mondiale, seconda guerra

  1. Il carattere della guerra “totale”
  2. Le origini della guerra
  3. 1939-40. Dal crollo della Polonia alla caduta della Francia. La resistenza britannica
  4. 1941. L’attacco tedesco all’URSS, il fallimento della “guerra lampo” e l’intervento di Giappone e USA
  5. 1942. La “guerra di usura” e le prime grandi sconfitte di Germania e Giappone
  6. 1943. La svolta nella guerra e il crollo dell’Italia
  7. Il “nuovo ordine” in Europa e in Asia
  8. 1944. Lo sbarco alleato in Normandia, la grande controffensiva sovietica e le vittorie americane nel Pacifico
  9. 1945. La capitolazione della Germania e del Giappone
  10. Il collaborazionismo e i movimenti di resistenza
  11. I termini della pace, l’ONU e il nuovo assetto mondiale
1. Il carattere della guerra “totale”

Se la prima guerra mondiale era stata ancora prevalentemente una guerra europea, la seconda guerra mondiale fu una guerra in senso proprio “mondiale”. Essa coinvolse un numero senza precedenti di paesi e venne combattuta su una molteplicità di teatri terrestri e marittimi e nei cieli: dall’Europa, all’Africa e all’Asia. Oltre ai militari, trascinò nel conflitto le popolazioni civili. Massicci bombardamenti, spesso di natura terroristica, colpirono un gran numero di città, molte delle quali vennero rase al suolo, causando stragi immense, provocando inumane sofferenze e cancellando per sempre tanta parte dell’eredità storica. Lo spostamento dei fronti, grazie all’impiego massiccio di aerei, carri armati, mezzi di trasporto di ogni tipo, fu assai più rapido che non nel 1914-18; e dietro alle linee di combattimento restavano immense macerie. La mobilitazione delle risorse materiali e umane fu totale, mettendo in luce la superiorità della macchina produttiva degli Stati Uniti. Ancor più della prima, la seconda guerra mondiale fu una guerra “ideologica” tra i campi opposti: da un parte le potenze fasciste e il Giappone, tesi a giustificare la loro causa come rivolta contro le democrazie ricche e decadenti e il bolscevismo internazionale e mirante ad assicurare il futuro dei popoli “poveri” e “giovani”; dall’altra le potenze occidentali e l’URSS, che agitarono la bandiera democratica variamente intesa e la crociata contro gli stati autoritari militaristi ed espansionisti. La mobilitazione politica e lo scontro ideologico fu anche alla base dei movimenti opposti del collaborazionismo e della Resistenza. La lotta partigiana contro gli occupanti nazifascisti e giapponesi fu un fatto nuovo per ampiezza e significato. Una caratteristica essenziale di questa guerra fu infine il sistema di terrorismo generalizzato messo in atto dai nazisti nei paesi occupati nei quali furono gettate le fondamenta, infine crollate, di un “ordine nuovo”. Il sistema del terrore colpì ebrei, nemici politici, forze della resistenza, popolazioni schiavizzate in Polonia, nell’URSS occupata e in Iugoslavia, prigionieri di guerra soprattutto russi, provocando stermini di massa. A loro volta i giapponesi attuarono in Asia pratiche simili, sebbene non su una scala paragonabile per sistematicità e ampiezza con la politica nazista.

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2. Le origini della guerra

In modo ancor più netto che nella prima guerra mondiale la causa immediata dell’inizio delle ostilità fu legata al progetto espansivo imperialistico della Germania – che poteva addurre a pretesto le condizioni punitive della pace di Versailles – con il quale andò convergendo quello del Giappone. Furono infatti la Germania a invadere, senza alcuna dichiarazione formale di guerra, la Polonia il 1° settembre 1939 provocando, a due giorni di distanza, l’entrata in guerra di Francia e Inghilterra; e il Giappone ad attaccare nel dicembre 1941 gli Stati Uniti. Lo scoppio della guerra mondiale fu preceduto da una serie di guerre e atti aggressivi premonitori: l’attacco del Giappone alla Cina nel 1931, allargatosi nel 1937; la guerra condotta dall’Italia contro l’Etiopia (1935-36); la guerra civile scatenata in Spagna dalla destra clericale, nazionalista e autoritaria contro il legittimo governo repubblicano (1936-39); l’occupazione e l’assimilazione (Anschluss) dell’Austria da parte della Germania (1938); la distruzione della Cecoslovacchia imposta dalla Germania (1938), l’occupazione dell’Albania da parte dell’Italia (1939). L’inerzia, i cedimenti e persino le complicità anglo-francesi furono alla base del successo di tutte queste aggressioni. La firma il 23 agosto 1939 a Mosca del patto nazisovietico, fondato sulla spartizione tra Germania e URSS delle reciproche sfere di influenza nell’Europa orientale, diede il via libera per l’attacco tedesco alla Polonia il successivo 1° settembre, che segnò l’inizio della seconda guerra mondiale, e per quello sovietico alla Finlandia il 30 novembre.

