Roma moderna

Nei primi decenni del Cinquecento Roma si presentava come la grande capitale di uno stato medio italiano e il centro mondiale della religione cattolica. In essa il papa doveva fare i conti con una possente e arrogante aristocrazia che alimentava i toni di una vita sfarzosa in stridente contrasto con la vita degradata del popolo basso. Il nepotismo aveva profonde radici e la rilassatezza dei costumi era quanto mai diffusa. Un episodio traumatico fu il sacco di Roma nel 1527 da parte delle truppe, in parte composte da luterani, dell’imperatore Carlo V, durante il pontificato di Clemente VII (1524-32). La divisione della cristianità con il consolidamento delle Riforma protestante ebbe quale inevitabile effetto quello di ridimensionare in parte il ruolo della città come capitale mondiale del cristianesimo. Al tempo stesso Roma, in quanto centro della Controriforma, celebrò tra Cinque e Seicento i suoi fasti con il trionfo dell’architettura barocca nel quadro di un vigoroso slancio dell’attività edilizia. La città accrebbe inoltre notevolmente la sua popolazione, che dai circa 30.000 abitanti cui era stata ridotta dal sacco messo in atto da Carlo V passò intorno alla fine del secolo a circa 100.000. Tra i papi dell’epoca che impressero in maniera spiccata la loro orma sulla capitale vi fu Sisto V (1585-90), che, oltre a procedere a energiche riforme politiche, promosse la costruzione di strade, acquedotti, palazzi e fece portare a termine i lavori della cupola di S. Pietro. Nel 1600 Roma fu teatro del rogo di Giordano Bruno, durante il pontificato di Clemente VIII (1592-1605). Sotto Urbano VIII (1623-44) Roma conobbe il culmine della politica nepotistica; ma questo papa fu anche il grande protettore di Bernini, che impose alla Roma barocca il suo stile. In Roma nel 1633 Galilei ricevette la sua condanna. In generale nel corso del XVII secolo a Roma il ruolo politico dell’aristocrazia tese nettamente a diminuire di fronte alla progressiva opera di centralizzazione messa in atto dal governo pontificio. Imponente fu la fioritura dei centri culturali (stamperie, biblioteche tra le quali anzitutto quella Vaticana, gallerie e musei, teatri). Nel corso del XVIII secolo Roma divenne un centro assai vivo della cultura non solo italiana ma cosmopolita, nonostante che, dato il carattere del governo clericale e a differenza di Milano e Napoli, le fosse impedito di collegarsi attivamente ai filoni della cultura illuministica europea. Nella prima metà del secolo un notevole fervore investì l’economia di Roma. Rimase tuttavia preclusa la trasformazione della città da centro essenzialmente di consumo a centro vitalmente produttivo. Lo scoppio della Rivoluzione francese ebbe forti ripercussioni sulla città, dove nel 1793 scoppiarono tumulti in seguito all’uccisione del diplomatico francese N.-J.-H. Bassville. Nel 1798 l’uccisione del generale francese L. Duphot fu all’origine dell’occupazione di Roma, della deportazione di Pio VI e della costituzione della repubblica romana (1798-99). Gli ultimi anni del secolo furono quanto mai turbolenti per la città, che venne alternativamente occupata da eserciti degli opposti schieramenti. Nel 1806 Napoleone vittorioso si fece proclamare imperatore a Roma, lasciando Pio VII in una posizione subalterna. Nel 1808 la città venne occupata dai francesi; e l’anno seguente Napoleone determinò la fine del potere temporale, fece deportare il papa, sottoponendo Roma alla diretta amministrazione imperiale, la quale però non ottenne che ben scarso consenso. Il figlio di Napoleone, nato nel 1810, prese il nome di “re di Roma”. Crollato l’impero napoleonico, nel maggio del 1814 la città tornò sotto lo scettro di Pio VII e nel 1815 lo Stato della Chiesa fu ricostituito. Negli anni Venti e Trenta Roma conobbe un certo progresso amministrativo e civile con la costituzione di più moderni istituti nel campo del commercio; ma la vita politica restò dominata dall’atmosfera della Restaurazione. Non ebbe neppure inizio la formazione di una vitale borghesia commerciale e industriale. Il governo restò concentrato