Tommaso d’Aquino

(Roccasecca, Frosinone, 1221 circa, † Fossanova, Latina, 1274). Filosofo e teologo italiano. Santo. Massimo esponente della scolastica. Opere principali: Commentarii, Quaestiones disputatae et quodlibetales, Opuscola, Summa contra gentiles (1269-73), Summa theologiae (1269, incompiuta). Entrato nell’ordine domenicano contro la volontà della famiglia, andò a studiare teologia a Parigi dove ebbe per maestro Alberto Magno, che seguì per qualche anno a Colonia. Insegnò nell’Università di Parigi, dove trascorse gran parte della vita, con l’eccezione di qualche soggiorno italiano. Nel suo pensiero cercò di conciliare aristotelismo e cristianesimo, sostenendo l’autonomia reciproca di ragione e fede, vie diverse, ma entrambe di origine divina, per accedere all’unica verità. Propose così una teologia razionale, in grado di provare l’esistenza di Dio, ma da integrare con la rivelazione. La sua speculazione spaziò in ogni campo, dalla cosmologia, alla psicologia, alla gnoseologia, all’etica, alla politica, utilizzando sempre categorie aristoteliche corrette o integrate da temi dello spiritualismo cristiano. Convinto della differenza tra sfera naturale e soprannaturale, distinse il bene umano, cioè l’autoconservazione e la felicità terrena, dal bene supremo, consistente nella beata contemplazione di Dio. Da ciò ricavò la separazione tra potere civile e potere religioso, tesi innovativa per l’epoca. In sede politica affermò la coesistenza di leggi naturali, di origine divina e perciò vincolanti per tutti gli uomini, e leggi umane, frutto del libero arbitrio, cioè della capacità dell’uomo di giudicare i mezzi idonei al raggiungimento dei propri fini. Sostenne che le leggi umane, diverse a seconda dei popoli e dei periodi storici, possono essere anche sbagliate: in tal caso per il cristiano non rispettarle è un dovere, se contrastano con il “bene divino”, un diritto, se contrarie al “bene umano”. Asserì che il potere sovrano deriva da Dio, ma attraverso il consenso del popolo e non per investitura pontificia, come voleva la tradizione teocratica del periodo. Come Aristotele, ammise la legittimità di tutte le forme di governo, monarchica, aristocratica e democratica, purché non degenerassero in tirannide. Il suo pensiero, fondamento della corrente del “tomismo”, non fu subito approvato dalla chiesa, per alcune teorie di dubbia ortodossia. Divenne la dottrina ufficiale dell’ordine domenicano nel XIV secolo e fu definitivamente accettato dalla chiesa nel XV. Nonostante le critiche di gran parte del pensiero moderno, il tomismo è ancor oggi vivo nella corrente neoscolastica.