neofascismo

Il termine indica l’insieme dei movimenti politici del secondo dopoguerra che si ispirano, nelle teorie, nei programmi e nelle attività, all’ideologia del fascismo. Nei momenti di crisi della democrazia rappresentativa e del conflitto tra le classi, il neofascismo si è più volte ripresentato, soprattutto in Italia, proponendo la restaurazione dello stato autoritario e militare-repressivo, del principio gerarchico e della più rigorosa disciplina nei rapporti lavorativi e sociali. L’anticomunismo militante è un altro tratto comune ai movimenti neofascisti. Il termine fu usato per la prima volta in Italia nel 1945, per designare i gruppi tendenti a ricostituire il partito fascista, formati spesso da personaggi già coinvolti nella Repubblica Sociale Italiana. Tra questi gruppi i FAR (Fasci di Azione Rivoluzionaria) e le SAM (Squadre di Azione Mussolini) operarono con atti di squadrismo nei primi anni del dopoguerra. Nel 1946 il neofascismo italiano si organizzò in partito nel MSI (Movimento sociale italiano), fondato da Almirante, Michelini e Romualdi. Il movimento neofascista si articolò in gruppi come il FUAN (Fronte Universitario di Azione Nazionale), la CISNAL (Confederazione Italiana Sindacati Nazionali dei Lavoratori), la Giovane Italia, il Fronte della Gioventù, Ordine Nuovo, di ispirazione neonazista, di cui fu dirigente Pino Rauti. Il MSI alternò, nei confronti dei gruppi neofascisti più violenti ed eversivi, atteggiamenti di riconoscimento e di sconfessione, a seconda della guida politica del partito e della scelta strategica del momento. Giorgio Almirante, primo segretario del partito, attuò una politica del “doppio binario”, presentando il MSI all’opinione pubblica come partito d’ordine e legalitario, senza peraltro perdere i contatti con i movimenti fiancheggiatori. Più moderata e decisamente legalitaria fu la linea seguita da Augusto de Marsanich (segretario dal 1950) e da Michelini (dal 1954), che tentarono di avvicinarsi all’area di governo esercitando pressioni sulla destra della Democrazia Cristiana (per esempio appoggiando con i propri voti la candidatura di Gronchi alla presidenza della repubblica e di Segni alla guida del governo). Il MSI, fin dalla sua nascita, aveva sempre partecipato alle competizioni elettorali, vincendo la resistenza di qualche frangia astensionista, ottenendo, soprattutto al Sud, buoni successi ed entrando nelle amministrazioni locali di città importanti come Napoli, Bari, Lecce e Salerno. I gruppi estremisti, come Ordine Nuovo (1956) e la Giovane Italia, si staccarono dal MSI, criticato come “ala destra della DC”, e nacquero altre formazioni dissidenti come Avanguardia Nazionale (1959). Il fallimento del tentativo missino di entrare nella maggioranza governativa, dopo la crisi del governo Tambroni nel 1960, diede ampio spazio politico alla destra più radicale. I gruppi eversivi, organizzati secondo modelli paramilitari e semiclandestini, sostenuti e finanziati dalle dittature fasciste europee (Grecia, Spagna e Portogallo) e sudamericane, alla fine degli anni Sessanta diedero vita alla “strategia della tensione”, scatenando offensive terroristiche e atti di squadrismo, che si susseguirono per tutto il decennio successivo. Scopo degli atti di violenza era la creazione di un clima favorevole alla riuscita di un colpo di stato militare. Gli episodi più gravi della strategia della tensione furono gli attentati alla Banca dell’Agricoltura in Piazza Fontana a Milano nel 1969, in piazza della Loggia a Brescia nel 1974, sul treno Italicus tra Bologna e Firenze nello stesso anno, alla stazione di Bologna nel 1980, con elevatissimi costi in vite umane. Successive indagini giudiziarie – peraltro incapaci di individuare i responsabili delle stragi – hanno evidenziato le collusioni e gli appoggi che i gruppi neofascisti trovarono nei servizi segreti italiani e stranieri e in alcune logge massoniche e le alleanze con gruppi della malavita organizzata, compresa la mafia. Il MSI, nuovamente guidato da Almirante dal 1969, si mise anche alla testa di moti popolari di destra, come nel 1970 in Calabria. Negli anni Ottanta il fallimento del terrorismo politico, compreso quello nero, riportò il MSI verso una politica legalitaria; negli anni Novanta, sotto la guida di Gianfranco Fini, il partito cercò di inserirsi nel gioco delle riforme istituzionali, con proposte presidenzialistiche, sfruttando la crisi dei partiti tradizionali. Il neofascismo non è un fenomeno solamente italiano, anche se negli altri paesi ha avuto una rilevanza politica minore. Fin dai primi anni del secondo dopoguerra sono sorte in tutto il mondo organizzazioni neofasciste, come il Movimento sociale europeo (1950), la World Union of Nationals Socialists (1962), il Partito nazionale europeo (1962). Si è trattato tuttavia prevalentemente di piccoli gruppi incapaci di diventare partiti di peso politico significativo. Solo a partire dagli anni Ottanta in alcuni paesi i partiti di estrema destra (Republikaner in Germania, Fronte Nazionale di Le Pen in Francia) sono riusciti ad attrarre fette consistenti dell’elettorato in periodi di crisi e confusione sociale e politica.