Perdite territoriali italiane (verso occidente)

mondiale, seconda guerra I termini della pace, l’ONU e il nuovo assetto mondiale

A partire dal 1943, quando ormai già andava profilandosi la vittoria, le potenze occidentali e l’URSS tennero tre importanti conferenze volte a configurare il futuro destino del mondo. Tra il 28 novembre e il 1° dicembre 1943 Roosevelt, Churchill e Stalin si incontrarono a Teheran; tra il 4 e l’11 febbraio 1945 ebbe luogo la conferenza di Jalta; e tra il 17 luglio e il 2 agosto quella di Potsdam, dove oltre a Stalin furono presenti Truman (Roosevelt era morto il 12 aprile) e prima Churchill, e poi, dopo la vittoria dei laburisti in Gran Bretagna, Clement Attlee. In queste conferenze vennero avanzate ipotesi gradualmente sottoposte a revisione e culminate negli accordi che definirono i termini della pace. Alla fine del conflitto, il bilancio era spaventoso. La guerra aveva causato in Europa, Giappone e Cina una perdita di vite umane e distruzioni materiali di proporzioni catastrofiche. Nel conflitto mondiale avevano perso la vita circa 50 milioni di persone. L’URSS ebbe oltre 20 milioni di morti, la Polonia oltre 6, la Germania circa 5, la Iugoslavia oltre 1 milione e mezzo, il Commonwealth britannico oltre 500.000, la Francia circa 400.000, l’Italia 300.000, il Giappone 1.800.000, gli USA poco meno di 300.000, la Cina 15 milioni. I rapporti di potenza nel mondo alla fine della guerra erano mutati drasticamente. Erano sorte due superpotenze, gli USA, che alla potenza militare univa un incontrastato primato economico, e l’URSS, grande potenza militare ma colpita dagli effetti della morte di oltre 20 milioni di persone e di una distruzione economica sistematica messa in atto dai tedeschi. La Gran Bretagna aveva perso il suo ruolo di potenza mondiale, nonostante la vittoria e l’impero. La Francia era uscita dalla guerra drasticamente ridimensionata. Come la conclusione della prima guerra mondiale aveva portato alla nascita della Società delle Nazioni nel 1919, così quella della seconda portò al sorgere il 26 giugno 1945 dell’Organizzazione delle Nazioni Unite, avente l’intento di garantire la pace, la libertà dei popoli e la democrazia e di favorire la cooperazione internazionale. Di fatto l’ONU, dominata dalle maggiori potenze, sarebbe stata presto la sede delle tensioni tra il mondo comunista e il mondo occidentale e dei loro stati guida. Dopo una serie di trattative, culminate nella conferenza di Parigi (luglio-ottobre 1945) i trattati di pace con i cinque paesi “satelliti” della Germania, Italia, Bulgaria, Romania, Ungheria e Finlandia, furono firmati il 10 febbraio 1947. L’Italia cedette alla Francia Briga e Tenda, alla Iugoslavia la Venezia Giulia, Trieste venne divisa in due zone affidate alla Iugoslavia e agli angloamericani. Le colonie furono perdute. Albania e Etiopia recuperarono l’indipendenza. Rodi e il Dodecanneso andarono alla Grecia. Furono imposte riparazioni, alle quali poi USA e Gran Bretagna rinunciarono e che vennero invece pagate all’URSS e alla Iugoslavia. I paesi orientali caduti sotto l’influenza sovietica ebbero trattati dettati dall’URSS. La Germania fu occupata e divisa in due zone, affidate l’una alle potenze occidentali – ulteriormente suddivisa tra inglesi, americani e inglesi – e l’altra all’URSS. Per Berlino venne adottato lo stesso criterio. La Germania avrebbe dovuto essere denazificata, demilitarizzata, democratizzata, le sue grandi concentrazioni monopolistiche distrutte. Contro i capi nazisti fu celebrato dal 15 novembre 1945 al 1° ottobre 1946 il processo di Norimberga. Ogni politica congiunta dei vincitori nei confronti della Germania venne però presto vanificata dai contrasti crescenti tra occidentali e sovietici. Le frontiere tra Germania, Polonia e URSS furono completamente ridisegnate. La Polonia ottenne dalla prima la Pomerania, la Slesia e parte della Prussia orientale e cedette all’URSS le regioni della Bielorussia e dell’Ucraina conquistate nel 1921. Il Giappone perse i territori conquistati in Cina, la Corea, Formosa e Sakhalin. In Asia e in Africa Gran Bretagna, Francia e Olanda recuperarono le loro colonie ormai però investite dai movimenti di liberazione anticoloniale.