Verdi

Nome dei partiti e dei movimenti politici ecologisti, in Italia e nel mondo. La specificità e la trasversalità delle tematiche legate alla questione ecologica impediscono di inquadrare i partiti verdi secondo la tradizionale divisione destra-sinistra (anche se nei movimenti ecologisti italiani confluì parte rilevante della Nuova sinistra dopo la crisi dell’ideologia comunista). I partiti tradizionali di ogni schieramento, infatti, condivisero spesso la scelta di un modello di sviluppo industriale inquinante e antiecologico. All’interno del dibattito dei movimenti verdi rientrarono invece temi e valori diversi: la tutela dell’ambiente naturale, il pacifismo antimilitarista, l’opposizione all’energia nucleare, il femminismo. Caratteristica comune è la preferenza e il ricorso agli istituti della democrazia diretta e al più ampio coinvolgimento possibile di ogni cittadino, giacché la difesa dell’ambiente rappresenta un diritto e un interesse comune. Ne consegue perciò che le decisioni in materia di politica ecologica devono essere sottratte a qualsiasi logica di mercato, giacché le grandi industrie e il consumismo strettamente collegato al loro sviluppo sono indicate come i principali responsabili dell’inquinamento e della distruzione dell’ambiente. È dunque evidente la tensione tra l’ecologismo e il modello di sviluppo capitalistico, il quale, in nome del profitto, sfruttò in modo intensivo ed esasperato ogni risorsa naturale e umana, al punto da mettere a repentaglio la stessa sopravvivenza del pianeta. Anche il socialismo reale, d’altronde, pur in una diversa organizzazione dei rapporti sociali, seguì lo stesso modello di sviluppo basato sull’industrializzazione, con analoghi effetti sull’ambiente. Il modello socioeconomico proposto dai Verdi si fonda sul principio dello “sviluppo compatibile”, che impone di effettuare ogni scelta economica tenendo conto del suo impatto ambientale, di privilegiare le risorse rinnovabili rispetto a quelle esauribili e di orientare la ricerca scientifica e tecnologica verso un sempre maggiore risparmio energetico. Un tale sistema produttivo produrrà beni in minor quantità, ma più durevoli e meno inquinanti di quelli attuali. Anche la vita sociale sarà caratterizzata da un’organizzazione del lavoro meno oppressiva e logorante e da una maggior quantità di tempo disponibile per attività libere e autogestite. Nel complesso delle proposte verdi si avverte un profondo senso di responsabilità nei confronti delle future generazioni, alle quali non si deve consegnare un mondo deteriorato da uno sviluppo scriteriato e finalizzato solo al benessere presente. L’impegno politico dei Verdi si manifestò alla fine degli anni Settanta, in concomitanza con la crisi dei movimenti della nuova sinistra. La novità e la mancanza di esperienza e tradizione produssero, inevitabilmente, divisioni e fratture sui grandi problemi strategici dell’impegno politico. La questione della partecipazione alle competizioni elettorali spaccò i Verdi in astensionisti e partecipazionisti; il rapporto con le altre forze politiche e con i governi locali e nazionali li divise poi in intransigenti, contrari a ogni compromesso con l’attuale sistema e con i governi che lo amministrano, e realisti, disposti a entrare in alleanze politiche e nelle coalizioni governative, pur di incidere sulla realtà. La prima apparizione di rilievo dei Verdi in politica si ebbe nel 1974 in Francia, quando si presentò alle elezioni presidenziali un candidato ecologista, René Dumont, che non riscosse grande successo (ottenne l’1,3% dei voti), ma convinse i partiti tradizionali dell’opportunità di occuparsi delle problematiche ambientali. Nel 1980 alle elezioni presidenziali statunitensi si presentò il noto teorico dell’ecologismo Barry Commoner, sostenuto dal Partito dei cittadini, che raccoglieva la vecchia e nuova sinistra. Il primo grande successo fu colto in Germania nel 1983, quando, per la prima volta, le liste dei “Grünen” riuscirono a