Le civiltà del Vicino Oriente

fenici Le fonti della civiltà fenicia

Le fonti dirette di cui disponiamo per la ricostruzione della storia e della cultura dei fenici sono rappresentate da una serie di iscrizioni incise su pietra (più raramente su metallo o su ceramica), o da iscrizioni a inchiostro su ceramica (gli ostraca) e su papiri. Nella maggior parte dei casi si tratta però di documenti che provengono dal Mediterraneo occidentale (in particolare da Cartagine) o che si riferiscono al periodo ellenistico. Poiché inoltre il numero complessivo dei testi pervenutici è piuttosto scarso e i dati che ci vengono forniti riguardano per lo più la sfera del culto, questa documentazione non può nel complesso considerarsi esauriente per ricostruire la storia della Fenicia propriamente detta nei secoli del suo massimo sviluppo. Essenziale diventa quindi il riferimento alle fonti non fenicie, fra le quali spiccano quelle assire (le più antiche sono le iscrizioni di Tiglat-Pileser I, che ci forniscono notizie sulle città settentrionali) e quelle egiziane (in particolare il racconto di Wen-Amun, un testo dell’XI secolo utile per la ricostruzione dei rapporti politico-economici intercorsi in questo secolo fra l’Egitto e i fenici della città di Biblo). Importanti sono poi le testimonianze contenute nella Bibbia (i riferimenti sono soprattutto alla città di Tiro) e negli autori classici. L’Antico Testamento fornisce un’immagine sostanzialmente negativa del popolo e della civiltà fenicia (per la presenza di elementi religiosi – dalla necromanzia alla prostituzione sacra ai sacrifici umani – che vennero progressivamente sentiti come inconciliabili con il monoteismo ebraico). Non mancano però significative eccezioni: nelle elegie di Ezechiele, ad esempio, le città fenicie di Sidone e di Tiro vengono rappresentate in termini positivi, e in realtà l’influsso che la civiltà cananea esercitò su quella ebraica della Palestina, almeno nel X e nel IX secolo a.C., fu assai forte. Le fonti classiche a loro volta ci presentano per la prima volta i fenici nell’Odissea, descrivendoli come grandi navigatori e commercianti, non estranei ad attività piratesche. Erodoto poi ci informa sulla loro partecipazione alle guerre dei medi e sul fatto che essi introdussero il loro alfabeto in Grecia. A Plinio e ai geografi (Strabone, Eratostene e altri) si devono informazioni, anche se non sempre di prima mano, sull’ambiente naturale e storico-etnografico dei fenici e delle loro colonie. Estratti degli “Annali di Tiro” sono riportati da Giuseppe Flavio, ma vi sono riserve sulla loro attendibilità in quanto i dati contenuti non coincidono con quelli degli annali assiri.