Gaulle, Charles de

(Lilla 1890, † Colombey-les-Deux-Églises 1970). Generale e uomo politico francese. Compiuti gli studi presso l’accademia militare di Saint Cyr, partecipò alla prima guerra mondiale e venne fatto prigioniero durante la battaglia di Verdun (1916). Nel dopoguerra proseguì nella carriera militare sino a raggiungere il grado di colonnello; scrisse inoltre opere di storia politica e soprattutto di strategia militare, in cui sosteneva la necessità di un nuovo modello di organizzazione militare che superasse gli schemi della guerra di posizione in favore di una guerra di movimento affidata a unità blindate autonome appoggiate dall’aviazione. Comandante della quarta divisione corazzata all’inizio del secondo conflitto mondiale, poi generale di brigata, il 6 giugno 1940 fu nominato sottosegretario alla Difesa dal primo ministro Paul Reynaud: in questa veste mostrò la sua determinazione a proseguire dal Nord Africa la guerra nonostante l’occupazione nazista della Francia. Dopo la creazione del governo Pétain e l’armistizio con la Germania raggiunse Londra, da dove lanciò l’“appello del 18 giugno”, assurgendo così a simbolo della volontà francese di resistere contro le potenze dell’Asse a fianco dell’Inghilterra. Fondatore del movimento “France libre”, dopo una breve fase in cui coordinò la sua azione con il generale Giraud, divenne presidente del Comitato francese di liberazione nazionale e il 26 agosto 1944 poté fare il suo trionfale ingresso nella capitale francese liberata. La figura di de Gaulle, grazie ai meriti conquistati nella lotta di liberazione, si impose allora sulla scena politica: scelto dalla prima Assemblea nazionale costituente come presidente del governo provvisorio (costituitosi il 3 giugno 1944), rieletto capo di un nuovo governo provvisorio (ottobre 1945), de Gaulle elaborò un progetto costituzionale che prevedeva un significativo rafforzamento dell’esecutivo rispetto al debole parlamentarismo della Terza Repubblica. Avversato soprattutto dalle sinistre, nel gennaio 1946 diede le dimissioni credendo così di suscitare il consenso delle masse al suo progetto costituzionale. Oppositore della nuova Assemblea costituente e delle instabili istituzioni della Quarta Repubblica, fondò a Strasburgo, nell’aprile 1947, il Rassemblement du Peuple français (RPF), e, dopo la promulgazione della costituzione, sciolse il movimento ritirandosi temporaneamente dalla vita politica. Quando scoppiò l’insurrezione di Algeri (13 maggio 1958), in un clima di totale marasma politico e economico il presidente della Repubblica R. Coty lo nominò capo del governo. Facendo leva sul consenso delle masse popolari e invocando un plebiscito, de Gaulle fece votare il 3 giugno una legge che lo autorizzava a elaborare una nuova costituzione, da sottoporre poi a referendum popolare. La consultazione si tenne il 28 settembre 1958 e sancì l’inizio della Quinta repubblica, che si poggiava – secondo le linee tracciate da de Gaulle – su un impianto istituzionale inteso a conferire ampi poteri al presidente della repubblica e all’esecutivo a scapito del parlamento. Nella carta costituzionale fu inoltre sancito il ruolo propositivo del referendum, strumento essenziale del governo tipicamente plebiscitario di de Gaulle. In quella stessa giornata de Gaulle ridisegnò il rapporto fra la Francia e le colonie: attraverso referendum i territori coloniali francesi si espressero a favore (con l’unica eccezione della Guinea che scelse la totale indipendenza) dell’autonomia in seno alla Comunità francese. Le elezioni legislative del novembre 1958 furono vinte dal partito gollista, l’Unione per la Nuova Repubblica (UNR). Seguì, nel dicembre 1958, l’elezione di de Gaulle a presidente della repubblica: in questa veste egli poté porre fine – suscitando la forte delusione della destra – alla crisi algerina con gli accordi di Évian (marzo 1962) che portarono all’indipendenza di quel paese. Grazie al potere conferitogli dalla costituzione, che investiva il presidente della scelta del primo ministro, de Gaulle poté governare la Francia sino al 1968, appoggiandosi dapprima a Michel Debré (alla guida del governo sino al 1962) e poi a Georges Pompidou. In un assetto mondiale dominato dall’egemonia bipolare degli Stati Uniti e dell’Unione Sovietica, de Gaulle perseguì una politica estera volta a esaltare il ruolo politico della Francia in ambito internazionale attraverso l’attuazione di un progetto di unificazione europea sotto la leadership francese. La volontà di creare una “Europa delle patrie” unita sul piano militare (elemento che comportò forti tensioni nell’ambito della NATO) e politico (con la creazione di un unico governo sopranazionale) lo indusse a perseguire la riconciliazione con la Germania (nel 1963 siglò un trattato di cooperazione franco-tedesco) anche in contrasto con la Gran Bretagna, fedele sostenitrice della leadership statunitense. Alle elezioni presidenziali del 1965, dopo il ballottaggio con F. Mitterrand, fu rieletto, ma ormai era chiaro che il suo programma aveva perso l’adesione plebiscitaria degli anni precedenti, come dimostrarono le elezioni legislative del 1967. Di fronte al manifestarsi del profondo malessere sociale dei lavoratori dell’industria de Gaulle ipotizzò la partecipazione operaia agli utili delle imprese, ma il radicalizzarsi della protesta con la contestazione studentesca e la nascita di un movimento di massa che sarebbe poi sfociato nel 1968 nel “maggio francese” lo costrinse a sciogliere le Camere e a indire nuove elezioni legislative per il 30 giugno. Nonostante la vittoria elettorale del suo partito, nell’aprile dell’anno seguente un referendum popolare respinse il suo progetto di riforma dell’ordinamento regionale e del Senato, inducendolo a dare le dimissioni e a ritirarsi definitivamente a vita privata. Suo successore alla testa del movimento gollista fu G. Pompidou.