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3. 1939-40. Dal crollo della Polonia alla caduta della Francia. La resistenza britannica

La prima fase fu quella della cosiddetta “guerra lampo”, che vide la Germania trionfare in meno di un mese sulla Polonia – attaccata contemporaneamente sul fronte orientale dalle truppe dell’URSS in base alle clausole segrete del patto Molotov-Ribbentrop del 23 agosto 1939 – e occupare la Danimarca e la Norvegia (aprile-giugno 1940). Nel frattempo era stata avviata l’offensiva anche sul fronte occidentale dove si ebbe una iniziale fase di stallo (drôle de guerre, tra il settembre 1939 e il maggio 1940). Il 9 aprile Hitler diede inizio all’invasione proditoria dei paesi neutrali Olanda, Belgio e Lussemburgo, con l’intento di preparare l’attacco risolutivo contro la Francia sul suo fronte più debole. La manovra ebbe pieno successo: i tedeschi il 24 maggio erano a Dunkerque – da dove la marina e l’aviazione britanniche dovettero evacuare in dieci giorni quasi 340.000 soldati inglesi e francesi – e il 5 giugno sfondarono più a sud, con largo impiego di carri armati, la linea difensiva francese fra l’Aisne e la Somme, aggirando la linea fortificata Maginot. Il 14 giugno 1940 occuparono Parigi e il 22 giugno il maresciallo Pétain, che aveva assunto il potere nell’ora della disfatta, firmò l’armistizio. La Francia venne divisa in due parti: la prima comprendente tre quinti circa del territorio posta sotto diretta amministrazione tedesca; la seconda, nella Francia centro-meridionale, affidata a un nuovo governo collaborazionista guidato da Pétain con sede a Vichy. Il 10 giugno era entrata in guerra anche l’Italia, che il 1° settembre aveva proclamato la “non belligeranza” in conseguenza della propria impreparazione militare. L’ingresso in guerra fu dovuto alla convinzione di Mussolini che la guerra fosse stata ormai praticamente vinta dai tedeschi e che quindi fosse giunto il momento per l’Italia di partecipare al bottino. L’Italia lanciò sulle Alpi occidentali un’offensiva contro una Francia già vinta, che però risultò un insuccesso. Il 24 giugno la Francia firmò l’armistizio anche con l’Italia. Dopo la sconfitta della Francia, la Germania scatenò un grande attacco aereo contro l’Inghilterra – dove il 10 maggio era salito al potere Winston Churchill, che incarnava l’indomita volontà del paese di resistere fino alla vittoria – a preparazione di uno sbarco in forze. Se non che gli inglesi avevano un’eccellente aviazione e una indiscussa superiorità navale. Tra l’agosto e l’ottobre del 1940 la “battaglia d’Inghilterra” condotta dalle due aviazioni si trasformò in una decisiva vittoria per gli inglesi, tanto che il previsto sbarco tedesco – la cosiddetta operazione “Leone marino” – dovette essere rinviato a data indefinita. I tedeschi sottoposero al bombardamento terroristico numerose città inglesi, tra cui Coventry e Birmingham. Dopo lo scacco militare subito da una Francia moribonda, Mussolini, desideroso di vittorie, diede inizio a una propria “guerra parallela” a quella tedesca da svilupparsi nel Mediterraneo, in Africa e nei Balcani. Ma alla fine di ottobre un’offensiva italiana in Africa settentrionale contro gli inglesi dovette arrestarsi. Il 28 ottobre Mussolini prese la decisione di attaccare la Grecia, credendo in una facile conquista, ma gli italiani andarono a cozzare contro una fortissima resistenza greca. In novembre, dopo che la flotta italiana aveva già subito una serie di sconfitte, si ebbe l’affondamento di buona parte della flotta di stanza a Taranto. Il 1940 si chiudeva, dunque, con un forte arresto dello slancio aggressivo della Germania e con il fallimento delle ambizioni italiane. Il 27 settembre a Berlino era stato intanto firmato il patto tripartito tra Germania, Italia e Giappone.

