Senegal

Stato attuale dell’Africa occidentale.

  1. Le prime notizie
  2. L'epoca coloniale
  3. L'Indipendenza e la presidenza Senghor
  4. Il Senegal nel nuovo millennio
1. Le prime notizie

Le prime notizie storiche sulle genti che popolarono il territorio dell’attuale Senegal risalgono all’età medievale: fra l’VIII e il IX secolo alcune popolazioni nere (uolof, serère, tokolor) furono spinte a sud del fiume Senegal dall’avanzata dei berberi e qui, unitesi più tardi ai fulbe o peul – camiti giunti nella zona probabilmente dal Sahara occidentale – diedero vita alla civiltà meticcia dei tokolor fondando il regno di Futa. Retto da sette dinastie, dall’XI secolo, a seguito della travolgente espansione degli Almoravidi e dell’islam, il regno di Futa abbracciò la religione musulmana; dal XV secolo divenne invece tributario dell’impero songhai (che aveva il suo centro nella zona dell’attuale Mali).

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2. L'epoca coloniale

Furono i portoghesi i primi europei a raggiungere, nella seconda metà del XV secolo, il territorio senegalese. Seguirono quindi gli olandesi, i francesi e gli inglesi, attratti soprattutto dalla possibilità di reperire schiavi. Dal XVII secolo i francesi, contrastati peraltro dagli inglesi, si imposero progressivamente nella regione. Essi costituirono la Compagnia del Senegal e di Gambia (dal 1634 Compagnia del Capo Verde), finalizzata alla tratta degli schiavi, e fondarono Saint-Louis e altri insediamenti costieri. Dopo che l’Inghilterra se ne era temporaneamente impossessata all’indomani della guerra dei Sette anni e nel corso delle guerre napoleoniche, con il congresso di Vienna nel 1816 la Francia riprese possesso della zona intorno al fiume Senegal. Contemporaneamente fu abolita la tratta degli schiavi. Il generale Louis Faidherbe, governatore dal 1854 al 1865, e in seguito Joseph-Simon Gallieni e Borgnis-Desbordes diedero quindi impulso all’espansionismo verso l’interno sconfiggendo nel 1857 i tokolor del regno di Futa. Alla fine del XIX secolo la regione risultava saldamente in mano ai francesi, che si sforzarono di avviarne lo sviluppo. Furono costruite infrastrutture, si favorì la diffusione di colture specializzate (quali l’arachide, divenuta in seguito una delle principali risorse agricole del paese), la città di Dakar (fondata nel 1857) fu scelta come capitale dell’Africa occidentale francese e agli abitanti delle principali città senegalesi fu accordata la cittadinanza francese. Di cultura francese fu la stessa classe dirigente africana che si formò fra le due guerre e guidò il paese verso l’indipendenza, al cui interno si distinse in particolare Leopold Sedar Senghor. Il Senegal divenne repubblica autonoma nell’ambito della Comunità francese a seguito del referendum del 28 settembre 1958, e dall’aprile 1959 all’agosto 1960 si unì al Sudan francese (attuale Mali) nella Federazione del Mali.


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3. L'Indipendenza e la presidenza Senghor

Il 20 agosto 1960, fallito l’esperimento federativo con il paese vicino, ottenne infine la piena indipendenza. Da allora Senghor e il suo partito, l’Unione progressista senegalese (UPS), monopolizzarono la vita politica del paese, garantendo una notevole stabilità (episodici rimasero i tentativi di rovesciare il presidente nel 1962 e nel 1976) costituendo tuttavia un regime autoritario, che tentò di accreditarsi in Occidente come una forma di socialismo moderato. Eletto presidente della repubblica nel 1960, Senghor due anni più tardi concentrò nelle sue mani tutto il potere, dopo aver eliminato dalla vita politica il primo ministro Mamadou Dia (incarcerato fino al 1976) e nel 1966 impose il monopartitismo. In ambito internazionale Senghor operò per la costituzione di una Internazionale socialista africana, pur mantenendo stretti legami economici, politici e militari con la Francia mentre all’interno la distribuzione della ricchezza rimase limitata a una ristretta élite, provocando alla fine degli anni Sessanta un diffuso malcontento. Di fronte alle proteste di studenti e sindacati contro la politica filofrancese, negli anni Settanta fu avviata una relativa democratizzazione del regime: nel 1973 Senghor, rieletto presidente, concesse un’amnistia che permise la scarcerazione di molti detenuti politici (fra cui M. Dia) e legalizzò il Partito democratico senegalese (PDS) e il Partito africano dell’indipendenza (PAI) d’ispirazione marxista; nel 1978 fu legalizzato anche il Movimento repubblicano senegalese (MRS), schierato su posizioni di destra. In ambito internazionale, accanto alla riconferma dell’alleanza con la Francia e in generale con i paesi occidentali, il Senegal tra la fine degli anni Sessanta e l’inizio degli anni Settanta ebbe rapporti assai tesi con la Guinea di Sékou Touré. Ormai vecchio Senghor diede volontariamente le dimissioni nel 1980, dopo aver preparato la successione di Abdou Diouf, precedentemente primo ministro. Nell’aprile dello stesso anno fu instaurato un effettivo multipartitismo. Nel 1983, tuttavia, Diouf, rieletto presidente, rafforzò ulteriormente il suo potere con la soppressione della carica di primo ministro. Nel 1980 e nel 1981 intervenne in favore del governo del Gambia, minacciato da tentativi insurrezionali, e il 17 dicembre 1981 questi due paesi si unirono nella Confederazione di Senegambia, sciolta nel 1989. Nel corso degli anni Ottanta, nonostante la formazione di altre organizzazioni politiche, il Partito socialista di Diouf ottenne la maggioranza alle elezioni del 1988 per l’Assemblea nazionale. Diouf venne riconfermato al potere nel 1988 e nel 1993, mentre all’opposizione acquisì un ruolo sempre più rilevante il Partito democratico senegalese (PDS) con a capo Abdoulaye Wade. In politica estera gli anni Ottanta furono caratterizzati dall’impegno personale di Diouf nel continente africano come presidente dell’Organizzazione dell’unità africana (OUA) e dal mantenimento dei legami tradizionali con l’Occidente.


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4. Il Senegal nel nuovo millennio

Alle elezioni legislative del 1998, boicottate dalle opposizioni, il Partito socialista si assicurò tutti i seggi. Le nuove elezioni presidenziali del 2000 registrarono per la prima volta l’affermazione di un leader dell’opposizione, Abdoulaye Wade, che fu poi riconfermato anche nel 2007. Quest’ultimo propose una nuova costituzione (approvata con referendum popolare nel 2001) che limitò i poteri del presidente e introdusse la parità tra uomini e donne. Alle politiche del 2001 si impose un’ampia coalizione a sostegno del presidente. Nonostante la democratizzazione interna, nei primi anni Duemila il paese continuò tuttavia a essere turbato dalle violenze dei gruppi ribelli presenti nella regione meridionale del Casamance. Nel 2003 le forze separatiste e il governo centrale raggiunsero un accordo, ma negli anni successivi le violenze non cessarono del tutto. Nonostante le proteste delle opposizioni, nel 2012 la corte costituzionale ammise la possibilità per Wade di ricandidarsi per un terzo mandato presidenziale. Alle successive elezioni fu tuttavia sconfitto dall’ex premier Macky Sall, che divenne così il nuovo presidente.

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