mondiale, prima guerra

  1. Le premesse
  2. Lo scacco della “guerra di movimento”
  3. L’intervento dell’Italia e la guerra di logoramento
  4. La sconfitta russa e l’intervento americano. Caporetto
  5. La prima guerra mondiale e le trasformazioni nella società
  6. I trattati di pace e la Società delle Nazioni
1. Le premesse

La prima guerra mondiale ebbe inizio all’indomani della grave crisi politica e diplomatica suscitata dall’assassinio a Sarajevo dell’arciduca Francesco Ferdinando, erede al trono dell’impero asburgico, a opera del nazionalista serbo Gavrilo Princip (28 giugno 1914). Al di là del contrasto tra l’Austria e la Serbia, le sue radici vanno tuttavia ricercate per un verso nei caratteri che furono propri dell’età dell’imperialismo e per un altro verso nella specifica dinamica delle relazioni internazionali nel periodo compreso tra gli ultimi decenni del XIX secolo e il 1914, coll’emergere di due opposti sistemi di alleanze: da una parte la Triplice Intesa, formata da Gran Bretagna, Francia e Russia, e dall’altra la Triplice Alleanza, costituita da Germania, Austria-Ungheria e, in posizione ambigua, Italia. Furono l’Austria e la Germania a dare inizio al conflitto: la prima per consolidare la propria presenza nei Balcani e per liquidare la Serbia, protetta dalla Russia e uscita rafforzata dalle guerre balcaniche; la seconda per rifarsi delle sconfitte diplomatiche che le avevano impedito di crearsi un impero coloniale che fosse adeguato alla sua ormai straordinaria potenza economica, la quale la opponeva direttamente alla Gran Bretagna, e che potesse anche competere con quelli costruiti da lungo tempo dagli inglesi e dai francesi. Anche le altre grandi potenze erano tuttavia disponibili alla guerra: la Russia per riacquistare il prestigio perduto nella guerra russo-giapponese del 1904-1905 e completare la propria espansione nei Balcani giungendo agli Stretti; la Francia per ottenere la rivincita nei confronti della Germania, da cui era stata umiliata nella guerra franco-prussiana del 1870-71; la Gran Bretagna per difendere i propri interessi economici minacciati dal dinamismo produttivo e commerciale tedesco e quelli geopolitici legati alla sua tradizionale posizione di potenza nel mondo extraeuropeo. Al momento dell’attentato di Sarajevo scattarono, con alcune importanti eccezioni, le opposte alleanze: quella austro-tedesca (l’Italia, i cui prevalenti interessi erano ormai diretti contro l’Austria-Ungheria, dichiarò al principio la propria neutralità); e quella anglo-franco-russa. Alla dichiarazione di guerra il 28 luglio 1914 dell’Austria-Ungheria alla Serbia, che aveva respinto le condizioni umilianti avanzate da Vienna per evitare il conflitto, fece dunque seguito in rapida successione l’entrata in guerra di tutte le altre grandi potenze: la Germania dichiarò guerra alla Russia (1° agosto) e due giorni dopo alla Francia; il 3 agosto l’Italia dichiarò la propria neutralità, col motivo che la Triplice aveva un carattere meramente difensivo; il 4 agosto la Gran Bretagna dichiarò guerra alla Germania. La Germania e l’Austria vennero affiancate in momenti successivi dalla Turchia (novembre 1914) e dalla Bulgaria (ottobre 1915); la Triplice Intesa si ampliò con l’intervento del Giappone (agosto 1914), dell’Italia (maggio 1915) e della Romania (luglio 1916). Complessivamente, a fianco delle due coalizioni originarie si sarebbero schierati altri 18 stati tra cui anche gli Stati Uniti, che entrarono in guerra contro la Germania nell’aprile del 1917. Lo scatenamento della guerra europea ebbe in tutti i maggiori paesi un entusiastico appoggio popolare, che dimostrò l’influenza esercitata sulle masse dai sentimenti imperialistici e nazionalistici. La Seconda Internazionale fece completo fallimento e i partiti socialisti, salvo che in parte in Russia e in Italia, diedero il loro pieno appoggio ai governi. Le aspettative generali erano di una soluzione rapida del conflitto.