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4. 1941. L’attacco tedesco all’URSS, il fallimento della “guerra lampo” e l’intervento di Giappone e USA

Gli insuccessi italiani in Africa e in Grecia costrinsero la Germania ad assumere l’iniziativa anche su quei fronti. Nel febbraio 1941 sbarcarono nell’Africa settentrionale gli Afrikakorps del generale Erwin Rommel, che respinsero gli inglesi dalla Cirenaica ma non riuscirono a evitare che essi occupassero in aprile Addis Abeba e che nei mesi successivi si impadronissero, con l’aiuto di forze della Francia libera guidate da de Gaulle, di Iraq, Siria e Libano. In aprile i tedeschi attaccarono la Iugoslavia e la Grecia, costringendo la prima – che dopo un’iniziale adesione al patto tripartito, in seguito a un colpo di stato aveva stretto un patto d’amicizia con l’URSS – all’armistizio nel giro di pochi giorni e annientando in due settimane la seconda (anche Creta fu occupata). L’intervento nei Balcani, cui si aggiunse nel mese di marzo l’invasione da parte delle truppe tedesche della Bulgaria, segnarono la definitiva rottura dell’intesa tedesco-sovietica che si era concretizzata, da parte dell’URSS, nell’occupazione della Polonia orientale nel settembre 1939, nella guerra con la Finlandia tra il novembre 1939 e il marzo 1940 e, nel giugno di quello stesso anno, nell’occupazione di Lituania, Lettonia, Estonia, Bessarabia e Bucovina settentrionale. Il 22 giugno 1941 prese avvio l’attacco tedesco all’URSS, con il concorso dei finlandesi. Si trattò dell’“operazione Barbarossa”, con cui Hitler pensava di poter in breve tempo sconfiggere l’URSS e impadronirsi delle sue risorse. Le straordinarie vittorie iniziali sembrarono dargli ragione: le armate tedesche del nord conquistarono con spettacolare facilità i paesi baltici e il nord-ovest della Russia, ponendo sotto assedio Leningrado in settembre; le armate del centro, il gruppo più consistente, dopo aver vinto le battaglie di Minsk, Bialystock e Viazma-Briansk, giunsero alla periferia di Mosca a metà ottobre; le armate del sud, vinta una grande battaglia tra il Bug e il Dniepr, si impadronirono di Kiev (19 settembre) e della regione industriale del Donetz. L’offensiva fu arrestata soltanto dal precoce inverno russo, che creò notevoli problemi di approvvigionamento ai reparti tedeschi e diede l’opportunità ai russi di dar vita alla guerra partigiana e di lanciare in dicembre una grande controffensiva nel settore di Mosca, che costrinse le truppe tedesche a una prima ritirata. Alla fine del 1941, dal punto di vista militare, i nazisti potevano vantare certamente vittorie trionfali ma, al tempo stesso, dovevano prendere atto del fatto che la guerra lampo si era trasformata in una lunga guerra di usura e di logoramento, dal momento che né l’Inghilterra né l’URSS avevano ceduto, pur avendo subìto colpi durissimi. Alla fine del 1941 il conflitto ebbe una svolta clamorosa e decisiva con l’intervento in guerra del Giappone e degli Stati Uniti. Questi ultimi avevano sostenuto con grandi aiuti la Gran Bretagna e in marzo avevano approvato la legge “affitti e prestiti” (Lend-Lease Act), in base alla quale gli inglesi potevano ricevere gli aiuti senza pagarli subito. Il 14 agosto Churchill e il presidente Roosevelt avevano firmato la “Carta atlantica”, dove si manifestava la ferma determinazione di difendere sino alla vittoria il mondo libero. I rapporti degli USA con il Giappone erano andati costantemente deteriorandosi, poiché i primi erano decisi a opporsi ai disegni espansionistici del secondo. Il che portò alla formazione in ottobre del governo militarista del generale Hideki Tojo, che prese l’iniziativa di dare inizio alla guerra. Il 7 dicembre i giapponesi attaccarono senza dichiarazione di guerra la base navale americana di Pearl Harbor, distruggendo gran parte della flotta USA del Pacifico. Quattro giorni più tardi anche Germania e Italia dichiararono guerra agli USA.

