stratificazione sociale

Collocazione degli individui in categorie sociali, ciascuna delle quali è definita da uno specifico livello di status, cioè da un ammontare equivalente di prestigio, potere e reddito, di modo che l’insieme dei componenti una società risulta disposto secondo un ordinamento verticale, costituito da un numero variabile di strati. A questa accezione ristretta del concetto, tipica delle concezioni nordamericane della disuguaglianza sociale, si affianca, distinguendosene, una più estesa, di matrice europea, che subordina la disposizione degli individui nel senso detto alla loro collocazione oggettiva nella struttura di classe. Intesa o meno in senso marxista, questa non è determinata dalla distribuzione dei compensi sociali (status), ma dall’allocazione degli individui nelle funzioni socioeconomiche e nelle professioni. Ne segue che, per quanto lo status sociale sia influenzato dalla funzione e dall’occupazione lavorativa, individui appartenenti a una stessa classe possono risultare collocati in strati sociali differenti, così come individui dotati di pari status possono essere collocati in classi sociali diverse. I due aspetti della disuguaglianza – la classe e lo status – assumono una diversa importanza a seconda del tipo di società e della natura dei fenomeni storico-sociali che si vogliono spiegare. In particolare, con l’espansione dei ceti medi e lo sviluppo dei diritti della cittadinanza l’appartenenza di classe perde rilievo e consente di spiegare una varietà più limitata di fenomeni, benché resti essenziale per la comprensione di fenomeni macrosociologici direttamente legati alla natura e alle trasformazioni del modello di accumulazione e di modernizzazione economica, nonché di alcuni aspetti della struttura del dominio e del potere nella società.