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2. Lo scacco della “guerra di movimento”

Per quanto il conflitto si sviluppasse anche nelle colonie tedesche dell’Africa – che furono per lo più rapidamente conquistate dalle potenze dell’Intesa – e su tutti i mari, la prima guerra mondiale fu essenzialmente una guerra europea e sul suolo europeo si combatterono tutte le battaglie decisive. La Germania, che disponeva di una splendida macchina militare, convinta di poter combattere una guerra lampo rivolta a distruggere l’esercito francese prima di un efficace intervento militare inglese, entrò in guerra sulla base del piano Schlieffen. Esso prevedeva che il grosso delle truppe venisse diretto a ovest, attraverso il Belgio, che venne invaso, contro la Francia per poi volgersi, una volta ottenuta una rapida vittoria, sul fronte orientale contro la Russia. Lo slancio tedesco sul fronte occidentale, tuttavia, fu arrestato prima dai francesi sulla Marna (6-12 settembre 1914) e poi dagli anglo-francesi a nord, verso la Manica, a Yser (18 ottobre – 10 novembre) e a Ypres (23 ottobre – 15 novembre). La guerra di movimento si trasformò in guerra di logoramento lungo oltre ottocento chilometri di trincee dalle Fiandre fino alla frontiera svizzera. Sul fronte orientale, le vittorie tedesche di Tannenberg (27-30 agosto) e dei Laghi Masuri (8-10 settembre) sulle truppe russe furono in parte compensate dai successi riportati da queste sugli austriaci in Galizia; comunque, la resistenza opposta dai russi fu sufficiente a costringere la Germania a distogliere parte del proprio esercito dal fronte occidentale, favorendo la controffensiva dei francesi e determinando il sostanziale fallimento del piano Schlieffen.

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3. L’intervento dell’Italia e la guerra di logoramento

Tra la fine del 1914 e il 1915 gli schieramenti ebbero modo di completarsi. L’ingresso in guerra della Turchia a fianco degli imperi centrali nell’ottobre 1914 consentì a questi di acquisire il controllo degli Stretti e obbligò anche la Russia ad aprire un secondo fronte. L’Italia, dopo aver oscillato tra l’intervento a fianco delle potenze occidentali e della Russia e quello a fianco della Germania e dell’Austria, e dopo un aspro e complesso dibattito tra interventisti di varia corrente e neutralisti, strinse con le prime gli accordi segreti del patto di Londra (26 aprile 1915), che promettevano enormi compensi, dichiarando guerra all’Austria il 24 maggio. Tra il giugno e il dicembre del 1915 quattro diverse offensive italiane sull’Isonzo e sul Carso si tramutarono in altrettanti fallimenti. La Bulgaria, nell’ottobre dello stesso anno, si schierò con le forze austro-tedesche determinando la sconfitta della Serbia. Se il 1915 si chiuse con un bilancio complessivamente favorevole agli imperi centrali – anche l’azione britannica negli Stretti, con il bombardamento dei Dardanelli e lo sbarco a Gallipoli (25 aprile), era fallita -, il 1916 si caratterizzò essenzialmente per il tentativo infruttuoso dei tedeschi di sconfiggere definitivamente i francesi: la battaglia di Verdun, che si protrasse da febbraio a dicembre provocando sui due fronti oltre seicentomila morti, fu favorevole ai secondi, che erano stati aiutati dall’apertura di un nuovo fronte sulla Somme (settembre-dicembre) a opera di reparti sia francesi sia inglesi, che impiegarono i primi carri armati. In maggio gli austriaci scatenarono contro gli italiani la Strafexpedition, una spedizione punitiva rivolta a punire i “traditori”. Ma in giugno i russi riuscirono a operare lo sfondamento delle linee austriache e la capitolazione dell’Austria fu evitata soltanto per l’intervento di truppe tedesche. L’offensiva russa indusse la Romania a entrare in guerra a fianco dell’Intesa e permise all’Italia di contrattaccare. Il 28 agosto l’Italia dichiarò guerra anche alla Germania. Sempre nel 1916, dopo aver subito duri colpi dai turchi, gli inglesi attivarono la rivolta araba contro questi ultimi. Nel maggio di quell’anno la flotta tedesca subì una sostanziale sconfitta a opera di quella inglese nella battaglia che si svolse nei pressi della penisola dello Jutland.

