panslavismo

Aspirazione all’unione, totale o parziale, dei popoli slavi. Qualcuno afferma che i primi panslavisti furono i santi Cirillo e Metodio, che nel IX secolo diedero ai popoli slavi una comune lingua scritta. L’idea politica di una missione universale della Russia, il cui compito sarebbe stato quello di raccogliere in unità i popoli slavi, accomunati dalla fede cristiana ortodossa, si diffuse invece a partire dal XV secolo, ai tempi di Ivan III il Grande (1462-1505) e, soprattutto, di Ivan IV il Terribile (1533-84) quando sorse il mito di “Mosca, terza Roma”, destinata a ereditare la funzione universale della seconda Roma, Bisanzio, caduta nel 1453 nelle mani dei turchi ottomani. Poiché alcuni popoli slavi erano di confessione cattolica, ci fu chi, come il sacerdote croato Jury Krisanic (1618-83), attribuì alla Russia il compito di riunificare le chiese cristiane di rito greco e romano. Il secolo di massimo sviluppo del panslavismo fu l’Ottocento, sotto la spinta delle idee romantiche di libertà e di nazione. Non a caso fu proprio Herder a elaborare in questo senso una prima e assai rilevante esaltazione delle popolazioni slave. Il termine “panslavismo” fu coniato nel 1826 dallo slovacco Jan Herkel. Ne fu presupposto teorico l’esaltazione dei popoli slavi come degli unici veri cristiani, amanti della pace e della giustizia, non ancora corrotti dall’edonismo e dall’individualismo dell’Occidente. La frammentazione politica, oltre che etnica e culturale, degli slavi determinò la nascita di diverse forme di panslavismo. Nell’impero asburgico si sviluppò l’“austroslavismo”, col progetto di trasformare l’impero in una federazione di stati di pari dignità, nel quadro di un atteggiamento di lealtà nei confronti della dinastia asburgica, vista come baluardo contro l’espansionismo russo e, più tardi, tedesco. Furono austroslavisti i cechi J. Dobrovsky (1753-1829) e P.J. Safarik (1795-1861), il linguista Jan Kollar (1793-1829), sostenitore della sostanziale unicità della lingua slava, di cui i singoli idiomi sarebbero solo dialetti, e lo storico Frantisek Palacky (1798-1876), presidente del primo congresso panslavo, svoltosi a Praga nel 1848. L’austroslavismo entrò in crisi dopo il compromesso austroungarico del 1867, che confermò l’intenzione dell’imperatore Francesco Giuseppe di perpetuare la discriminazione dei popoli slavi. Tra gli slavi del sud si diffuse l’“illirismo”, promosso dai croati Ljudevit Gaj (1809-1872) e Josip Juraj Strossmayer, osteggiato però dai nazionalisti serbi, già proiettati verso l’ideale della “grande Serbia”. In Polonia si sviluppò il cosiddetto “piccolo panslavismo” (Adam Mickiewicz, Zygmunt Krasinsky), fautore dell’unione di tutti i popoli slavi, a eccezione dei Russi, in una comune politica di opposizione all’espansionismo degli zar. In Russia si ebbe invece il “grande panslavismo”, in stretto rapporto con lo slavofilismo. L’esaltazione slavofila della missione russa si tradusse in progetto politico di unificazione di tutti i popoli slavi sotto la tutela dello zar di Russia (Michail Petrovic Pogodin, 1800-1875, Nikolaj Jakovlevic Danilevskij, 1822-1885). Le idee panrussiste trovarono larga eco nel congresso panslavo di Mosca del 1867, organizzato da Vladimir Ivanovic Lamanskij. Va sottolineato che gli zar, tradizionalmente diffidenti nei confronti dell’idea di nazionalità, non appoggiarono il panslavismo fino al 1881: Alessandro III fu il primo zar sensibile al panrussismo reazionario. In direzione diametralmente opposta andava il “panslavismo rivoluzionario” di Michail Bakunin (1814-76), che vedeva nell’abbattimento dell’autocrazia zarista e del potere dell’aristocrazia fondiaria il presupposto per l’emancipazione dei contadini e delle plebi slave, in vista di un’anarchica federazione di libere comunità. Dopo la Rivoluzione russa del 1905 si ebbe anche una versione liberale del panslavismo, con K. Kramar (1860-1937). La Rivoluzione russa dell’ottobre 1917 oppose al panslavismo, considerato reazionario, l’internazionalismo proletario e finché durò l’influenza ideologica di Lenin lo stato sovietico impedì la rinascita del nazionalismo slavo. In funzione antinazista, Stalin nel 1941 costituì a Mosca un comitato panslavo, per raccogliere tutte le energie slave nello sforzo antitedesco. Sulla scia di tale solidarietà antinazista, nel 1946 fu eletto un comitato centrale panslavo con sede a Belgrado. Sembrava che, con l’ingresso dei paesi dell’est europeo nel blocco controllato dalla superpotenza sovietica, il panslavismo avesse trovato finalmente realizzazione; ma la frattura tra Tito e Stalin e l’uscita della Iugoslavia dal blocco sovietico fece fallire il comitato panslavo. Stalin e Andrej Zdanov cercarono di far sopravvivere il panrussismo esaltando la lingua e la cultura russa, ma dopo la morte del dittatore il tentativo fu abbandonato e il panslavismo tramontò definitivamente.