Zanardelli, Giuseppe

(Brescia 1826, † Maderno 1903). Giurista e uomo politico italiano. Deputato dal 1860, con l’ascesa al potere della Sinistra storica, fu chiamato da Depretis ai Lavori Pubblici (1876-77). Da allora continuò a ricoprire importanti cariche governative: come ministro degli Interni nel governo Cairoli (1878) e poi come ministro di Grazia e Giustizia nei successivi dicasteri di Depretis e di Crispi, rispettivamente nel 1881-83 e nel 1887-91. Tra gli artefici della riforma elettorale del 1882, che allargava in senso capacitario il diritto di voto, fu tuttavia ostile al trasformismo e alla politica repressiva di Crispi. Il suo nome è legato al Codice penale promulgato nel 1889 ed entrato in vigore il 1° gennaio del 1890, che unificava la legislazione penale italiana, abolendo la pena di morte e riconoscendo una relativa libertà di sciopero e di associazione. Dopo essere stato per due volte presidente della Camera – nel 1892-94 e nel 1897-99 – fu ancora ministro di Grazia e Giustizia nel governo Di Rudinì (1897), ma si dimise quando esplosero i tumulti popolari del 1898, che Di Rudinì e poi Pelloux affrontarono con metodi repressivi e illiberali. Dopo il gabinetto Saracco (1900-1901), nel febbraio del 1901 fu chiamato dal re Vittorio Emanuele III a formare un nuovo governo, che ebbe il merito storico di liquidare la pesante eredità della “crisi di fine secolo”. Con Giolitti agli Interni, Zanardelli avviò un “nuovo corso” liberale, aperto al dialogo con le forze organizzate dei lavoratori e più sensibile ai grandi problemi della modernizzazione del paese. Durante il suo governo furono introdotte importanti innovazioni in materia di legislazione sociale (soprattutto per la tutela del lavoro minorile e femminile) e fu discusso – ma senza successo – un avanzato progetto di riforma tributaria elaborato da Leone Wollemborg. Uno dei suoi ultimi atti fu il viaggio in Basilicata del settembre del 1902, che segnò l’inizio di un’importante attività legislativa a favore del Mezzogiorno (questione meridionale). In politica estera, pur rinnovando la Triplice Alleanza, cercò di promuovere un riavvicinamento alla Francia. Colpito da una grave malattia, fu costretto a dimettersi nel 1903. Gli subentrò alla guida del governo Giovanni Giolitti.