Lenin

(Simbirsk 1870, † Gorkij 1924). Uomo politico russo. Figlio di un funzionario governativo, si avvicinò agli ambienti rivoluzionari in seguito all’esecuzione del fratello maggiore, accusato della preparazione di un attentato allo zar (1887). Dopo studi giuridici e approfondite letture di Cernisevskij e Marx, si stabilì nel 1893 a San Pietroburgo, dove entrò in contatto con esponenti marxisti. Nel 1895 si recò all’estero per incontrare Plechanov, Aksel’rod, Kautsky e Lafargue, e al ritorno fondò con Martov l’Unione per la lotta di liberazione della classe lavoratrice. Arrestato, trascorse tre anni di confino in Siberia (1897-1900), durante i quali scrisse Lo sviluppo del capitalismo in Russia (1899), in cui confutò le tesi dei narodniki (populismo) su un possibile sviluppo economico russo alternativo al capitalismo, fondato sulla comunità socialista di villaggio (mir); a suo giudizio il capitalismo era già penetrato nelle campagne, e la classe dei contadini poveri da questo creata avrebbe dovuto allearsi con il proletariato industriale rivoluzionario. Dopo avere aderito al partito socialdemocratico russo (POSDR, 1898), emigrò nel 1900 in Europa occidentale, e fino al 1903 fu il maggiore animatore, con Martov e Plechanov, della rivista marxista “Iskra”. Nel 1902, in Che fare?, espose la sua concezione di un partito di rivoluzionari di professione rigidamente centralizzato che fungesse da coscienza socialista e avanguardia della classe operaia. Questa tesi, cui Lenin si attenne, malgrado aggiustamenti tattici su altre questioni, fino all’ultimo, provocò nel 1903, al II congresso del POSDR, la rottura con Martov sulla questione dell’organizzazione del partito, dando origine alle correnti del bolscevismo e del menscevismo. Nel 1905 Lenin tornò a San Pietroburgo e partecipò alla prima Rivoluzione russa, dove però i bolscevichi ebbero un ruolo di scarsa rilevanza. Di nuovo in esilio dal 1907, seguì i contrasti interni al partito (fino alla rottura formale con i menscevichi nel 1912) e cercò di mantenere attivo il movimento clandestino in Russia. Allo scoppio della prima guerra mondiale, sorpreso dal “tradimento” dei princìpi internazionalisti da parte della maggioranza dei partiti socialisti che avevano sostenuto i rispettivi governi, affermò la necessità di costituire una nuova Internazionale e la trasformazione della guerra “imperialista” in guerra civile, per la presa del potere da parte del movimento operaio. Ne L’imperialismo, fase suprema del capitalismo (1916) individuò quindi le cause del conflitto nei contrasti tra le potenze imperialiste per la spartizione del mondo, affermando che solo una rivoluzione anticapitalista avrebbe potuto garantire una pace durevole. Nella generale dinamica rivoluzionaria tracciata da Lenin durante la guerra, lo scoppio della rivoluzione socialista nei paesi capitalistici avanzati avrebbe favorito in Russia la rivoluzione democratica, che avrebbe instaurato la dittatura democratica degli operai e dei contadini, premessa della rivoluzione socialista. Nel marzo 1917, dopo la Rivoluzione russa di febbraio, Lenin, grazie a un accordo con lo stato maggiore tedesco, tornò clandestinamente in Russia e proclamò invece – con le Tesi di aprile – la rottura con il governo provvisorio borghese e la presa del potere da parte dei consigli operai (soviet). La sua teoria della transizione rivoluzionaria alla dittatura del proletariato fu sviluppata in Stato e rivoluzione (1917): l’insurrezione proletaria avrebbe distrutto l’apparato repressivo dello stato borghese, sostituendolo con uno stato basato sulla democrazia proletaria, sul modello della Comune di Parigi del 1871 (potere esecutivo e legislativo riuniti in organi di autogoverno, massima semplificazione della prassi amministrativa), che con la scomparsa degli antagonismi di classe e lo sviluppo dell’economia socialista si sarebbe estinto, aprendo l’era del comunismo vero e proprio. Dopo la rivoluzione d’ottobre, ovvero la presa del potere da parte dei bolscevichi nell’ottobre 1917, Lenin divenne presidente del consiglio dei commissari del popolo (capo del governo), e come tale influenzò in modo decisivo le prime fasi dello sviluppo politico ed economico del regime. Siglata la pace di Brest-Litovsk (1918) e fondata la Terza Internazionale (1919), Lenin procedette, all’indomani della vittoria nella guerra civile e della fine del comunismo di guerra, al consolidamento della dittatura comunista. Di fronte al fallimento della rivoluzione mondiale e al rafforzamento dei contadini in Russia, ciò avvenne nella forma di una maggiore centralizzazione e della repressione delle opposizioni, e con la proclamazione nel 1921 della “nuova politica economica” (NEP). Nei suoi ultimi anni la rinuncia al modello della Comune si accompagnò all’amara consapevolezza dei rischi di degenerazione burocratica del partito e dello stato, che egli non poté fronteggiare perché gravemente malato. Nel testamento politico del 1922-23 raccomandò invano di rimuovere Stalin dalla carica di segretario generale del partito. [Lorenzo Riberi ]