plebe

Nella Roma antica la plebe costituiva lo strato inferiore della popolazione composta dagli uomini liberi. Una svolta decisiva nella sua condizione fu ottenuta nel V secolo a.C., quando, dopo la caduta della monarchia nel 509 a.C., in reazione al tentativo dei patrizi di riservarsi tutte le cariche pubbliche, i plebei nel 494 a.C. procedettero a costituire un proprio ordine, a formare assemblee autonome e a eleggere propri tribuni ed edili, stabilendo il loro diritto a emanare atti, i plebisciti, aventi valore di legge. Nel corso dell’evoluzione successiva ai plebei venne riconosciuto il diritto di sposarsi con i patrizi, di accedere alle cariche di senatore, questore, console, pretore, censore, dittatore, pontefice e augure. L’ascesa economica e politica di certi strati della plebe creò via via al suo interno un’accentuata distinzione tra una minoranza superiore nobilitata e la grande maggioranza dei cittadini, quella che ha poi depositato nella tradizione linguistica, rimasta attiva fino all’Ottocento, il termine “plebe” come sinonimo della parte più povera e diseredata della società.