arabi

  1. I primi arabi
  2. Gli arabi e l’islam
  3. Gli arabi oggi
1. I primi arabi

Le fonti storiche più antiche attestanti l’esistenza degli arabi sono le iscrizioni assire e babilonesi risalenti ai secoli IX-VI a.C. In esse sono contenuti numerosi riferimenti al paese degli “aribi”, “arubu” o “urbi” e sono citati nomi di “re” e “regine” arabi. Gli arabi di queste iscrizioni erano beduini, nomadi che vivevano nella parte settentrionale della penisola arabica, nella zona del deserto arabo-siriano; i re e le regine erano in realtà shaykh: capi di tribù arabe, il cui potere era costitutivamente precario, perché dipendeva dalla comune accettazione. La tribù costituiva l’unità fondamentale dell’organizzazione sociale beduina: essa si basava su legami di sangue veri o presunti e i suoi membri si ritenevano, almeno idealmente, discendenti di un antenato comune secondo una linea maschile. Mentre la storia dei nomadi è costituita essenzialmente dalle vicende legate alla lotta per la sopravvivenza, le tribù sedentarizzate che vivevano nelle oasi furono all’origine dei mutamenti storici successivi. Tra le oasi più importanti dell’epoca preislamica ricordiamo Hira, Hatra, Palmira, Petra, Yathrib (la futura Medina del periodo islamico), Mecca e Najran. Queste oasi sorgevano lungo le vie carovaniere attraverso le quali transitavano le merci preziose provenienti dall’India, dall’Arabia meridionale e dall’Africa occidentale in direzione dei paesi mediterranei. Le città carovaniere furono il risultato storico più significativo del sodalizio tra nomadi e sedentari. La vita nomade e quella sedentaria erano infatti interdipendenti: i beduini, produttori di latte, pelli e lana, necessitavano di prodotti agricoli, di utensili, di manufatti che trovavano nelle oasi; d’altro canto la maggior parte dei beni che circolavano nelle oasi proveniva dal traffico carovaniero a cui i beduini partecipavano fornendo i dromedari per il trasporto delle merci e svolgendo servizi come quelli di guida e di scorta delle carovane. Nel periodo preislamico gli abitanti dell’Arabia centro-settentrionale vissero in contatto con le civiltà delle regioni circostanti, in particolare con quella greco-bizantina, con quella persiana e con quella sudarabica. Nei primi secoli della nostra era gli imperi romano e persiano e i regni sudarabici esercitarono sulla regione un certo controllo politico e favorirono tra le tribù arabe, che erano politeiste, la diffusione del cristianesimo e dell’ebraismo. Le religioni monoteiste furono rappresentate in Arabia dalle principali articolazioni del cristianesimo orientale (chiesa nestoriana e monofisita) e dell’ebraismo e dalle relative sette.

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2. Gli arabi e l’islam

La diffusione del monoteismo trovò nel VII secolo d.C. un innovatore locale, che, convinto di essere il tramite dell’ulteriore e ultima rivelazione divina, in continuità con l’ebraismo e il cristianesimo, giunse a fondare una nuova religione: l’islam. Muhammad (questo è il nome arabo del profeta che noi chiamiamo Maometto) non fu soltanto il fondatore di una nuova religione. Fu anche un grande uomo politico, che tra il 622 e il 632, riuscì a unificare sotto la sua guida le indipendenti tribù arabe. L’unificazione delle tribù arabe attraverso il superamento dei particolarismi di clan e l’adesione all’islam fu il fatto storico determinante per l’espansione degli arabi al di fuori della loro penisola e per la fondazione dell’impero arabo-islamico, che sotto la dinastia omayyade (661-750) si estendeva dall’Oceano Atlantico alla valle dell’Indo e dalle zone sahariane dell’Africa fino ai Pirenei in Europa. Con l’islam la lingua araba divenne sacra (per i musulmani il testo arabo del Corano contiene la parola stessa di Dio) e, in conseguenza della conquista, universale. Grazie a questo suo duplice carattere l’arabo ha potuto mantenere fino a oggi la sua struttura originale. Nella lingua araba il sostantivo “arabo” subì notevoli variazioni semantiche. Mentre non si hanno sufficienti informazioni sull’uso del termine in epoca preislamica, all’epoca di Muhammad gli arabi erano i beduini del deserto; nel Corano il sostantivo “arabo” è usato solo in questo senso e mai per designare gli abitanti delle oasi. I nomadi e i sedentari erano tuttavia accomunati dalla lingua, che nello stesso Corano viene detta “araba”. Con la conquista e la fondazione dell’impero musulmano, la distinzione tra i nomadi e i sedentari originari della penisola arabica perdette di importanza. Il fattore discriminante divenne l’appartenenza alla stirpe dei conquistatori piuttosto che a quella dei popoli conquistati; l’area semantica del termine si estese dunque a tutti gli individui parlanti la lingua araba e discendenti da tribù originarie dell’Arabia. Il primato arabo cessò nell’epoca abbaside (iniziata nel 750), quando a partire dall’inizio del X secolo il califfato di Baghdad cadde sotto il controllo politico di dinastie straniere (gli iraniani Buyidi, i turchi Selgiuchidi). Nello stesso periodo si verificò la frammentazione dell’impero con la proclamazione di un califfato fatimita in Nordafrica e di uno omayyade in Spagna, concorrenziali rispetto a quello abbaside di Baghdad. Allora il principale criterio di distinzione divenne religioso (i musulmani distinti dai non musulmani), mentre il sostantivo “arabo” ritornò a designare i nomadi, i beduini, che potevano anche essere non arabi, per esempio curdi o turcomanni. L’arabo rimase tuttavia la lingua utilizzata nell’impero islamico, la cui cultura è detta araba, anche se questo aggettivo è messo in discussione da chi intende sottolineare il contributo preponderante dato alla cultura “araba” dai non arabi.

