L’Impero bizantino alla metà del XV secolo

bizantino, impero L’impero fra le crociate e l’avanzata turca

Nel corso dei secoli seguenti le aspirazioni universalistiche dell’impero orientale furono gradualmente deluse. L’impero bizantino, soprattutto in seguito alle crociate, si vide sempre più costretto a una dimensione regionale: impero “greco” e non più “romano”. In Oriente le tribù turche dei selgiuchidi, sostituitesi al califfato, ridiedero forza alla spinta espansionistica islamica rivolgendola, dopo lenti progressi in Persia e in Mesopotamia, anche contro l’Armenia. Ciò avvenne proprio mentre in Occidente una popolazione di origine nordica minacciava i domini bizantini dell’Italia meridionale: nel 1071 mentre i turchi infliggevano a Mantzikert una clamorosa sconfitta ai bizantini, i normanni si impadronirono di Bari. Non meno dannose si rivelarono per l’impero le repubbliche marinare italiane: grazie ai privilegi ottenuti da Bisanzio in cambio di aiuto militare, Venezia più di ogni altra, ma anche Pisa e Genova, fondarono in Oriente prospere colonie mercantili tendenzialmente indipendenti dall’autorità bizantina. Malgrado lo sforzo grandioso di Manuele I Comneno (1143-80) di attaccare l’Occidente nei suoi stessi territori conducendo per l’ultima volta le armate greche in Italia, i latini durante la quarta crociata conquistarono la capitale dell’impero bizantino (1204), dando vita a un impero latino d’Oriente e spartendosi i restanti territori secondo le consuetudini feudali dell’Occidente: nacquero così il ducato di Atene e di Tebe, il principato di Acaia e il reame di Tessalonica. Sul piano interno l’avvento dei Comneni segnò la vittoria della grande aristocrazia militare su base fondiaria. Contrariamente a quanto avveniva in Occidente, dove l’emergere di forze borghesi e mercantili imprimeva dinamismo all’economia, la società bizantina sembrò ripiegare su un conservatorismo aristocratico che si rivelò dannoso per gli sviluppi politici successivi. A ciò si unì la frantumazione dell’organizzazione tematica e la nascita di una gerarchia burocratica non più selezionata dal potere centrale ma basata sui legami familiari. La prosperità economica dell’Oriente, tanto ambita dai latini, si ridistribuì in seguito al ricorso sempre più frequente alle truppe straniere. Questa perdita di iniziativa economica e militare da parte dei bizantini, unitamente a una fortissima svalutazione monetaria, determinarono un’irrimediabile recessione economica da cui l’impero non riuscì a venir fuori. Il processo di disgregazione dell’autorità centrale, già iniziato con i Comneni e continuato con i Lascaridi, arrivò a totale compimento sotto i Paleologi. La concessione di terre in beneficio (prónoia) divenne generalizzata ed ereditaria, segnando la vittoria definitiva dell’aristocrazia fondiaria e la dissoluzione di quel sistema amministrativo che per secoli aveva costituito la struttura portante dell’impero bizantino. L’economia ne uscì ulteriormente indebolita, anche per l’impossibilità di sostenere le ingenti spese militari dovute al mantenimento di un esercito costituito esclusivamente da mercenari, mentre genovesi e veneziani divennero gli unici proprietari delle risorse provenienti dal commercio internazionale. Anche dal punto di vista territoriale, la riduzione dei possedimenti divenne inarrestabile. Quando nel 1261 i bizantini riconquistarono la capitale, l’autorità imperiale si estendeva soltanto su una ristretta area geografica comprendente alcune penisole e isole dell’Egeo. Tra la fine del XIII e la metà del XIV secolo i turchi ottomani occuparono l’Asia Minore, la Tracia, la Macedonia e la penisola balcanica. Il declino da lungo tempo avviato si concluse nel 1453: di fronte a un Occidente invano sollecitato a intervenire – da ultimo durante il Concilio di Firenze del 1439, estremo tentativo di riconciliazione tra le due chiese – la città di Costantinopoli cadde sotto le armate di Maometto II. [Adele Cilento]