Il mondo al tempo di Pirro

Roma antica Roma, l’Italia e lo scontro con Cartagine

Tra la seconda metà del IV e l’inizio del III secolo a.C., dopo una lunga e dura guerra contro i sanniti, popolazione dell’Appennino abruzzese e campano, Roma estese la propria egemonia su quasi tutta l’Italia peninsulare. Sconfitta definitivamente, nel 275 a.C., anche la città greca di Taranto e il suo potente alleato, il re dell’Epiro Pirro, un sovrano ellenistico con scoperte ambizioni di potenza, Roma si affacciò decisamente sul Mediterraneo e venne per la prima volta a contatto diretto e in competizione di interessi con la maggior potenza economica e commerciale che allora su quel mare operava, Cartagine. Città nordafricana di fondazione fenicia, Cartagine controllava direttamente la Corsica, la Sardegna e la Sicilia (meno Siracusa e Messina), e soprattutto manteneva il controllo sulle rotte commerciali che univano il Mediterraneo occidentale con quello orientale. Lo scontro di interessi fra Cartagine e Roma si trasformò ben presto in scontro armato. Un primo conflitto – la “prima guerra punica” – fu provocato da Roma e durò dal 264 al 241 a.C.: combattuta soprattutto sul mare, la guerra si concluse con la completa vittoria di Roma, che acquisì il controllo della Sicilia, della Sardegna e della Corsica, le prime provinciae romane. Seguì un ventennio di pace fra i due contendenti, di cui Roma approfittò per estendere il proprio controllo a parte dell’Italia settentrionale e per avviare un rapporto più intenso con le città della Grecia. Anche Cartagine, sotto la guida politica della famiglia dei Barca, si risollevò dalla disfatta e nel 225 a.C. stipulò con Roma un nuovo trattato che fissava precise sfere di influenza fra le due potenze. Poco tempo dopo però Roma ruppe volutamente l’accordo ed ebbe inizio la “seconda guerra punica” (218-201 a.C.). II condottiero cartaginese Annibale Barca prese di sorpresa l’avversario, attraversando le Alpi occidentali e portando l’esercito cartaginese in Italia. Una serie di battaglie perdute (al Ticino e alla Trebbia nel 218, presso il lago Trasimeno nel 217, a Canne nella piana dell’Ofanto in Puglia nel 216) condussero Roma sull’orlo della disfatta, evitata soltanto per l’impossibilità da parte di Annibale di sferrare l’attacco decisivo. Costretto Annibale a ritornare in patria, fu Roma a far sbarcare un esercito in Africa: i romani, guidati da Scipione Africano, travolsero i cartaginesi a Zama nel 202. Per Cartagine si trattò del disastro definitivo.