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3. Gli arabi oggi

L’idea di una nazione araba si è formata nel corso del XX secolo attraverso la combinazione dell’influenza culturale europea e della reazione al colonialismo europeo e alla politica nazionalistica dei Giovani Turchi, alla guida dell’impero ottomano dal 1908 al 1918. Il nazionalismo arabo si rifà all’idea europea di nazione, basata su una comunanza di territorio, di lingua, di cultura e di storia; gli arabi contemporanei sarebbero dunque gli abitanti dei territori compresi tra il Marocco e l’Iraq, senza distinzioni religiose, in quanto sono arabi per esempio i cristiani maroniti del Libano e i copti dell’Egitto. Non si devono dunque confondere i termini “arabo” e “musulmano”, che indicano rispettivamente un’appartenenza culturale e un’identità religiosa. Rispondere alla domanda su chi sono gli arabi oggi non è affatto semplice, in quanto sono possibili più livelli di individuazione, a seconda del criterio di partenza che si assume. Il criterio più generale è quello che considera il mondo arabo come costituito dai paesi membri della Lega araba, che comprende il nucleo originario dei suoi fondatori (1945): Arabia Saudita, Egitto, Giordania, Iraq, Libano, Siria e Yemen del Nord; quelli che vi aderirono tra il 1953 e il 1971: Libia, Sudan, Marocco, Tunisia, Kuwait, Algeria, OLP (in rappresentanza della Palestina), Yemen del Sud, Bahrein, Qatar, Oman ed Emirati Arabi Uniti; e, ancora, Mauritania, Somalia e Gibuti (che vi furono ammessi negli anni Settanta più sulla base di criteri di opportunità politica che per una effettiva appartenenza culturale e linguistica). Anche qualora si ignorino le più recenti acquisizioni della Lega Araba per limitarsi al nucleo propriamente “arabo” dei paesi membri, si incontrano tuttavia due difficoltà fondamentali: in primo luogo l’eterogeneità etnico-culturale degli abitanti del Nordafrica (Maghreb) e di quelli del Medio Oriente (Mashreq), rispetto ai quali gli egiziani costituiscono un terzo gruppo a parte; in secondo luogo il problema delle minoranze: i berberi in Maghreb e, in Medio Oriente, i curdi (specialmente in Iraq), gli armeni, i turchi, i persiani e i circassi. Il problema delle minoranze, che, come nel caso dei berberi e dei curdi, ha acquistato negli ultimi decenni una crescente risonanza, ha reso ancora più relativo il concetto di identità araba, per il quale ha ormai un peso preponderante l’autoriconoscimento identitario dei singoli gruppi. Due altri importanti problemi, emersi soprattutto a partire dalla fine degli anni Novanta del Novecento e i primi anni del Duemila, rimandano infine al rapporto altamente problematico tra arabi e integralismo islamico e al grado di adeguamento delle sempre più consistenti comunità arabe presenti in Europa con le abitudini e gli stili di vita occidentali.

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