Africa

Uno dei cinque continenti, così chiamato dalla denominazione data da autori latini al territorio di Cartagine e poi gradualmente estesa, con il progredire delle scoperte, al resto del continente.

  1. Dall’antichità all’età moderna
  2. L’arrivo degli europei
  3. L’età delle esplorazioni e del colonialismo
  4. La decolonizzazione
1. Dall’antichità all’età moderna

Resti fossili di ominidi sembrano dimostrare che l’Africa è stata il primo continente abitato, a partire all’incirca dalla metà del basso paleolitico (più di 1.500.000 anni fa). La storia nota dell’Africa inizia con lo sviluppo della civiltà in Egitto (IV millennio a.C.). Sul resto dell’Africa settentrionale, abitato da tempi remoti dai berberi, disponiamo soltanto delle testimonianze storiche fornite dalle popolazioni che colonizzarono quelle regioni: i fenici, fondatori di Cartagine nel IX secolo a.C., i greci, che fondarono una colonia in Cirenaica verso il 630 a.C., e i romani, autori della colonizzazione più profonda ed estesa (nel 42 d.C. dal mar Rosso all’Atlantico). Evidente è dunque la direttiva “mediterranea” dell’Africa settentrionale, compreso l’Egitto. Un importante veicolo di contatto con l’Africa subsahariana fu però costituito dal regno nubiano di Kush, che nell’VIII secolo a.C. conquistò l’Egitto. Con il regno nilotico di Meroe (VI secolo a.C.) la metallurgia si diffuse nell’Africa centrale e australe, che passò direttamente dall’età della pietra a quella del ferro, saltando quella del bronzo. Altre vie trans-sahariane furono aperte da tribù berbere dedite al commercio, mentre le coste orientali furono visitate da navigatori malesi e arabi, che introdussero il commercio e innovazioni tecniche. Nel VII secolo d.C. l’arrivo degli arabi aprì all’islam il Nord Africa (Maghreb), dove si succedettero diversi regni berberi musulmani, spesso divisi da contrasti politici e religiosi che, insieme alla progressiva arabizzazione, contribuirono al declino economico della regione (fine del XV secolo). A partire dall’XI secolo l’islam si diffuse ampiamente, grazie ai mercanti berberi, anche nell’Africa centro-occidentale. Qui, tra la Mauritania, il Senegal e il Niger, si erano sviluppati, almeno fin dall’VIII secolo, regni ben organizzati, di cui quello del Ghana fu il più importante per i suoi intensi scambi commerciali. Sulle rovine del regno del Ghana sorse nel XIII secolo il grande impero del Mali, del quale l’islam favorì l’opera di centralizzazione politica nonché la vasta influenza commerciale e culturale (Timbuctu divenne un grande centro di cultura islamica). A partire dal XV secolo la potenza del Mali fu eclissata da quella dell’impero di Gao; essa fu però di breve durata, poiché lo sviluppo della navigazione lungo le coste atlantiche ad opera degli europei segnò l’inizio del declino del commercio trans-sahariano. Più a est, nelle regioni del lago Ciad, sorsero numerosi regni centralizzati a vocazione commerciale e militare, tra cui quello di Bornu. Nel XVI secolo l’intera fascia centro-settentrionale dell’Africa era islamizzata, ad eccezione dell’Etiopia cristiana. L’islam non penetrò a sud del fiume Niger, dove le popolazioni della costa della Guinea conservarono le loro tradizioni e la religione animista, e dove si riscontrano gradi diversi di organizzazione statale. Gli stati più evoluti furono quelli fondati tra il X e il XIII secolo dagli Yoruba (con il contributo di ondate migratorie provenienti da nord-est), tra cui il regno del Benin. La fascia centro-meridionale dell’Africa fu caratterizzata per parecchi secoli dagli spostamenti di popolazioni appartenenti alla civiltà dei bantu. Agricoltori e pastori, i bantu si imposero su altre tribù grazie all’uso del ferro, e fondarono stati evoluti, tra cui i regni del Congo (XIV secolo) e, ad est, di Monomotapa (XV secolo), ricco di oro, rame e ferro e dedito al commercio con l’Arabia e l’Asia. A partire dal XV secolo tribù bantu si spinsero nell’Africa australe, abitata dai boscimani e dagli ottentotti, dove la vastità del territorio e la relativa scarsità di popolazione impedirono la creazione di stati consolidati.

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2. L’arrivo degli europei

Nel XV secolo i portoghesi, seguiti poi da spagnoli, francesi, inglesi e olandesi, iniziarono a viaggiare lungo le coste africane (i cui contorni furono noti in Europa dal 1500), seguendo la via delle Indie. Vennero fondate stazioni commerciali sulle coste per il traffico di oro, avorio e spezie, ma fino alla fine del XVIII secolo non ci si spinse all’interno. La scoperta dell’America (1492), che fece presto nascere il bisogno di manodopera per le colonie spagnole, diede però un enorme impulso al commercio degli schiavi (schiavitù), già esistente in Africa fin dall’antichità. Praticato su vasta scala dalle potenze europee, ma anche dagli arabi verso l’Asia, tale commercio fu rovinoso per il continente sul piano sia demografico che economico, provocando il declino dell’agricoltura e dell’allevamento e la nascita di stati negrieri autoritari e corrotti. Fino all’inizio del XIX secolo, inoltre, la diffusione dell’islam nell’Africa centro-occidentale provocò guerre sante, mentre nelle regioni centro-meridionali diversi regni conobbero la penetrazione portoghese e olandese, nonché la diffusione del cristianesimo.