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5. 1942. La “guerra di usura” e le prime grandi sconfitte di Germania e Giappone

Forte anche della neutralità sovietica nei suoi confronti, il Giappone nei primi cinque mesi del nuovo anno annientò le forze britanniche e olandesi in Asia e si impadronì di metà del Pacifico: dalle Filippine (dicembre 1941 -maggio 1942) alla Malesia e a Singapore (gennaio-febbraio 1942), all’Indonesia e alla Birmania (gennaio-marzo 1942). All’inizio dell’estate, i giapponesi attraverso la Birmania minacciavano l’India britannica – che avrebbe potuto trovarsi stretta in una morsa qualora i tedeschi fossero riusciti nell’impresa di spingersi, avanzando in Medio Oriente, fino alla Persia – e, dopo lo sbarco in Nuova Guinea e la conquista dell’isola di Guadalcanal (luglio 1942), costituivano un pericolo incombente sull’Australia. Ma anche la guerra lampo nipponica, così come quella tedesca, fu frenata in maggio nel Mar dei Coralli e a giugno nei pressi delle isole Midway, dove la flotta giapponese subì dure sconfitte da parte americana, al punto da dover accantonare progetti più ambiziosi d’invasione dell’Australia. L’isola di Guadalcanal, inoltre, sarebbe divenuta a partire dal successivo agosto l’epicentro della controffensiva statunitense. In quel medesimo inizio d’estate, la Germania lanciò due diverse offensive, in Russia e in Africa, che costituirono l’apogeo della sua iniziativa militare ma che si sarebbero poi rivelate il preludio del crollo. In Russia, nel settore sud del fronte, la Wehrmacht – affiancata da un corpo di spedizione italiano (CSIR), poi trasformato in Armata Italiana in Russia (ARMIR) – conquistò la Crimea e si spinse oltre il Don, fino a raggiungere il Volga e il Caucaso; a partire da luglio i combattimenti si concentrarono nella città di Stalingrado, dove fino al febbraio 1943 si svolse la più grande battaglia di tutta la storia umana, conclusasi con una catastrofica sconfitta per i tedeschi. In Africa settentrionale, Rommel in giugno conquistò Tobruk e avanzò in Egitto fino quasi ad Alessandria, minacciando il flusso di rifornimenti inglesi – legato al controllo del canale di Suez e di alcune basi aeree nell’Egitto centro-orientale – ma il 3-4 novembre fu sconfitto a El Alamein dal generale inglese Montgomery e dovette iniziare, insieme alle truppe italiane, la ritirata in Libia. L’8 novembre, reparti angloamericani guidati dal generale statunitense Eisenhower sbarcarono in Algeria e Marocco, e a nulla valse il tentativo di Hitler di opporsi invadendo la Tunisia francese, violando così anche l’armistizio con la Francia: il 13 novembre gli inglesi presero Tobruk.

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6. 1943. La svolta nella guerra e il crollo dell’Italia

Il 1943 fin dal suo esordio vide le potenze del patto tripartito perdere ovunque l’iniziativa a vantaggio degli alleati. Nel Pacifico, le truppe americane e australiane guidate dall’ammiraglio Nimitz e dal generale MacArthur conquistarono in febbraio l’isola di Guadalcanal e, a partire dal luglio successivo, attuarono la tattica del “salto dei montoni”, che consisteva nel concentrare il grosso delle forze su un’isola per appropriarsene e servirsene come base per un ulteriore balzo in avanti: in sei mesi, gli alleati sbarcarono in Nuova Georgia (3-5 luglio e 15 agosto), nelle Aleutine (15 agosto), in Nuova Guinea (4-22 settembre), nelle isole Choiseul (28 ottobre), a Bougainville e alle Gilbert (1-20 novembre), in Nuova Britannia (15-26 dicembre). Miglior sorte non ebbero le offensive tedesche in Russia e in Africa settentrionale. Sul primo di questi fronti, il rifiuto di Hitler di autorizzare la ritirata delle proprie truppe a Stalingrado costrinse alla capitolazione l’armata del generale von Paulus (2 febbraio 1943) e ciò consentì all’Armata Rossa di respingere i tedeschi oltre il Don e di riprendere Kiev (6 novembre). In Africa, Rommel si trovò costretto ad abbandonare la Libia in gennaio; e il 12-13 maggio le truppe italo-tedesche dovettero capitolare anche in Tunisia. Gli angloamericani avevano così realizzato le precondizioni per l’invasione dell’Italia: il 12 giugno venne occupata l’isola di Pantelleria e da lì le forze angloamericane e canadesi partirono per effettuare il 10 luglio lo sbarco in Sicilia, la cui conquista fu completata in agosto. La resistenza italiana fu insignificante. L’effetto fu il crollo del regime fascista il 24-25 luglio del 1943 e la formazione del governo Badoglio, che, mentre promise ai tedeschi la continuazione della guerra al loro fianco, preparò segretamente l’armistizio con gli alleati, firmato a Cassibile il 3 settembre e reso pubblico l’8 settembre. Quindi il re e Badoglio fuggirono a Pescara e a Brindisi sotto la protezione degli alleati, dando vita al “regno del Sud”. L’esercito italiano lasciato senza ordini si disgregò in uno stato di marasma, cadendo preda della vendetta tedesca. Gli americani sbarcarono a Salerno e gli inglesi a Taranto (9 settembre). I tedeschi reagirono con grande rapidità ed efficacia all’armistizio, occupando l’Italia centro-settentrionale, dove ebbe presto inizio la guerra partigiana. Il 23 settembre Mussolini costituì nel nord la Repubblica Sociale Italiana, il cui governo aveva sede a Salò. Il 13 ottobre il governo monarchico badogliano dichiarò guerra alla Germania.

