Bhutto, Benazir

(Karachi 1953, † Rawalpindi 2007). Donna politica pakistana. Figlia di Alì Bhutto, dopo aver studiato negli Stati Uniti e in Gran Bretagna, tornò in patria nel 1977, poco prima del colpo di stato che portò alla destituzione e alla condanna a morte del padre. A causa della sua attività di denuncia della dittatura di Zia ul-Haq, subì numerosi arresti e l’esilio tra il 1984 e il 1986. Tornata in patria prese la guida dell’opposizione democratica al regime. Con il ripristino della democrazia, vinse le elezioni del 1988 alla guida del Partito popolare del Pakistan e divenne primo ministro. La sua attività di governo fu resa estremamente difficile dalla crisi economica, dalle tensioni etnico-religiose e dall’opposizione dell’esercito e degli integralisti islamici. Nel 1990 fu costretta a dimettersi e accusata di corruzione e abuso di potere. Prosciolta dalle accuse, riprese successivamente la propria attività politica, ricoprendo nuovamente il ruolo di primo ministro tra il 1993 e il 1996. Nello stesso 1996, ulteriori accuse di corruzione – prima confermate per via giudiziaria nel 1999 e poi annullate nel 2001 – la costrinsero a ritirarsi dalla vita politica e ad abbandonare il paese. Nonostante il progressivo rafforzamento del suo partito (PPP) e il protrarsi delle trattative con la giunta militare guidata da Pervez Musharraf, non fece ritorno in patria se non nell’ottobre del 2007 per intraprendere la campagna elettorale in vista delle elezioni parlamentari dell’anno successivo. A soli due mesi di distanza dal suo rientro, al termine di un comizio, restò vittima di un attentato suicida.