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3. L’età delle esplorazioni e del colonialismo

L’esplorazione europea dell’interno dell’Africa iniziò negli ultimi decenni del XVIII secolo e interessò soprattutto tre grandi regioni: il Sahara e il Niger, la zona dei grandi laghi da cui nasce il Nilo, il bacino del Congo e l’Africa centrale. Opera soprattutto di inglesi e francesi, l’esplorazione aveva finalità scientifiche e geografiche, umanitarie e religiose; interessi economici e politici erano del tutto secondari. La situazione mutò radicalmente nel 1881, quando la Francia stabilì il proprio protettorato sulla Tunisia, aprendo la strada al colonialismo delle potenze europee. L’Africa divenne così la principale fonte di materie prime e fornitrice di mercati per il capitalismo europeo in espansione, nonché motivo di contrasti tra le potenze (imperialismo). Nel 1914 l’intero continente, tranne l’Etiopia e la Liberia, era stato trasformato in colonie o protettorati di Francia, Inghilterra, Belgio, Germania, Portogallo e Italia. Tra le due guerre mondiali gli unici mutamenti furono la scomparsa delle colonie tedesche nel 1918, affidate in mandato a Francia, Inghilterra e Belgio, e la conquista italiana dell’Etiopia nel 1935-36. La colonizzazione provocò trasformazioni radicali. L’opera di modernizzazione andò però a vantaggio soprattutto delle metropoli europee, prime beneficiarie dello sfruttamento intensivo delle risorse materiali e umane del continente. Se da un lato scomparvero o regredirono la schiavitù, le epidemie e l’analfabetismo e si svilupparono notevolmente le comunicazioni, dall’altro le monocolture agricole e le industrie ad esse legate provocarono l’impoverimento dei suoli e il declino della produzione alimentare per il consumo locale; l’urbanizzazione causò lo spopolamento delle campagne e la scomparsa degli usi tribali; la grande diseguaglianza economica, politica e sociale tra colonizzatori e colonizzati mantenne gli indigeni in una posizione nettamente subalterna. Dopo il 1945 maggiori investimenti furono diretti alle industrie mineraria e di trasformazione, nonché al miglioramento delle tecniche agricole e di irrigazione.

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4. La decolonizzazione

Gli anni Cinquanta del XX secolo videro un graduale processo di emancipazione delle colonie africane dalle metropoli, grazie a crescenti concessioni politiche da parte soprattutto di Francia e Inghilterra, al risveglio del nazionalismo unito alla coscienza di un comune retaggio culturale (panafricanismo) e all’emergere di grandi leader politici, e anche a violente ribellioni. Intorno al 1960 tutte le colonie francesi, inglesi e belghe ottennero l’indipendenza; ma la decolonizzazione ebbe veramente fine solo nel 1974-75, con l’indipendenza delle colonie portoghesi. Nate dai confini coloniali e non dalle unità etniche e politiche precedenti, le nuove nazioni africane dovettero affrontare gravi problemi economici, sociali e politici che furono risolti solo in parte dall’adozione di sistemi produttivi ed educativi unificati e dall’ascesa al potere di élites politiche occidentalizzate. Malgrado un certo sviluppo, l’economia della maggior parte dei paesi africani, ancora dipendente in gran parte dalle ex metropoli, fu gravemente indebolita dal crescente squilibrio degli scambi commerciali; mentre i sistemi democratici instaurati dagli europei crollarono quasi ovunque sotto la spinta degli odi tribali e razziali e della corruzione, cedendo il posto a oligarchie tribali o a regimi militari più e meno autoritari. All’indomani della fine della guerra fredda, che aveva comportato l’allineamento di molti regimi africani all’Unione Sovietica, il continente continuò a soffrire degli stessi gravi problemi del periodo post-coloniale e soprattutto a essere segnato da una grave e diffusa instabilità politica, che si tradusse in sanguinose guerre civili e in devastanti scontri etnici – cui sovente non restarono estranei gli interessi dei grandi paesi occidentali – sino al genocidio del Ruanda nel 1994, alla cosiddetta “Grande guerra africana”, che, protraendosi per quasi un decennio (1996-2003) e coinvolgendo un ampio numero di stati – tra cui Ruanda, Burundi, Uganda, Repubblica Democratica del Congo, Angola, Ciad, Namibia e Zimbabwe – causò oltre cinque milioni di vittime. Ad aggravare ulteriormente la situazione, soprattutto nella regione subsahariana, contribuirono in maniera determinante anche il continuo aumento della popolazione, il diffondersi dell’AIDS, le periodiche emergenze umanitarie e la progressiva alterazione degli equilibri ambientali causato dallo sfruttamento indiscriminato delle risorse minerarie e forestali. Nonostante la relativa stabilità politica e dinamicità economica di realtà quali il Sudafrica, il Namibia e il Botswana, nel complesso, la maggioranza degli stati africani registrò un aumento significativo dei tassi di impoverimento.

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