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7. Il “nuovo ordine” in Europa e in Asia

Come effetto delle loro grandi conquiste la Germania e il Giappone avevano dato vita a un “nuovo ordine” in Europa e in Asia. La Germania, unificando nel Reich quasi tutte le regioni popolate da tedeschi aveva raggiunto una popolazione di circa 100 milioni di abitanti, costituendo il cuore del “nuovo ordine” europeo, fondato sul dominio da parte della “razza superiore” sulle popolazioni dominate, sulla schiavizzazione delle razze inferiori come gli slavi, sullo sterminio degli ebrei, sullo sfruttamento indiscriminato delle risorse economiche a favore dei tedeschi. Grandi masse di prigionieri e di lavoratori vennero avviate al lavoro in Germania in condizioni di militarizzazione. La Boemia-Moravia, la Polonia, l’Ucraina e i territori orientali divennero una sorta di colonie. A far da corona al Reich erano gli stati alleati-satelliti come la Francia di Vichy, l’Ungheria, la Slovacchia, la Romania, la Bulgaria, la Repubblica Sociale Italiana. Venne messo in atto in tutta l’Europa occupata un regime di terrore per tenere sotto controllo la popolazione; e fu organizzata una lotta metodica contro i movimenti di Resistenza. Gli ebrei, i nemici del nazismo, i prigionieri di guerra in specie russi vennero rinchiusi nei campi di concentramento, molti dei quali divennero campi di sterminio (Buchenwald, Mauthausen, Auschwitz, Dachau, ecc.), dove trovarono la morte tra i 5 e i sei milioni di ebrei. La ribellione disperata del ghetto di Varsavia nell’aprile 1943 venne repressa in maniera barbarica. Il “nuovo ordine” introdotto dal Giappone in Asia ebbe un carattere in parte simile a quello imposto dai tedeschi in Europa, ma in parte diverso. Anche il Giappone impose nei territori occupati uno sfruttamento economico e un dominio politico brutali, procedendo anche a eccidi efferati. Se non che l’espansionismo nipponico assunse in un primo tempo il carattere della lotta degli asiatici contro le potenze coloniali occidentali, con l’effetto di esaltare in numerosi paesi il nazionalismo asiatico, così da ottenere da importanti settori di esso un sostegno attivo. La guerra del Giappone ebbe infatti in Asia il risultato di contribuire in maniera determinante al crollo dei vecchi imperi coloniali.

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8. 1944. Lo sbarco alleato in Normandia, la grande controffensiva sovietica e le vittorie americane nel Pacifico