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4. La sconfitta russa e l’intervento americano. Caporetto

Il 1917 si aprì con il rifiuto, da parte delle potenze dell’Intesa, delle offerte di pace fatte dai tedeschi a puro scopo propagandistico e con la successiva dichiarazione in febbraio della guerra sottomarina illimitata, sempre da parte dei tedeschi, nel tentativo di forzare il blocco navale inglese. Questo atto provocò l’entrata in guerra degli USA (6 aprile 1917), che compensò il crollo ormai imminente della Russia zarista, il cui esercito, tanto più dopo lo scoppio della rivoluzione antizarista, si andava rapidamente disgregando. Sul fronte occidentale, nel 1917 i contendenti mantennero sostanzialmente le proprie posizioni e l’unico evento di rilievo fu lo sfondamento delle linee italiane da parte delle truppe austro-tedesche a Caporetto (24 ottobre), infine contenuto sul Piave, che provocò in Italia la caduta del governo Boselli, la formazione di un governo Orlando e la sostituzione del generale Luigi Cadorna con il generale Armando Diaz alla guida dell’esercito. Le iniziative di pace di Benedetto XV cozzarono contro la determinazione dei contendenti di lottare fino all’estremo. Il 1918, inaugurato dal messaggio al Congresso del presidente americano Wilson (8 gennaio), in cui si delineavano i “quattordici punti” su cui avrebbe dovuto essere fondata la pace futura, registrò anche il raggiungimento del massimo apporto di uomini e mezzi da parte degli Stati Uniti. Il 3 marzo venne firmata tra la Germania e la Russia bolscevica la pace di Brest-Litovsk, che impose ai russi durissime condizioni. A ovest, nonostante importanti successi parziali, i tedeschi non riuscirono a sfondare le linee francesi: la seconda battaglia della Marna (15-17 luglio) segnò invece l’inizio della controffensiva alleata che raggiunse il culmine con la battaglia di Amiens (8-11 agosto). La proposta tedesca di trattative venne respinta. In quattro mesi la Francia del nord venne riconquistata e la Germania, vicina al crollo, dovette affrontare anche una crisi interna che si concretizzò in una riforma costituzionale che introdusse, tra l’altro, il regime parlamentare. Ne sarebbe seguito il crollo dell’impero guglielmino. Nel frattempo, gli austriaci, mentre era in corso la disgregazione dell’impero austroungarico, erano stati sconfitti definitivamente il 24 ottobre dall’offensiva generale delle truppe italiane a Vittorio Veneto; i turchi avevano subìto numerose sconfitte in Siria e Palestina; l’esercito bulgaro era stato cacciato dalla Macedonia, dalla Serbia e dalla Romania. Il 3 novembre 1918 l’Austria firmò l’armistizio con l’Italia e l’11 novembre la Germania quello con le potenze dell’Intesa.

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5. La prima guerra mondiale e le trasformazioni nella società

Il prolungarsi contro ogni aspettativa della guerra ebbe conseguenze di enorme importanza sulla politica, sulla mentalità collettiva, sull’economia e sui rapporti sociali. La guerra, con il suo enorme consumo di materiali e il bisogno di sostenere milioni di uomini in armi, indusse le economie e in specie le industrie dei paesi coinvolti a mobilitare tutte le loro energie. La forza militare divenne come mai in precedenza il frutto di quella industriale e della disponibilità di materie prime. La debolezza economica portò la Russia a uscire per prima dalla guerra data la sua accentuata arretratezza. Nonostante lo sviluppo industriale tedesco, gli imperi centrali, grazie anche agli effetti del blocco navale imposto dagli inglesi, si trovarono in una crescente inferiorità, accresciuta enormemente dopo l’intervento americano nel 1917. La mobilitazione del “fronte interno”, data la mancanza di mano d’opera maschile, portò a un ingresso massiccio delle donne negli apparati produttivi. In conseguenza del fatto che il principale committente dell’industria era divenuto lo stato, questo aumentò su vasta scala il proprio interventismo economico. In Germania l’interventismo statale raggiunse il suo apice, dando luogo a forme di accentuata pianificazione dell’economia. I profitti andarono in maniera massiccia a favore di gruppi di speculatori, i cosiddetti “pescecani o profittatori di guerra”, la cui ricchezza contrastava in maniera stridente con le pesanti ristrettezze della maggioranza della popolazione e dei soldati. Le grandi battaglie e la prolungata guerra di trincea trasformarono la guerra in una gigantesca e crudele carneficina, portando ben presto il nazionalismo di massa a cedere alla disillusione e a creare le condizioni del diffondersi di sentimenti di opposizione alla guerra, nei quali fecero breccia sia il pacifismo sia l’anti-imperialismo e l’antimilitarismo dei socialisti di sinistra, denunciati dalle autorità come disfattismo e tradimento. Nelle trincee, specie a partire dal 1917, per mantenere la disciplina fu necessario ricorrere a una durissima repressione, culminata anche nella decimazione di interi reparti. I governi, i partiti e i movimenti che li sostenevano, per alimentare lo sforzo bellico, misero all’opera grandi apparati propagandistici, ai quali si oppose la propaganda pacifista e soprattutto quella socialista. I socialisti europei organizzarono nel settembre del 1915 la conferenza di Zimmerwald e nell’aprile del 1916 quella di Kienthal, in cui la maggioranza auspicò una pace “senza annessioni e indennità” e la minoranza, tra cui vi erano Lenin e i suoi seguaci, la trasformazione della guerra imperialistica in guerra civile e rivoluzione per l’edificazione prossima del socialismo. Una conseguenza di enorme portata della carneficina fu da un lato la diffusa perdita del valore della vita umana, dall’altro l’affermarsi nelle tendenze sia della destra nazionalistica sia della sinistra rivoluzionaria di una decisa inclinazione all’uso della violenza come mezzo di risoluzione dei conflitti politici e sociali e di un accentuato disprezzo verso la democrazia pluralistica e parlamentare di matrice liberale e quindi di atteggiamenti autoritari. L’eredità che la guerra lasciava all’Europa e al mondo era costituito da devastazioni senza precedenti, da una pace fragile, da poco meno di 10 milioni di morti (di cui circa 600.000 italiani), da fattori di crisi sociale e politica dagli effetti dirompenti in un gran numero di paesi.

