Darwin, Charles

(Shrewsbury 1809, † Down, Kent, 1882). Biologo inglese. Elaborò una teoria biologica evoluzionistica destinata a esercitare grande influenza nel dibattito culturale dell’Otto-Novecento. Dopo aver raccolto una vasta mole di informazioni naturalistiche nel corso di un viaggio intorno al mondo (1831-36), si dedicò all’elaborazione di una spiegazione evoluzionistica dell’origine delle specie viventi e dello stesso uomo, pubblicando due opere decisive: L’origine delle specie (1859) e L’origine dell’uomo (1871). Il suo evoluzionismo si colloca nel contesto di una diffusa fiducia nell’idea di progresso e in un clima culturale dominato da una concezione storicistica della realtà umana e sociale, già presente nelle filosofie romantiche, idealistiche, nel positivismo e nel marxismo. Darwin non fu il primo a teorizzare argomenti di tipo evoluzionistico, che furono avanzati già da Buffon (1707-1788), da Diderot (1713-84) e da Lamarck (1744-1829). La novità del suo approccio consiste nell’adozione di un criterio di spiegazione più coerente con i canoni della metodologia scientifica e in ogni caso legato ai dati forniti dall’esperienza. Nell’Origine delle specie si afferma che la storia delle specie viventi è caratterizzata da frequenti piccole variazioni, che il più delle volte sono fortuite, ma sulle quali possono agire anche “fattori lamarckiani” (cioè finalistici), come l’esigenza di adattamento all’ambiente e l’uso o il disuso di determinati organi. Sulle piccole variazioni agisce poi la selezione naturale, che premia quelle vantaggiose e punisce quelle dannose, causando l’affermazione o la scomparsa delle diverse specie biologiche. Si avverte qui l’influenza del Saggio sul principio di popolazione (1798) di Malthus: come nel mondo umano, anche nella più vasta realtà naturale la crescita in progressione geometrica degli individui viventi si scontra con la scarsità delle risorse, provocando una drammatica lotta per la sopravvivenza. La selezione naturale è il meccanismo che risolve tale lotta e garantisce l’equilibrio tra viventi e risorse, consentendo la sopravvivenza delle specie migliori e più adatte all’ambiente. Un altro fattore di discriminazione è la selezione sessuale, che contribuisce a rafforzare gli individui migliori di ogni specie. L’accumulazione di molteplici variazioni vantaggiose, insieme con l’ereditarietà dei caratteri, produce vere e proprie trasformazioni delle specie. L’uomo stesso è il risultato dell’evoluzione biologica e non una creatura privilegiata e ontologicamente diversa dagli altri animali. La stessa morale è il prodotto dell’istinto di socievolezza che l’uomo ha sviluppato in quanto utile nella lotta per la sopravvivenza. Le teorie darwiniane incontrarono fin dal principio l’opposizione della chiesa e degli ambienti culturali più conservatori, poiché escludevano ogni possibilità di leggere la natura in termini provvidenzialistici. In particolare fece scalpore la tesi della derivazione animale dell’uomo, che negava di fatto il dogma della creazione e impediva definitivamente ogni forma di antropocentrismo. Negli ambienti più aperti il darwinismo ha suscitato consensi ed entusiasmi, fino ad affermarsi come teoria dominante nella biologia contemporanea. Il successo del darwinismo favorì la diffusione dell’evoluzionismo nella filosofia (Spencer), e nelle scienze sociali (darwinismo sociale). Si deve tuttavia ricordare che Darwin impiegò tali concetti esclusivamente entro i confini disciplinari della biologia.