I primi fronti a veder cedere in maniera irreversibile tedeschi e giapponesi furono quello russo e quello del Pacifico. In Russia, la Wehrmacht non fu più in condizioni di arrestare l’offensiva generale dell’Armata Rossa che, a partire dalla primavera 1944, dopo aver spezzato l’assedio di Leningrado, durato 900 giorni, ed essersi reimpadronita dell’Ucraina e della Crimea, dilagò nei Balcani e nell’Europa centrale giungendo nei pressi di Varsavia – che insorse incorrendo nella spietata repressione dei nazisti (1° agosto – 2 ottobre) – e occupando la Romania in agosto e la Bulgaria, l’Estonia e la Lettonia in settembre e ottobre. La disfatta tedesca indusse i paesi satelliti a un capovolgimento di alleanze: il 25 agosto la Romania e l’8 settembre la Bulgaria dichiararono guerra alla Germania. In ottobre, nei Balcani, l’esercito sovietico si congiunse con le truppe iugoslave del maresciallo Tito dando inizio alla liberazione della Iugoslavia che sarebbe stata completata nell’aprile 1945. Il generale ripiegamento dei tedeschi nel settore orientale venne completato dall’evacuazione in ottobre della Grecia, occupata dagli inglesi allo scopo di evitare che cadesse anch’essa in mano ai sovietici. Nel Pacifico, americani e australiani procedevano intanto nella loro avanzata verso il Giappone: in gennaio e febbraio occuparono le isole Marshall, in aprile e maggio sbarcarono nuovamente in Nuova Guinea mentre le loro forze in Birmania si congiungevano con quelle cinesi. Tra giugno e agosto presero Saipan e Guam nelle Marianne. A settembre l’iniziativa alleata si spostò a sud e iniziarono i bombardamenti delle Filippine e di Formosa. La flotta giapponese venne distrutta nella seconda battaglia di Leyte (22-26 ottobre), nonostante il ricorso all’azione suicida dei kamikaze. L’anno si concluse con i primi bombardamenti di Tokyo in novembre, quando però il Giappone disponeva ancora di forze consistenti in Cina, Corea e Indocina. Senza dubbio, tuttavia, le battaglie più importanti del 1944 si combatterono in Europa. Qui, nello stesso periodo in cui gli alleati sbarcavano ad Anzio (22 gennaio) e occupavano Roma (4 giugno) costringendo i tedeschi ad attestarsi lungo la linea gotica dell’Appennino, venne progettata e attuata l’apertura di quel “secondo fronte” chiesto con insistenza da Stalin e che il premier britannico Churchill avrebbe preferito nei Balcani, ma che Roosevelt volle nella Francia settentrionale. Il 6 giugno prese l’avvio l’“operazione Overlord” con lo sbarco in Normandia sotto il comando del generale Eisenhower. Gli angloamericani sfondarono la difesa tedesca e marciarono su Parigi. Il 15 agosto intervenne un secondo sbarco di truppe americane e golliste in Provenza che minacciò di chiudere i tedeschi in una morsa. Il 26 agosto de Gaulle poté fare il suo ingresso trionfale a Parigi. Meno di un mese più tardi Francia e Belgio erano quasi interamente liberi e la Wehrmacht si era ritirata sulle frontiere del Reich. La sconfitta ormai certa della Germania portò al tentativo compiuto da un gruppo di congiurati, militari e civili, di eliminare Hitler e di giungere a una pace separata con gli angloamericani. Il 20 luglio 1944 il colonnello von Stauffenberg piazzò una bomba nel bunker di Hitler, che si salvò solo per miracolo, procedendo poi a una spietata repressione.

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9. 1945. La capitolazione della Germania e del Giappone

L’ultimo periodo della guerra si caratterizzò come la fase conclusiva dell’escalation militare delle potenze vittoriose. Fra il 1944 e il 1945 Hitler impiegò contro gli inglesi, seppure senza molto successo, i missili telecomandati V1 eV2 e i primi aerei a reazione, giunse alla mobilitazione di tutti gli uomini validi tra i sedici e i sessant’anni e all’arruolamento delle donne nei servizi ausiliari, fece lavorare i tribunali militari nel tentativo di reprimere qualsiasi forma di opposizione interna. Gli alleati, da parte loro, ricorsero al bombardamento terroristico delle città tedesche; nella notte tra il 13 e il 14 febbraio 1945 Dresda fu completamente rasa al suolo. Si contarono oltre centomila morti. La ricerca statunitense sull’arma atomica entro breve tempo avrebbe prodotto i primi esemplari da impiegare nel Pacifico per accelerare la conclusione del conflitto. In Europa, sul fronte occidentale, il 7 marzo 1945 l’ultima offensiva tedesca avviata nel dicembre precedente nelle Ardenne fu arrestata dagli americani, che passarono il Reno al ponte di Remagen; più a sud i francesi, in febbraio, avevano completato la liberazione della sacca di Colmar; l’Italia settentrionale venne liberata alla fine di aprile. Sul fronte orientale, i sovietici a partire dal gennaio 1945 liberarono la Polonia, invasero la Germania e il 13 aprile occuparono Vienna. Le loro truppe si ricongiunsero a Torgau sull’Elba con le forze angloamericane il 25 aprile, quando era già in corso la battaglia per Berlino, investita dai sovietici. Il 30 aprile, dopo aver ordinato la resistenza a oltranza, Hitler si suicidò. Il 7 maggio la Germania firmò la capitolazione senza condizioni a Reims. Nel Pacifico, intanto, proseguiva la guerra contro il Giappone. Gli americani nel gennaio 1945 occuparono Manila, nelle Filippine, e il 19 febbraio compirono il primo sbarco in territorio giapponese a Iwo Jima. Il successivo 7 aprile le due flotte si affrontarono presso Okinawa, la cui occupazione fu portata a termine a giugno. La risolutezza dei giapponesi a non cedere, tuttavia, ricevette un’ulteriore conferma quando essi rifiutarono un ultimatum degli USA, evento questo che convinse il nuovo presidente americano Harry Truman a impiegare la nuova bomba atomica, sperimentata con successo nel deserto del Nevada. Il 6 agosto una prima bomba atomica fu lanciata su Hiroshima, radendo al suolo l’intera città e provocando oltre novantamila morti; tre giorni più tardi, il 9 agosto – il giorno dopo che l’URSS, accogliendo una richiesta americana in tal senso, aveva dichiarato guerra al Giappone, procedendo rapidamente alla conquista della Manciuria e della Corea – un secondo ordigno venne sganciato su Nagasaki. Il 15 dello stesso mese il Mikado ordinò la cessazione delle ostilità su tutti i fronti e il 2 settembre il Giappone firmò la propria capitolazione a bordo della corazzata Missouri, nella baia di Tokyo. La seconda guerra mondiale, la maggiore e la più crudele della storia, era così finita.

