I primi regni romano-germanici alla fine del V secolo

barbari I regni latino-germanici

Malgrado tutto, le migrazioni germaniche nei territori dell’impero di Roma mutarono la situazione politico-sociale dell’Occidente meno di quanto comunemente affermato. In effetti è piuttosto nella storia del secolo III d.C. che occorre ricercare cause e origini di quei successivi sviluppi. Le ragioni del declino dell’impero devono sì essere attribuite a fenomeni esterni quali le invasioni barbariche ma ancor più esse vanno individuate in una molteplicità di fattori interni: declino delle città, affievolirsi dei commerci, sfaldamento e corruzione delle istituzioni, scarsa vitalità demografica. Sicché fu relativamente facile per le genti barbare, pur minoritarie rispetto alle popolazioni dell’impero, insediarsi nella parte occidentale della Romània – economicamente più fragile e distante dalla nuova capitale imperiale, Costantinopoli – e organizzarsi in compagini statali autonome e funzionanti. I regni latino-germanici nacquero dalla simbiosi tra la romanità cristiano-cattolica e le forze militari germaniche cristiano-ariane. Un caso di particolare interesse è rappresentato dall’Italia dove Odoacre resse la penisola formalmente a nome dell’impero ma di fatto in modo autonomo. Al pari di quei re che altrove reggevano le genti barbare federate all’impero, egli fu un rex gentium, e non un rex Italiae; fu cioè capo delle eterogenee milizie germaniche e, in qualità di patricius, signore di un governo che non mirava certo a sovvertire la struttura sociale e politico-amministrativa della penisola. Quando poi con l’approvazione imperiale, e insignito dalla dignità romana di magister militum, Teodorico giunse in Italia, non diversamente dallo sconfitto Odoacre, fu acclamato re dalle sue genti, ma il riconoscimento della dignità regia venne concepito a Bisanzio come una sorta di delega dei poteri imperiali corrispondente alla prefettura del pretorio d’Italia. Il regno di Teodorico, lungi dal rappresentare una sovversione del tradizionale assetto antico, si propose piuttosto come un suo prolungamento; un regno cioè in cui aristocrazia di ascendenza romana ed episcopato cattolico convivevano con le milizie germaniche ariane sotto l’eminente guida di quel re che, nella propria capitale ravennate, più di ogni altro barbaro si mostrò incline a ricercare la cooperazione di quel ceto senatorio i cui esponenti di prestigio sembravano gli uomini meglio adatti per ricostituire un funzionante ordinamento statale. Il dominio degli ostrogoti poté così distinguersi dai regni dei franchi e più ancora da quello dei vandali o dei burgundi dove la signoria territoriale germanica, costituzionalmente informe, appariva soprattutto contraddistinta da un elementare dinamismo, oltre che dal naturale desiderio di rinsaldare la propria sopravvivenza. L’insediamento dei germani nel territorio imperiale avvenne dunque in tempi e secondo modalità diverse da regione a regione, pur se occorre rilevarne alcuni elementi comuni. Gran parte di questi popoli – che già da tempo avevano intrattenuto regolari contatti con la romanità, in specie con quella occidentale – sotto l’influenza dei goti cristianizzati da Ulfila (311-383 circa), a cui si deve il primo alfabeto gotico, si erano convertiti all’arianesimo, ciascuno con una propria chiesa nazionale, fortemente caratterizzata in senso etnico e dottrinale, e con una elementare organizzazione ecclesiastica. Solo i franchi, unitamente ad alcune genti a loro sottomesse, optarono per il cattolicesimo. Se era pur vero che la legge imperiale in genere vietava i matrimoni tra romani e barbari, e se la Chiesa impediva inoltre quelli tra eretici e ortodossi, nondimeno la convivenza etnica, a seconda delle regioni, conobbe tutte le sfumature possibili, dalla separazione alla fusione. Analogamente le forme politiche non furono meno varie poiché là dove preesisteva il foedus si cercò di instaurare una dualità amministrativo-istituzionale che permettesse a barbari e romani di convivere pacificamente sebbene sottoposti a gerarchie differenti. Altrove, come nel caso dei vandali, si ebbe invece una sorta di governo dispotico dei vincitori sull’antico ceto romano senatorio, ciò che in prospettiva contribuì a minare la solidità del regno. Se in conseguenza delle epidemie e delle guerre e soprattutto della crisi che investì le aristocrazie classiche, le città – malgrado il rispetto loro mostrato dai conquistatori – cominciarono a declinare, la situazione delle campagne conobbe un relativo miglioramento. Le genti barbare infatti, divenute sedentarie e spinte dalla necessità di reperire viveri e vettovaglie, almeno in un primo momento rivitalizzarono e svilupparono gli insediamenti rurali. Al declino dell’urbanesimo non fece tuttavia riscontro un’immediata decadenza culturale: i barbari non distrussero monumenti e opere d’arte, se non per caso o per necessità. In alcuni casi anzi, come avvenne per Teodorico a Ravenna, si preoccuparono di ripristinarle e al contempo si impegnarono a favorire le attività intellettuali. Fu la Chiesa l’artefice di una sia pur lenta opera di acculturamento degli elementi germanici; in effetti i vescovi sin dall’inizio delle migrazioni, mentre l’autorità e i funzionari romani venivano progressivamente meno, rimasero al loro posto assicurando la continuità con il passato. Una potenza dunque, quella ecclesiastica, non solo spirituale ma anche temporale, esercitata da uomini d’estrazione senatoria che nella carriera episcopale videro un positivo sostituto di quella civile in via di rapida dissoluzione. Nei regni latino-germanici scuole e centri di cultura sopravvissero ancora per un certo tempo, conservando della cultura classica tradizione filosofica e linguaggio elegante, come mostrano con chiarezza l’esempio di Boezio (480-524 circa) o di Cassiodoro (485-580 circa). Solo agli albori del secolo VII, malgrado la presenza di dotti come Gregorio di Tours (538-594 circa) o di Isidoro di Siviglia (562-636 circa) – autore di una Storia dei Goti, degli Svevi, dei Vandali – si accentuò il processo di decadimento della tradizione intellettuale. Anche i regni latino-germanici entrarono in crisi tra il secolo VII e l’VIII, una crisi segnata sia dalla riconquista bizantina voluta dall’imperatore Giustiniano sia dalle conquiste degli arabi attivi tra il 711 e il 768. [Walter Haberstumpf]