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6. I trattati di pace e la Società delle Nazioni

La conferenza generale per la pace fu aperta a Parigi il 18 gennaio 1919, con l’esclusione dei vinti, che vennero dichiarati responsabili della guerra. L’Italia venne emarginata in quanto considerata come una potenza di secondo rango. Il trattato di pace con la Germania, firmato a Versailles il 28 giugno 1919, impose ai tedeschi condizioni durissime: un disarmo pressoché totale, la smilitarizzazione della zona del Reno e l’occupazione militare francese della riva sinistra, la restituzione dell’Alsazia-Lorena alla Francia, l’occupazione da parte dei francesi per 15 anni della Saar, la cessione alla Polonia di parte dell’Alta Slesia, della Posnania e di gran parte della Pomerania, alla Danimarca dello Schleswig settentrionale, la perdita di tutte le colonie. Inoltre, vennero imposte alla Germania pesantissime sanzioni economiche. Le riparazioni dovute ai vincitori erano tali da significare un vero e proprio smantellamento dell’economia tedesca. La pace tra le potenze dell’Intesa e l’Austria fu firmata a Saint-Germain il 10 settembre 1919. L’impero austroungarico si trovò dissolto. E in conseguenza delle amputazioni determinate dalla formazione dei nuovi stati di Cecoslovacchia, Polonia e Iugoslavia, della scissione dall’Ungheria e dell’attribuzione della Galizia alla Polonia, della Bucovina alla Romania, del Trentino e del Sud Tirolo (Alto Adige) e dell’Istria all’Italia, l’Austria, priva di sbocchi al mare, fu ridotta a un ottavo del territorio del suo ex impero. Il 4 giugno 1920 fu firmato il trattato del Trianon con l’Ungheria, che venne privata di oltre 12 milioni di abitanti e di territori a favore di Cecoslovacchia, Iugoslavia e Romania. Come alla Germania, anche all’Austria e all’Ungheria venne imposto un disarmo pressoché totale. Il 27 novembre 1919 fu firmato il trattato di Neuilly con la Bulgaria, che dovette cedere la Tracia alla Grecia, la Dobrugia alla Romania e la Macedonia alla Iugoslavia. Il trattato di pace con la Turchia, firmato a Sèvres il 10 agosto 1920, assegnò, sotto forma di “mandato”, alla Gran Bretagna l’amministrazione dell’Iraq e della Palestina, alla Francia quella della Siria. Alla Grecia andarono la regione di Smirne, parte della Tracia e Adrianopoli. Gli Stretti vennero posti sotto controllo britannico. Arabia e Yemen acquisirono l’indipendenza, ma di fatto divennero stati vassalli degli inglesi. La Turchia si trovò ridotta a un paese con meno di 8 milioni di abitanti. In attuazione del progetto wilsoniano, il 28 aprile 1919 fu costituita la Società delle Nazioni con lo scopo di assicurare la pace nel mondo e la cooperazione internazionale.

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