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10. Il collaborazionismo e i movimenti di resistenza

La seconda guerra mondiale non fu soltanto un conflitto tra eserciti. Essa vide anche svilupparsi all’interno dei paesi occupati dalle forze armate tedesche, italiane e nipponiche, due fenomeni di grande importanza politica e anche, in certi casi, militare: da un lato il collaborazionismo con gli occupanti e dall’altro la resistenza ad essi. Due fenomeni non conosciuti nella prima guerra mondiale. Regimi collaborazionisti si svilupparono in Norvegia con Vidkun Quisling, in Francia con Pétain, in Italia con la Repubblica di Salò mussoliniana, e nell’Europa orientale e balcanica. I regimi collaborazionisti fornirono aiuti militari secondari, ma divennero uno strumento essenziale nella lotta contro i movimenti di resistenza, rendendosi responsabili in molti casi di efferatezze che superarono in ferocia quella degli occupanti. La lotta delle formazioni partigiane si sviluppò su larga scala in Iugoslavia a opera dei comunisti di Tito e nella Russia occupata, dove ebbe un’importanza militare di prim’ordine, ma anche, con un notevole peso, in Grecia, in Polonia, nell’Italia centro-settentrionale, in Francia. La base sociale dei movimenti di resistenza venne offerta da tutti gli strati, ma in prima fila vi furono gli operai e i contadini. Dal punto di vista politico, il maggior contributo venne dato dai partiti di sinistra e in specie dai comunisti. Un ruolo primario in Francia ebbero anche i gollisti e in Polonia i resistenti non comunisti e anticomunisti che paventavano l’espansionismo sovietico. In Germania non mancarono piccoli gruppi di resistenti militari e civili, che vennero inesorabilmente stroncati. Nell’Italia occupata dai nazisti la Resistenza si sviluppò dopo l’8 settembre 1943. Tra il 20 e il 30 settembre vi fu l’insurrezione di Napoli, subito dopo liberata dagli alleati. A Roma il 23 marzo 1944 un attentato organizzato dai comunisti in cui morirono 32 tedeschi provocò la strage di 335 ostaggi alle Fosse Ardeatine. Il bilancio dei resistenti italiani morti fu di oltre 70.000 tra combattenti e civili. Dal punto di vista politico e organizzativo le formazioni partigiane rispecchiarono lo spettro delle diverse tendenze: brigate Garibaldi, comuniste; Giustizia e Libertà, azioniste; Matteotti, socialiste; autonome, formate in gran parte da militari monarchici badogliani; democristiane; liberali. La classe operaia del triangolo industriale mise in atto nel marzo 1944 due grandi scioperi generali. La direzione politica della Resistenza fu opera dei Comitati di Liberazione nazionale (CLN), aventi il loro organo supremo nel Comitato di Liberazione nazionale Alta Italia (CLNAI), costituito nel gennaio del 1944. La direzione militare delle forze partigiane, poi trasformate in Corpo dei volontari della libertà (CVL) venne affidata nel dicembre 1944 a un comando militare presieduto dal generale Raffaele Cadorna, affiancato dal comunista Luigi Longo e dall’azionista Ferruccio Parri, su cui gravava però il controllo degli angloamericani. Dal canto suo il governo italiano del sud procedette nell’ottobre del 1943 a costituire un Corpo italiano di liberazione, formato da truppe regolari che operarono a fianco degli alleati. La lotta di resistenza italiana provocò tutta una serie di eccidi da parte dei nazifascisti, il maggiore dei quali fu compiuto a Marzabotto (29 settembre – 1° ottobre 1944), dove vennero trucidate circa 2000 persone. Le formazioni partigiane diedero luogo il 25-26 aprile 1945 all’insurrezione nazionale, che precedette l’arrivo delle truppe alleate. Mussolini, mentre tentava la fuga in Svizzera, fu arrestato e giustiziato dai partigiani il 28 aprile. L’insurrezione partigiana portò all’uccisione di circa 30.000 collaborazionisti, militari di Salò e vittime della “resa dei conti”.

