Richelieu, Armand Jean du Plessis

(Parigi 1585, † ivi 1642). Cardinale e uomo politico francese. Figlio di François du Plessis, che era già stato al servizio dei re di Francia Enrico III ed Enrico IV, nel 1607 divenne vescovo di Luçon e nel 1614 fu nominato rappresentante del clero del Poitou agli Stati generali. Nominato segretario di Stato nel 1616 dalla reggente Maria de’ Medici, l’anno seguente fu allontanato dalla corte da Luigi XIII insieme alla stessa Maria de’ Medici. Favorì poi la riconciliazione fra la regina madre (e la nobiltà che si era stretta intorno a lei) e Luigi XIII: i trattati di Angoulême (1619) e di Angers (1620) sancirono il ritorno di Maria de’ Medici a corte e gli fecero acquisire grande prestigio personale. Nominato cardinale nel 1622, nel 1624 entrò nel Consiglio di Stato divenendone in breve la figura preminente. In questa veste egli si propose un duplice scopo: il rafforzamento dell’autorità regia e l’affermazione della Francia come prima potenza europea. Nel perseguire il primo obiettivo fronteggiò con estrema determinazione le spinte centrifughe provenienti dalla nobiltà, che si oppose a più riprese violentemente alla sua politica accentratrice, e ridimensionò drasticamente il ruolo politico dei protestanti in nome della riaffermazione dell’autorità dello stato. Fece condannare a morte esponenti della grande nobiltà coinvolti in complotti contro di lui: il conte di Chalais (1626), il conte Enrico II di Montmorency (1632) e il marchese di Cinq-Mars (1642), mentre la stessa Maria de’ Medici, fallito il suo tentativo di farlo licenziare nel 1630, si allontanò dalla Francia. Sul fronte della lotta contro i protestanti intervenne militarmente espugnando la fortezza di La Rochelle (ottobre 1628) e stroncando una nuova ribellione all’inizio del 1629. Con l’“editto di Grazia” (giugno 1629) limitò poi drasticamente i benefici dell’editto di Nantes, riconoscendo ancora ai protestanti la libertà di culto ma impedendo loro di organizzarsi militarmente e politicamente in modo autonomo. Con lo stesso spirito cercò di opporsi alla diffusione del giansenismo e sostenne il disegno della costruzione di una chiesa “nazionale” (gallicanismo) Represse severamente anche le sollevazioni contadine provocate dal crescente fiscalismo statale. Parallelamente procedette al rafforzamento del centralismo attraverso un tentativo di unificare la legislazione, ampliò i poteri del consiglio reale, istituì le figure degli intendenti regi (che venivano scelti soprattutto fra i borghesi) per ridimensionare il potere della grande aristocrazia e dei parlamenti. Rafforzò la marina e promosse lo sviluppo del commercio, gettando le basi per la formazione del futuro impero coloniale (la colonizzazione del Canada iniziò nel 1627). Intervenne anche nel campo delle arti con intenti mecenatistici promuovendo la fondazione, nel 1634, dell’Académie française. La sua politica estera, pur con qualche temporaneo capovolgimento di fronte, si caratterizzò sostanzialmente per la ricerca di un’alleanza strumentale con i paesi protestanti al fine di spezzare il pericoloso accerchiamento delle potenze asburgiche (Spagna e impero) e di fare della Francia la potenza egemone d’Europa. Nel 1625 strinse quindi un’alleanza con l’Inghilterra e fece invadere la Valtellina, nodo di comunicazione strategico fra la Spagna e l’impero. Precipitati rapidamente i rapporti con l’Inghilterra per il sostegno fornito da questa agli ugonotti francesi, tentò un temporaneo riavvicinamento alla Spagna, concretizzatosi nel trattato di Monzon (1626) e in un’alleanza antiinglese (1627). Una volta scongiurata, con la pace di Susa (1629) l’ingerenza inglese in favore degli ugonotti, riprese però con decisione la politica antiasburgica. Intervenuto nella guerra di successione al ducato di Mantova in favore della casa di Nevers, guidò personalmente una spedizione francese in Italia (1630) invadendo il ducato di Savoia, alleato della Spagna. Grazie al trattato di Cherasco (1631) acquisì Pinerolo alla Francia e ottenne il riconoscimento della casa di Nevers alla guida del ducato di Mantova e del Monferrato. La sconfitta svedese a Nördlingen lo indusse infine a far entrare direttamente la Francia nella guerra dei Trent’anni a fianco dei principali paesi protestanti (Svezia, Paesi Bassi, Sassonia) contro la Spagna e l’impero (1635). Rivelando ancora una volta le sue grandi capacità diplomatiche, nel 1640 seppe sfruttare la crisi interna spagnola appoggiando tutte le spinte centrifughe presenti in quel paese, dalla ribellione catalana all’indipendenza portoghese. Nello stesso anno si scelse come segretario il cardinale Mazarino, che raccomandò poi a Luigi XIII individuando in lui quelle doti di statista e diplomatico che avrebbero permesso la prosecuzione della sua linea politica.