La Francia dopo la conclusione della guerra dei Cent’anni

Francia La dinastia carolingia

Nel 751 Pipino il Breve fu proclamato re dei franchi da un’assemblea dei grandi del regno, con l’approvazione di papa Zaccaria. Un anno più tardi, nel 752, fu incoronato e consacrato a Soissons da San Bonifacio. Ebbe così inizio la dinastia dei Carolingi, sotto la quale il regno franco riuscì ad acquisire una posizione egemonica nell’Europa centro-occidentale. Le linee fondamentali della politica interna ed estera di Pipino (rafforzamento del potere regio, consolidamento dell’alleanza col papato, ripresa del disegno, che fu già dei primi Merovingi, di assoggettare le popolazioni germaniche) trovarono una piena realizzazione a opera del figlio Carlo, il futuro Carlo Magno, dal 771 unico re dei franchi. Sotto la sua guida si realizzò uno straordinario ampliamento dei confini del regno, per effetto di una serie di vittoriose campagne militari contro i longobardi, i sassoni, gli avari, i bavari e i saraceni, che estesero il dominio franco dall’Atlantico all’Elba e al Danubio. Al tempo stesso si realizzò una notevole convergenza di interessi fra lo stato franco e il papato, soprattutto in funzione antilongobarda e antibizantina. L’incoronazione imperiale di Carlo da parte di papa Leone III, celebrata la notte di Natale dell’800, aggiunse a sua volta una nuova forma di prestigio, di tipo sacrale, al potere propriamente politico che il sovrano derivava dall’essere “re dei franchi” e “re dei longobardi”. Sulla base di questi presupposti Carlo Magno poté avviare una profonda opera di riorganizzazione politica, amministrativa, economica e culturale, che conferì una reale unità all’impero carolingio. Questo sforzo fu però in gran parte vanificato dalla scelta di strutturare il sistema di governo su una complessa costellazione di rapporti vassallatico-beneficiari e dalla persistenza delle vecchie norme consuetudinarie di successione, che prevedevano la spartizione del regno fra gli eredi: due elementi, questi, che dovevano condurre a un progressivo indebolimento del potere centrale a favore dei grandi vassalli e, quindi, alla dissoluzione stessa della compagine imperiale. I primi sintomi della crisi si manifestarono già all’indomani della morte di Carlo Magno, durante il regno di Ludovico il Pio (814-40); e si tradussero poi in un’aperta lotta di successione tra i suoi figli Lotario, Ludovico il Germanico e Carlo il Calvo: una lotta che si concluse nell’843 con il trattato di Verdun il quale, istituendo una netta ripartizione dei domini imperiali (tra l’altro con importanti riflessi sul piano linguistico), attribuiva a Carlo il Calvo (843-77) la maggior parte del territorio francese, insieme a una parte dell’Olanda e del Belgio. Furono anni assai difficili per questa regione, che si andava ormai definendo come il nucleo fondamentale del futuro regno di Francia. Riunita per un breve periodo al resto dell’impero a opera di Carlo il Grosso nell’884, essa sperimentò un’ulteriore crescita del potere dei grandi vassalli, che nell’877 si videro riconoscere anche formalmente il diritto all’ereditarietà dei feudi maggiori con il capitolare di Quierzy (o Kiersy). Si profilò, inoltre, la concreta minaccia di nuove invasioni, soprattutto da nord e da est, a opera dei normanni (che intorno alla metà del IX secolo arrivarono fino a Parigi e presero a stanziarsi sulle foci della Senna e della Loira) e dei saraceni (che nello stesso periodo attaccarono ripetutamente la Provenza). Il succedersi di sovrani sempre più deboli e il protrarsi di lotte sanguinose tra i diversi elementi della nobiltà feudale caratterizzarono il X secolo e determinarono la formazione di unità territoriali di fatto autonome – l’Aquitania, la Borgogna, il Vermandois, la Champagne e la Normandia – rette da grandi famiglie feudali. Lo stesso imperatore Carlo il Grosso nell’887 non fu più riconosciuto dalla nobiltà francese, che elesse re di Francia il conte di Parigi, Oddone (888-98). In questo periodo di confusione e incertezza istituzionale la chiesa francese – tradizionale sostegno dell’autorità regia – se da una parte risentì negativamente, soprattutto dal punto di vista morale, dei fenomeni legati alla feudalizzazione, dall’altro seppe esprimere profonde esigenze di rinnovamento, che si concretizzarono in particolare nella fondazione dell’ordine dei cluniacensi.