nelle mani del clero; solo nelle file della burocrazia si ebbero timide aperture a personale laico. I moti del 1831, vigorosi a Bologna e nelle Romagne, toccarono solo marginalmente Roma. Una svolta si ebbe con l’elezione nel 1846 di Pio IX, che si impose, grazie a un accelerato corso riformistico, al proprio stato e all’Italia come papa “liberale” e campione, secondo la corrente neoguelfa, della rinascita italiana. Il culmine della popolarità del papa, acclamato capo della “Terza Roma”, fu raggiunto nel corso del 1848. Roma divenne un attivissimo centro di mobilitazione e di cambiamento politico. Il 14 marzo, formatosi un governo caratterizzato per la prima volta da una forte componente laica, il papa concesse lo statuto; e poco dopo fu inviato un corpo militare a sostenere il Piemonte sceso in guerra con l’Austria. Il pacifico movimento riformatore conobbe però un brusco capovolgimento allorché il 15 novembre il capo del governo, Pellegrino Rossi, venne assassinato e l’ala radicale democratica mise in discussione il governo papale. Pio IX si rifugiò a Napoli, lasciando il campo alle forze repubblicane, decise a proclamare la repubblica. Le elezioni a suffragio universale in tutto lo stato ex pontificio portarono alla formazione di un’assemblea costituente, la quale decretò il 9 febbraio 1849 la fine del potere temporale e la repubblica (seconda repubblica romana). Nacque così la “Terza Roma” democratica e repubblicana, retta dal triumvirato Mazzini-Armellini-Saffi formatosi nel marzo. Attaccata da napoletani, austriaci e francesi, la repubblica venne travolta dopo una forte resistenza, cui partecipò in prima fila Garibaldi con la “legione italiana”, tra il 3 e il 4 luglio del 1849. Nel corso degli anni Cinquanta Roma visse un periodo di transizione, presa tra gli effetti della restaurazione papale e la consapevolezza della quanto meno relativa incertezza degli equilibri raggiunti in un contesto politico italiano in movimento. Il governo papale, in cui ebbe una posizione di spicco il cardinale G. Antonelli, procedette a una certa apertura all’elemento laico specie nel governo locale. Scoppiata la seconda guerra di indipendenza italiana nel 1859, il solido appoggio della Francia al papato fece da scudo a ogni proposito di conquistare Roma e di farne la capitale d’Italia, tanto che il nuovo parlamento nazionale a Torino non poté che limitarsi a proclamare in via solo formale e simbolica la città capitale del regno d’Italia. I successivi tentativi compiuti da Garibaldi nel 1862 e nel 1867 di impadronirsi di Roma risultarono fallimentari. Lo scoppio della guerra franco-prussiana nel 1870 creò finalmente le condizioni favorevoli perché le truppe italiane occupassero Roma, rimasta priva della protezione della Francia, il 20 settembre. Roma venne annessa all’Italia in seguito a plebiscito, divenendo così capitale effettiva del regno, mentre Pio IX si chiudeva nel Vaticano in posizione di condanna e di protesta verso l’atto di “usurpazione”. Nel 1871 entrò in funzione in Roma il governo nazionale e la corte si stabilì al Quirinale. Dopo di allora la città è stata il centro della vita politica e istituzionale dello stato unitario. Negli ultimi decenni dell’Ottocento Roma conobbe un importante sviluppo urbano, in stretta relazione alle esigenze del suo ruolo di capitale d’Italia e allo sviluppo dei relativi servizi. Nel 1911 nel centro della città fu costruito il Vittoriano, a celebrazione della monarchia sabauda e dell’unità. Il fascismo, intendendo restituire a Roma un volto imperiale, intraprese grandi opere di restauro e di costruzione nello stile fascista. Durante la seconda guerra mondiale la città subì gravi bombardamenti nell’estate del 1943. Vi si consumò nel luglio del 1943 il crollo del regime fascista. Occupata dai nazisti sin dal settembre di quell’anno, nel marzo del 1944 a Roma fu compiuta, in seguito a un attentato nel quale rimasero uccisi 32 soldati tedeschi, la strage per rappresaglia delle Fosse Ardeatine, che costò la vita a 335 persone. Roma fu liberata dagli Alleati nel giugno dello stesso anno.