Tibet

Regione autonoma della Cina sud-occidentale. Nel VI-VII secolo d.C. si costituì in regno unitario e, ponendo fine a una forte frammentazione politica, divenne un punto di confluenza delle civiltà indiana e cinese. Tra la fine del VII secolo e l’inizio dell’VIII il Tibet prima entrò in conflitto con i cinesi e poi conobbe un periodo di torbidi interni, cui seguì la ripresa del potere monarchico, che si avvalse in modo decisivo del fattore religioso. Alla seconda metà dell’VIII secolo risale la penetrazione del buddhismo, con la costituzione di una chiesa tibetana che si diede i propri fondamenti nel concilio di Lhasa (792-94), nel quale il buddhismo indiano, con il contributo determinante dello studioso Padmasambhava, ebbe il sopravvento su quello cinese. Nello stesso periodo si sviluppò un forte espansionismo militare anticinese. Nel corso del IX secolo la monarchia tibetana andò incontro a una irrimediabile decadenza che ebbe basi sia religiose sia politiche, con un seguito di lotte interne e di suddivisioni territoriali. Alla crisi del potere monarchico fece da contrappeso nei secoli XI-XIII un forte risveglio del buddhismo, che diede al paese anche nuove strutture politiche di tipo ierocratico. La ierocrazia assunse caratteri definiti nel XIII e nel XIV secolo con il lamaismo. Gli abati di diverse sette con i loro diversi monasteri presero a esercitare in prima persona il potere. La lotta tra le diverse sette gettò il paese in una crisi profonda, la quale provocò una riforma che portò al sorgere della “chiesa gialla”. Il paese fin dal 1239 era caduto sotto la tutela di occupanti sino-mongoli; e solo nel 1655 fu in grado di liberarsene. L’instabilità del potere autonomo provocò ripetuti interventi cinesi, fino a che la Cina nella prima metà del XVIII secolo non pose il Tibet sotto l’amministrazione di governatori manciù. Negli ultimi decenni del XIX secolo si fece via via più forte l’influenza degli inglesi, i quali prima imposero al Tibet nel 1893 accordi commerciali e poi, per contrastare il pericolo di una penetrazione russa, occuparono nel 1904 la capitale Lhasa, inducendo il Dalai Lama a fuggire a Pechino. Se non che, in seguito all’invasione cinese, questi nel 1910 si rifugiò in India, per fare ritorno a Lhasa due anni dopo. Il tentativo del Dalai Lama di opporsi alla preponderanza cinese appoggiandosi all’Inghilterra non ebbe successo. Infatti, se pure nel 1912 aveva vista riconosciuta la propria indipendenza in seguito al crollo dell’impero cinese, poco dopo il Tibet, in base alla conferenza di Simla (in India) del 1913-14, fu diviso in Tibet interno attribuito alla Cina e Tibet esterno con un regime di autonomia. Questo accordo non venne però mai ratificato dai cinesi, che avanzavano pretese sull’intero territorio. Sicché, dopo la morte del tredicesimo Dalai Lama nel 1933 l’influenza cinese andò costantemente crescendo. Nel 1950, anno in cui i poteri passarono al quattordicesimo Dalai Lama, in seguito al conflitto tra due candidati rivali alla successione del decimo Panchen Lama (l’altra figura centrale del lamaismo dopo quella del Dalai Lama), rispettivamente sostenuti dalla Cina e dal Tibet, i comunisti cinesi occuparono militarmente quest’ultimo e iniziarono la distruzione del dominio economico dei monasteri. Il sovvertimento della società tradizionale, condotto con metodi brutali, scatenò rivolte nel 1956. A esse fece seguito un’altra rivolta su più vasta scala nel 1959, la quale indusse il Dalai Lama a fuggire in India. La violenta repressione della rivolta accelerò la distruzione dei fondamenti della società tradizionale tibetana. I cinesi allora dapprima fecero del Panchen Lama il loro strumento, poi lo sostituirono nel 1964 con un esponente laico. Nel 1965 il governo cinese costituì il Tibet in “regione autonoma”. La rivoluzione culturale cinese iniziata nel 1966 ebbe tragiche ripercussioni sul Tibet. Migliaia di templi furono distrutti e lo stesso buddhismo fu messo al bando. A ciò si accompagnò anche l’avvio di una massiccia immigrazione cinese. Nonostante le continue tensioni politiche, la Cina investì in maniera massiccia nello sviluppo economico della regione, concentrandosi soprattutto sulle sue risorse minerarie e sulla costruzione di grandi infrastrutture di trasporto. Sebbene nel 1976 il bando antireligioso fosse stato abolito, negli anni Ottanta e Novanta la repressione continuò con lo scopo di sradicare l’identità culturale e religiosa dei tibetani. Nuove manifestazioni di protesta scoppiarono nel 2008, alla vigilia dei Giochi olimpici di Pechino, e anche questa volta furono duramente represse dalle autorità cinesi.