L’aggressione dell’Asse all’Europa

Germania Il Terzo Reich (1933-45)

Giunto al potere come capo del partito di maggioranza e secondo la prassi prevista dalla costituzione, Hitler riuscì nel giro di pochissimi mesi a rovesciare gli equilibri politici e di potere che avevano caratterizzato la repubblica di Weimar. Dopo una brevissima fase in cui Hitler si pose a capo di un governo di coalizione, i nazisti organizzarono una vera e propria dittatura. L’incendio del Reichstag (27 febbraio 1933), realizzato dagli stessi nazisti, diede il pretesto per l’introduzione di una serie di leggi eccezionali che annullavano di fatto la costituzione ponendo sotto controllo la stampa, limitando le libertà politiche e civili e sottoponendo i Länder al controllo del governo centrale. Il 23 marzo dello stesso anno fu approvata dal Reichstag una legge che attribuiva pieni poteri al governo. Nasceva così il Terzo Reich. Tra il maggio e il luglio del 1933 tutti i partiti e i sindacati furono sciolti d’autorità. Una legge del 14 luglio stabilì il “monopolio politico” del partito nazionalsocialista, le cui strutture si vennero progressivamente a sovrapporre a quelle dello stato. Al tempo stesso Hitler procedette all’epurazione dei quadri amministrativi, allo smantellamento della struttura federale della repubblica, alla costruzione di un efficiente apparato poliziesco (la Gestapo, che fu creata nell’aprile del 1933) e all’istituzione dei primi “campi di concentramento”. Preoccupato di assicurarsi l’appoggio del grande capitale e dell’esercito, Hitler decise di eliminare le frange estremistiche che all’interno del partito nazionalsocialista, e soprattutto delle SA, teorizzavano l’idea di una “seconda rivoluzione” diretta ad abbattere il capitalismo privato e a sostituire all’esercito tradizionale un esercito popolare: nella “notte dei lunghi coltelli” (30 giugno 1934) Röhm, Strasser, Schleicher e molti altri esponenti di questa tendenza furono uccisi dagli uomini delle SS. Dopo la morte di Hindenburg (2 agosto 1934), Hitler concentrò nella sua persona la carica di cancelliere e quella di presidente, diventando il capo indiscusso dello stato, del partito e dell’esercito. Negli anni successivi la costruzione dello “stato totale” (totalitarismo) fu ulteriormente perfezionata. La magistratura fu asservita al potere politico; la Gestapo, posta sotto il controllo di Himmler, nel 1936 divenne totalmente indipendente dalle interferenze dei tribunali e fu organizzata su scala nazionale; i campi di concentramento, sorvegliati da reparti speciali delle SS, cominciarono ad accogliere oppositori di ogni tipo: accanto agli ebrei, i socialdemocratici, i comunisti, i liberali, intellettuali di diverse tendenze, i protestanti e i cattolici. Al tempo stesso fu realizzato un programma di educazione e di propaganda integrale. L’istruzione fu nazificata, l’università si piegò quasi senza eccezioni al regime, fu creata un’ampia rete di organizzazioni giovanili; nel settembre del 1933 fu istituita la Camera per la cultura del Reich, sotto la direzione del ministro della Propaganda Goebbels. Giornali, radio e cinema divennero strumenti di una sistematica irreggimentazione delle masse. Al tempo stesso, un concordato siglato il 20 luglio del 1933 con Pio XI, regolò i rapporti con la chiesa cattolica. Nel 1934, sorse la “chiesa nazionale del Reich”, fondata sul paganesimo nazista. Con le “leggi di Norimberga” (settembre 1935) la persecuzione degli ebrei venne elevata a sistema, secondo quanto teorizzato da Hitler nel Mein Kampf (La mia battaglia), scritto in carcere nel 1924. La Carta del lavoro (20 gennaio 1934) e l’istituzione del “Fronte del lavoro” (24 ottobre 1934) riorganizzarono il mondo della produzione secondo criteri corporativi. Al tempo stesso, con la scelta di perseguire una conseguente politica autarchica e grazie soprattutto all’industria bellica, il regime giunse a realizzare la piena occupazione (1939). Nel quadro di questo “stato totale” – costruito sul consenso e sulla spietata repressione – ogni opposizione al regime fu resa pressoché impossibile. La macchina dello “stato totale” fu smantellata soltanto alla fine della seconda guerra mondiale (1939-45), che giunse al termine di una politica estera tedesca ispirata all’unico principio di rovesciare l’ordine internazionale creato a Versailles nel 1919. Hitler perseguì un duplice obiettivo: da un lato, quello di riunire in una “Grande Germania” tutte le minoranze tedesche dei diversi paesi europei; dall’altro lato, quello di procedere a un vero e proprio progetto di conquista verso est. Dopo aver ritirato la Germania dalla Società delle Nazioni (1933), Hitler avviò una intensa politica di armamenti reintroducendo – contro il dettato di Versailles – la coscrizione obbligatoria (1935). Reintegrata mediante plebiscito la regione della Saar (1935) e rioccupata la Renania (1936), Hitler strinse con Mussolini nell’ottobre del 1936 l’accordo che diede vita all’asse Roma-Berlino, trasformato poco più tardi nel patto anticomintern (con l’Italia e il Giappone), e quindi sostenne con uomini e mezzi le destre nella guerra civile spagnola (1936-39), favorendo così il successo di Franco. Dopo aver realizzato nel marzo del 1938 l’annessione (Anschluss) dell’Austria, nel settembre – dopo gli accordi di Monaco – l’annessione dei Sudeti, nel marzo del 1939 il protettorato sulla Boemia e la Moravia, Hitler siglò il patto di non aggressione nazi-sovietico (24 agosto 1939), per garantirsi il confine orientale nel caso di una guerra in Europa. L’invasione della Polonia nel settembre del 1939 diede inizio alla seconda guerra mondiale, che nei primi due anni fu dominata dagli straordinari successi delle armate tedesche. Con il fallimento dell’invasione dell’Inghilterra, con la sconfitta di Stalingrado (gennaio 1943) e quindi con lo sbarco degli alleati in Normandia (giugno 1944) le sorti del conflitto si rovesciarono fino a che, tra il marzo e il maggio del 1945, i tedeschi non si arresero alle forze alleate, giunte fino a Berlino. Insieme ad alcuni dei suoi più stretti collaboratori Hitler, che era in precedenza scampato a un tentativo di colpo di stato (20 luglio 1944) organizzato da un gruppo di ufficiali guidati dal colonnello von Stauffenberg, si suicidò il 30 aprile del 1945. Durante le fasi conclusive della guerra l’antisemitismo di regime – che aveva avuto uno dei suoi momenti più drammatici nella “notte dei cristalli” (9-10 novembre 1938) – giunse alla cosiddetta “soluzione finale” con lo sterminio di circa 6 milioni di ebrei nei campi di concentramento (olocausto).