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11. I termini della pace, l’ONU e il nuovo assetto mondiale

A partire dal 1943, quando ormai già andava profilandosi la vittoria, le potenze occidentali e l’URSS tennero tre importanti conferenze volte a configurare il futuro destino del mondo. Tra il 28 novembre e il 1° dicembre 1943 Roosevelt, Churchill e Stalin si incontrarono a Teheran; tra il 4 e l’11 febbraio 1945 ebbe luogo la conferenza di Jalta; e tra il 17 luglio e il 2 agosto quella di Potsdam, dove oltre a Stalin furono presenti Truman (Roosevelt era morto il 12 aprile) e prima Churchill, e poi, dopo la vittoria dei laburisti in Gran Bretagna, Clement Attlee. In queste conferenze vennero avanzate ipotesi gradualmente sottoposte a revisione e culminate negli accordi che definirono i termini della pace. Alla fine del conflitto, il bilancio era spaventoso. La guerra aveva causato in Europa, Giappone e Cina una perdita di vite umane e distruzioni materiali di proporzioni catastrofiche. Nel conflitto mondiale avevano perso la vita circa 50 milioni di persone. L’URSS ebbe oltre 20 milioni di morti, la Polonia oltre 6, la Germania circa 5, la Iugoslavia oltre 1 milione e mezzo, il Commonwealth britannico oltre 500.000, la Francia circa 400.000, l’Italia 300.000, il Giappone 1.800.000, gli USA poco meno di 300.000, la Cina 15 milioni. I rapporti di potenza nel mondo alla fine della guerra erano mutati drasticamente. Erano sorte due superpotenze, gli USA, che alla potenza militare univa un incontrastato primato economico, e l’URSS, grande potenza militare ma colpita dagli effetti della morte di oltre 20 milioni di persone e di una distruzione economica sistematica messa in atto dai tedeschi. La Gran Bretagna aveva perso il suo ruolo di potenza mondiale, nonostante la vittoria e l’impero. La Francia era uscita dalla guerra drasticamente ridimensionata. Come la conclusione della prima guerra mondiale aveva portato alla nascita della Società delle Nazioni nel 1919, così quella della seconda portò al sorgere il 26 giugno 1945 dell’Organizzazione delle Nazioni Unite, avente l’intento di garantire la pace, la libertà dei popoli e la democrazia e di favorire la cooperazione internazionale. Di fatto l’ONU, dominata dalle maggiori potenze, sarebbe stata presto la sede delle tensioni tra il mondo comunista e il mondo occidentale e dei loro stati guida. Dopo una serie di trattative, culminate nella conferenza di Parigi (luglio-ottobre 1945) i trattati di pace con i cinque paesi “satelliti” della Germania, Italia, Bulgaria, Romania, Ungheria e Finlandia, furono firmati il 10 febbraio 1947. L’Italia cedette alla Francia Briga e Tenda, alla Iugoslavia la Venezia Giulia, Trieste venne divisa in due zone affidate alla Iugoslavia e agli angloamericani. Le colonie furono perdute. Albania e Etiopia recuperarono l’indipendenza. Rodi e il Dodecanneso andarono alla Grecia. Furono imposte riparazioni, alle quali poi USA e Gran Bretagna rinunciarono e che vennero invece pagate all’URSS e alla Iugoslavia. I paesi orientali caduti sotto l’influenza sovietica ebbero trattati dettati dall’URSS. La Germania fu occupata e divisa in due zone, affidate l’una alle potenze occidentali – ulteriormente suddivisa tra inglesi, americani e inglesi – e l’altra all’URSS. Per Berlino venne adottato lo stesso criterio. La Germania avrebbe dovuto essere denazificata, demilitarizzata, democratizzata, le sue grandi concentrazioni monopolistiche distrutte. Contro i capi nazisti fu celebrato dal 15 novembre 1945 al 1° ottobre 1946 il processo di Norimberga. Ogni politica congiunta dei vincitori nei confronti della Germania venne però presto vanificata dai contrasti crescenti tra occidentali e sovietici. Le frontiere tra Germania, Polonia e URSS furono completamente ridisegnate. La Polonia ottenne dalla prima la Pomerania, la Slesia e parte della Prussia orientale e cedette all’URSS le regioni della Bielorussia e dell’Ucraina conquistate nel 1921. Il Giappone perse i territori conquistati in Cina, la Corea, Formosa e Sakhalin. In Asia e in Africa Gran Bretagna, Francia e Olanda recuperarono le loro colonie ormai però investite dai movimenti di liberazione anticoloniale.

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