strategia della tensione

Termine con cui si indica complessivamente il disegno del neofascismo italiano di seminare il panico nella popolazione, al fine di favorire un colpo di stato che instaurasse un governo reazionario. Ebbe inizio nel 1969 con una serie di attentati dinamitardi, ma soprattutto con l’esplosione di una bomba ad alto potenziale nella Banca dell’agricoltura di Milano (12 dicembre), che provocò 16 morti e 90 feriti. Organizzata dai gruppi neofascisti con la complicità di frange deviate dei servizi segreti italiani e di alcuni paesi stranieri, la strategia della tensione fu la risposta reazionaria alle lotte sociali avviate dal movimento studentesco e operaio nel biennio 1968-69. Contro il “pericolo rosso”, si tentava con il panico di indurre la popolazione a richiedere un governo forte e autoritario. A differenza del terrorismo rosso, che si indirizzava verso obiettivi precisi (esponenti del mondo politico, imprenditoriale, giornalistico, ecc.), quello nero si rivolse indiscriminatamente alla massa della popolazione, prediligendo le bombe nelle piazze (piazza della Loggia a Brescia, 1974, con 7 morti e un centinaio di feriti), nei luoghi pubblici e affollati (stazione di Bologna, 1980, 84 morti e circa 200 feriti) e sui treni (“Italicus” tra Bologna e Firenze, 1974, con 16 morti). La riorganizzazione dei servizi segreti italiani negli anni Ottanta tolse connivenze a una strategia della tensione ormai battuta sul piano politico.