mandare in parlamento 27 deputati. Nella seconda metà degli anni Ottanta i Verdi raggiunsero percentuali elettorali consistenti in numerosi paesi quali la Gran Bretagna, la Francia, il Belgio e la Germania, per poi calare alla fine del decennio e nei primi anni Novanta. In Germania, una delle patrie storiche del movimento ecologista, nel 1990 i “Grünen” non raggiunsero il quorum del 5% necessario per entrare in parlamento. Insieme ai socialdemocratici di Gerhard Schröder, andarono altresì al governo dopo le elezioni del 1998 e, sotto la guida del loro leader Joschka Fischer, rappresentarono nel decennio successivo una forza politica di primissimo piano. In Italia l’ecologismo si innestò sul filone della cultura libertaria e socialmente impegnata, diffusa negli anni Settanta nei movimenti giovanili e negli ambienti sensibili alle tematiche della nuova sinistra. Numerosi attivisti di movimenti giovanili, femministi, di organizzazioni di volontariato e di leghe pacifiste come la LOC (Lega per l’obiezione di coscienza) confluirono nelle formazioni verdi. Particolarmente significativa fu la decisione di trasferirsi nei movimenti verdi da parte di molti dirigenti e militanti di Democrazia proletaria, tra cui il leader Mario Capanna, nel 1989. Due grandi battaglie verdi furono quelle contro la costruzione della centrale nucleare di Montalto di Castro (1977) e contro l’installazione di missili a testata nucleare a Comiso (1983-84). Decisivo fu poi il loro ruolo nella consultazione referendaria che sanzionò nel 1987 l’uscita dell’Italia dal nucleare. Le principali associazioni ecologiste italiane sono: la Lega ambiente, fondata nel 1980 e associata all’ARCI; la sezione italiana del WWF (World Wildlife Foundation); e gli Amici della Terra (1977, inizialmente federati al Partito radicale). I Verdi italiani si presentarono alle competizioni elettorali per la prima volta in occasione delle amministrative del 1985, raggiungendo il 2% dei voti. Vi fu poi una progressiva crescita, con il superamento del 6% da parte delle due liste (“Sole che ride” e “Arcobaleno”) che si presentarono alle europee del 1989 (risultato pari alla media continentale delle liste ecologiste). Alle politiche del 5 aprile 1992, i Verdi, che subirono la concorrenza di partiti nuovi come le leghe e la Rete, ottennero solo il 2,8%. In occasione delle politiche del 27-28 marzo 1994, le prime della storia repubblicana celebrate con un sistema elettorale semimaggioritario, i Verdi si presentarono nello schieramento progressista (con PDS, Rifondazione comunista, Rete, PSI, Alleanza democratica e cristiano-sociali), condividendone la sconfitta. Sempre con il centrosinistra alle elezioni del 1996, sostennero poi i governi Prodi (1996-98), D’Alema (1998-2000) e Amato (2000-01). Presentatisi alle elezioni politiche del 2001 nella coalizione dell’Ulivo passarono all’opposizione. Alle elezioni politiche del 2006, alleati de L’Unione, riuscirono a portare in parlamento 16 deputati e 11 senatori e a entrare a far parte del governo di centrosinistra guidato da Romano Prodi. Il loro presidente, Alfonso Pecoraro Scanio fu eletto Ministro dell’ambiente. Nel 2007 aderirono al progetto La Sinistra – l’Arcobaleno e, in occasione delle elezioni anticipate del 2008, costituirono un cartello elettorale a sinistra del PD.
La pesante sconfitta subita causò le dimissioni di Pecoraro Scanio e la convocazione di un congresso straordinario, che elesse nuovo presidente Grazia Francescato, cui succedette già nel 2009 Angelo Bonelli. Negli anni seguenti Bonelli avviò una profonda ristrutturazione interna al partito volta alla costruzione di una forza federata di orientamento ecologista, collegata al partito dei Verdi europei e destinata a presentarsi alle elezioni politiche del 2013 all’interno di una coalizione di sinistra, Rivoluzione civile, guidata dall’ex magistrato Antonio Ingroia. A causa del deludente risultato elettorale, i verdi non riuscirono a eleggere alcun candidato al Parlamento.