marxismo

Più d’una volta, nell’ultimo periodo della sua vita, soprattutto in seguito a un soggiorno francese, Marx, secondo le testimonianze di Engels e di altri, protestò di non essere “marxista”. Si rendeva conto che la sua analisi critica, onde creare certezze militanti, rischiava di essere trasformata in ciò che non era, e non poteva essere, vale a dire in un sistema clausus e compiuto. Le parole “marxista” e “marxismo” comparvero comunque per la prima volta, oltre che in alcuni dossier di polizia, come epiteto ingiurioso attribuito agli avversari, in seno all’Internazionale, da parte di Bakunin e dei suoi seguaci. E tuttavia l’esigenza di sistematizzare e popolarizzare un’opera ardua come quella di Marx era assai forte. Compendi del Capitale vennero precocemente stesi in Francia, in Germania e in Italia. In questi ultimi due paesi, tra l’altro, non da parte dei socialdemocratici, ma da parte di anarchici come Most e Cafiero. La più importante, e meglio organizzata, sistemazione del pensiero di Marx fu comunque l’Antidühring di Engels, composto nel 1878, dunque con Marx ancora vivo. Fu questo quindi l’anno di nascita di ciò che poi si chiamerà appunto “marxismo”, parola peraltro destinata a diffondersi pienamente nella socialdemocrazia tedesca, e internazionale, solo a partire dagli anni Novanta e in particolar modo, dopo la morte di Engels, nell’ultimo quinquennio del secolo. E ancor più con il nuovo secolo. Il nucleo forte di tale sistema prevedeva una serie di tappe storiche universali: lotta di classe come motore della storia, crisi degli antichi regimi, rivoluzioni borghesi, sviluppo del modo capitalistico di produzione, crisi economiche e commerciali, caduta tendenziale del saggio di profitto (o, in alternativa, crisi di sottoconsumo), miseria crescente (assoluta o relativa), impossibilità del sistema di funzionare, maturazione del movimento operaio organizzato in partito politico, conquista del potere politico (rivoluzionaria o riformistica? questo non sempre era chiaro), trasformazione socialista. Il marxismo, comunque, nella sua forma più compiuta, che poi fu quella di Karl Kautsky, si affermò in compresenza della sua revisione, operata in particolar modo da Eduard Bernstein. Questi chiarì, forte delle indicazioni dell’ultimo Engels, che il capitalismo non sarebbe morto di morte naturale e che il panorama sociale si era fatto complesso. Il socialismo, da necessità storica, doveva trasformarsi allora in ideale etico da realizzare con la lotta quotidiana e con le riforme graduali. Da punti di vista diversi, Georges Sorel e Lenin presero assai sul serio Bernstein. Per l’uno a mobilitare il proletariato non più spontaneamente rivoluzionario dovevano essere i “miti”, per l’altro il partito rivoluzionario ferreamente organizzato. A difendere il marxismo di fine Ottocento rimasero Kautsky, al centro, e Rosa Luxemburg, a sinistra. Nel 1914, con il tracollo della Seconda internazionale davanti alla guerra, il marxismo classico (che già era una sistematizzazione postuma degli epigoni) morì. Aveva vissuto, a partire dal 1878, 36 anni. Sopravvissero però le sue revisioni: quella di Sorel (sindacalmassimalistica e poi nazionalistica), quella di Bernstein (socialdemocratico-novecentesca) e quella di Lenin (bolscevica, poi definita da Stalin “marxista-leninista”). Quest’ultima fu l’unica che pretese di presentarsi come insormontabile ortodossia. Fu dunque una revisione radicale e nel contempo perfetta. Tutti, pur tra loro assolutamente incomparabili, continuarono però, dal mite Hilferding di Weimar al sanguinario khmer rosso Pol Pot (o da Otto Bauer a Ceausescu), a definirsi “marxisti”, ingenerando una notevole confusione lungo tutto un secolo. Il marxismo divenne allora o un termine generico e giornalistico, o una dottrina ideologica e autoritaria di stato, o un prêt-à-porter filosofico in grado di coniugarsi, di volta in volta, con tutte le tendenze teoriche del secolo: neohegelismo, neokantismo, cristianesimo sociale, psicoanalisi, pragmatismo, fenomenologia, esistenzialismo, neopositivismo. E così via. Autoreferenziale e insieme incredibilmente plastico, ultradogmatico e subalterno-parassitario, tutti hanno creduto di vederlo scomparire nel 1989. Si era in realtà già dissolto nel 1914, all’inizio del “secolo breve”. La sua seconda morte, quella notarile di fine secolo XX, ha però consentito la resurrezione di Marx come classico non “marxista” cui chiedere ancora ineludibilmente udienza per aiutarci a comprendere, al di fuori di ogni liturgia, i problemi del XXI secolo. [Bruno Bongiovanni]