divorzio

Derivante dal verbo latino divertere (“volgere dall’altra parte”, da cui divortium), il divorzio indica la rottura del matrimonio a seguito della preventiva separazione dei coniugi e rappresenta l’istituto giuridico mediante il quale viene decretato il suo definitivo scioglimento. Regolato in modo vario nelle differenti epoche storiche, esso è presente in varie civiltà ed è autorizzato all’interno delle maggiori confessioni religiose, sebbene incontri decisivi ostacoli all’interno del cattolicesimo – e quindi dei paesi a radicata tradizione cattolica, come la Spagna, il Portogallo e l’Italia – che lo identifica come atto contrario all’unione indissolubile e sacramentale del matrimonio, del quale prevede la dissoluzione in casi particolarissimi e in regime concordatario. In tal senso, il divorzio costituisce la testimonianza di un’avvenuta secolarizzazione laddove, come in Italia nel 1970, è stato previsto e regolamentato con legge dello stato. Il divorzio è divenuto altresì, non solo per questi motivi, un punto irrinunciabile dei movimenti femministi e laici, soprattutto europei dell’ultimo mezzo secolo, volti all’ottenimento dei diritti civili, in quanto elemento di eversione di una cultura confessionale e conservatrice sia nei riguardi del rapporto famiglia-società, sia di quello stato-chiesa. Per quanto concerne la normativa italiana (legge 1° dicembre 1970), essa fu sottoposta dapprima a giudizi di costituzionalità, che nel 1971 e nel 1973 ne garantirono la legittimità; quindi fu impugnata politicamente da un fronte confessionale appoggiato dai democristiani con il referendum abrogativo del 1974, che fece però registrare una netta maggioranza divorzista. Tale legge prevede sia lo scioglimento del matrimonio civile sia la conclusione degli effetti civili di quello religioso, nei principali casi seguenti: 1) condanna di uno dei coniugi all’ergastolo o a pene detentive superiori ai 15 anni per reati contro la famiglia (anche nel caso di successiva assoluzione per insanità mentale totale); 2) dopo una separazione di almeno 3 anni a seconda dei casi; 3) quando uno dei coniugi, cittadino straniero, abbia richiesto e ottenuto l’annullamento o lo scioglimento del matrimonio, oppure ne abbia contratto un altro all’estero; 4) quando il matrimonio non sia stato consumato. La sentenza di divorzio determina l’abbandono da parte della moglie del cognome del marito e può stabilire le modalità di somministrazione di un assegno di mantenimento (e di altre disposizioni previdenziali, sanitarie e di successione) per uno degli ex coniugi (che decadono in caso di nuove nozze), nonché del concorso di entrambi all’affidamento e alla cura della prole ove esistente.