, criticando però le tendenze sia rivoluzionarie sia corporativistiche del socialismo riformista. Nel 1918 e negli anni del dopoguerra condusse una critica serrata della “Società delle Nazioni”, ritenuta affatto inadeguata per assicurare la pace, contrapponendo ad essa l’ideale della Federazione europea, quale mezzo della pace e della cooperazione tra gli stati del vecchio continente. La sua battaglia contro il burocratismo, il parassitismo industriale e la speculazione finanziaria influenzò profondamente P. Gobetti e A. Gramsci. Convinto assertore del ruolo dirigente della borghesia, si oppose strenuamente al rivoluzionarismo della sinistra massimalista e comunista. Di fronte al fascismo, in un primo tempo Einaudi, in consonanza con Giolitti, Croce e Albertini, lo considerò un positivo contraltare alle tendenze rivoluzionarie ritenendo possibile un suo convogliamento nell’alveo dello stato liberale; ma quando il fascismo, dopo la presa del potere, procedette al sovvertimento delle istituzioni parlamentari fascistizzando lo stato, ne divenne un oppositore. Nel 1927 pubblicò La guerra e il sistema tributario italiano, nel 1932 Principi di scienza della finanze, nel 1933 La condotta economica e gli effetti sociali della guerra italiana. In polemica con Croce, nel 1931 negò che il liberalismo potesse avere altro fondamento economico che quello liberistico. Nel 1931 prestò il giuramento chiesto dal regime ai docenti universitari. Dopo che nel 1935 il fascismo aveva imposto la cessazione della “Riforma sociale”, nel 1936 assunse la direzione della “Rivista di storia economica”, edita dal figlio Giulio. Nel 1943, dopo la caduta del fascismo, Einaudi fu eletto rettore dell’Università di Torino, ma poco dopo riparò in Svizzera. Da un corso universitario derivò il volume Lezioni di politica sociale (1944). Tornato nel 1944 nell’Italia liberata, all’inizio del 1945 venne nominato da Bonomi governatore della Banca d’Italia. Nel 1946 fu eletto all’Assemblea costituente come liberale monarchico. Divenne nel 1947 vicepresidente del Consiglio e ministro del Bilancio nel quarto governo De Gasperi, svolgendo un ruolo di primo piano nella ricostruzione economica secondo linee tipicamente liberistiche. L’11 maggio 1948 fu eletto presidente della repubblica. In quell’anno uscì La guerra e l’unità europea, raccolta dei suoi saggi federalistici a partire dal 1918, che avevano esercitato una grande influenza su federalisti come A. Spinelli ed E. Rossi. Nel 1954 comparve la raccolta Il buongoverno. Saggi di economia e politica (1897-1954). L’anno dopo lo scadere del mandato presidenziale, nel 1956, pubblicò i documenti della sua attività presidenziale col titolo Lo scrittoio del Presidente. 1948-1955 e iniziò a stendere le Prediche inutili (1956-59). Tra il 1959 e il 1965 videro la luce le Cronache economiche e politiche di un trentennio (1893-1925).