democrazie popolari

Forme di governo instaurate dopo la seconda guerra mondiale negli stati dell’Europa centro-orientale appartenenti al blocco sovietico (Polonia, Cecoslovacchia, Ungheria, Romania, Bulgaria, Iugoslavia). L’espressione fu impiegata per la prima volta da Tito. Secondo la formulazione di Dimitrov, le democrazie popolari si distinguono dalla democrazia proletaria esistente in URSS per il fatto che in esse i partiti comunisti sono al potere in una coalizione con i partiti borghesi democratici, comprendente la maggioranza delle forze popolari. Nei paesi in questione, in effetti, l’alleanza con elementi borghesi si impose sia per la scarsa consistenza numerica e politica dei comunisti messi al potere dalle forze sovietiche, sia per l’importante ruolo che le forze borghesi progressiste svolsero nei governi di coalizione. Secondo la teoria comunista, nelle democrazie popolari si distinguono una prima fase di rivoluzione antifascista e costruzione dei fondamenti del socialismo e una seconda di costruzione della società socialista; compiuto questo processo, le democrazie popolari diventerebbero repubbliche socialiste. Questa tesi permise di fatto all’URSS, che si considerava più progredita sulla via del socialismo, di legittimare la propria egemonia sui futuri regimi comunisti dell’Europa orientale.