ragion di stato

Espressione designante una tradizione del pensiero politico moderno e contemporaneo che, sulla base di una considerazione “realistica” della natura umana, individua una normatività specifica dell’agire politico fondata sul criterio della necessità e dell’utilità in vista dell’interesse pubblico. Risalente alla locuzione ciceroniana ratio rei publicae, l’espressione ratio status venne utilizzata nel medioevo da teologi e giuristi in senso premoderno, cioè intendendo lo status come condizione o possesso (status rei publicae, status regni). Nel Cinquecento il termine ratio venne tradotto con utilità. Fin dall’inizio la paternità della concezione moderna della ragion di stato fu attribuita a Machiavelli, nelle cui opere tuttavia l’espressione è assente. Essa compare invece per la prima volta nel Dialogo sul reggimento di Firenze (1521-23) di F. Guicciardini e nell’Orazione a Carlo V (1547 circa) di G. Della Casa, ma assurge al rango di concetto con G. Botero (Della ragione di Stato, 1589), che in polemica con Machiavelli distinse una ragion di stato empia da una ragion di stato compatibile con la morale e con la religione cattolica, aprendo un dibattito vivissimo fino alla metà del Seicento. Nata nell’Italia della Controriforma come riflessione che accompagna quella sulla sovranità e sulle pratiche di potere legate all’affermarsi degli stati territoriali, la dottrina della ragion di stato, insieme alla polemica sul machiavellismo, si diffuse negli altri paesi europei e soprattutto nella Francia delle guerre di religione, dove G. Naudé giunse a giustificare in nome dell’interesse di stato la strage di San Bartolomeo. A partire da Richelieu, il concetto di ragion di stato perse il suo significato precipuo di strumento di politica interna e fu applicato soprattutto (anche se non esclusivamente) all’analisi della politica internazionale, trovando nella cultura tedesca dell’Ottocento e del primo Novecento una ripresa significativa da parte dei teorici dello stato-potenza lungo la tradizione che da Hegel, Ranke e Treitschke giunge fino a Hintze, Meinecke, Ritter e Dehio. In connessione con l’idea di anarchia internazionale quale forma strutturale dei rapporti tra gli stati, il concetto di ragion di stato è stato ripreso da una delle correnti contemporanee delle relazioni internazionali, la scuola realista americana di Niebuhr, Morgenthau, Kissinger e Kaplan, così come, in chiave polemica, dai principali esponenti del pensiero federalista novecentesco che, richiamandosi a Hamilton e Kant, individuano nel superamento dello stato-nazione l’unica possibilità di realizzare la coesistenza pacifica fra i popoli.