Per finanza pubblica si intendono gli atti economici dello stato e degli enti pubblici minori (in Italia regioni, province e comuni) compiuti mediante le loro istituzioni. La finanza pubblica degli enti minori è anche chiamata finanza locale. È tipico della finanza pubblica che le decisioni sulle entrate e sulle spese abbiano carattere politico essendo compiute da soggetti politici per finalità politiche. Quindi la storia della finanza pubblica costituisce un’organica espressione di quella dei sistemi politici e del tipo di rapporti economico-sociali a essi correlati. Oggetti della finanza pubblica sono il patrimonio e le imprese pubbliche, i tributi, le spese pubbliche in relazione ai bisogni della collettività, l’intervento degli enti politici e in primo luogo dello stato al fine di promuovere lo sviluppo economico, una più equa distribuzione del reddito e l’assistenza in campo sociale e sanitario. La disciplina che per eccellenza studia il comportamento economico degli enti pubblici è la scienza delle finanze. Le origini di questa sono da collocarsi nel medioevo e nei dibattiti intorno all’equità dei tributi. Essa trovò poi uno sviluppo in epoca moderna per impulso soprattutto della tematica promossa dal mercantilismo circa le condizioni atte ad assicurare l’incremento delle finanze dello stato e le condizioni di una loro migliore amministrazione. La teoria dell’amministrazione pubblica è diventata fondamentale nello stato post-assolutistico, con la messa al centro del nesso tra spese pubbliche e decisioni politiche a opera delle assemblee rappresentative. Le teorie della finanza pubblica, a partire da A. Smith e da D. Ricardo, formano una componente importante del pensiero politico ed economico moderno ed esprimono proposte di politica pubblica in base a diversi indirizzi e concezioni degli interessi, delle convenienze e dei diritti e doveri dei singoli e delle comunità politiche nel quadro del problema del finanziamento dei servizi indispensabili alla sopravvivenza e allo sviluppo della società.