Partito operaio socialdemocratico russo

Fu il primo partito marxista russo. Venne fondato a Minsk nel 1898 per iniziativa del Bund ebraico, organizzazione di socialisti ebrei russi. Raccolse i marxisti che, in polemica con i populisti e per la determinante influenza di G. Plechanov, sostenevano la positività dello sviluppo capitalistico anche nell’impero zarista, considerandolo quale necessaria premessa della rivoluzione proletaria. Al II congresso del partito, svoltosi nel 1903 prima a Bruxelles e poi a Londra, esplose la contrapposizione tra i seguaci di V.I. Lenin, che concepivano il partito come un’organizzazione di rivoluzionari di professione atta a sostenere la lotta clandestina contro lo zarismo e organizzata secondo principi fortemente centralistici e gerarchici, e i seguaci di J. Martov, i quali invece gli contrapponevano un partito che al gruppo ristretto degli elementi attivi affiancasse il seguito dei simpatizzanti. Al congresso i seguaci di Lenin ottennero la maggioranza e vennero perciò chiamati “maggioritari” (bolscevichi); quelli di Martov “minoritari” (menscevichi). Lo scoppio della prima Rivoluzione russa nel 1905 approfondì le divergenze tra le due ali in relazione alla strategia da seguire. I menscevichi ritenevano che l’abbattimento dello zarismo dovesse aprire la via a una fase “democratico-borghese” e quindi a un governo borghese liberale atto a favorire lo sviluppo capitalistico nella Russia arretrata. I bolscevichi invece respingevano questa linea, sostenendo che la borghesia russa era troppo debole per costituire una nuova classe dirigente. Essi ritenevano necessaria una fase di “dittatura democratica degli operai e contadini”, avente il compito di favorire la modernizzazione capitalistica sotto la guida di un governo di coalizione formato dai partiti socialisti russi e dalle forze rivoluzionario-democratiche. Un ulteriore elemento di divisione era l’atteggiamento di fronte ai soviet (consigli), che avevano riunito le masse nel corso della rivoluzione: i menscevichi li considerarono come espressioni dell’“autogoverno rivoluzionario”, mentre i bolscevichi ne guardarono con sospetto e avversione il carattere autonomo dal partito. Di fronte alla sconfitta della rivoluzione, le due frazioni cercarono un’intesa al IV congresso, detto della riunificazione, che si tenne a Stoccolma nel 1906. Esso diede la maggioranza ai bolscevichi e introdusse il principio del “centralismo democratico”, secondo il quale la minoranza doveva piegarsi ai deliberati della maggioranza senza alimentare lo scissionismo. Tra il 1906 e il 1912 il partito non vide però attenuarsi le divisioni, che anzi si rinnovarono pienamente, e andò incontro a una gravissima crisi interna. Nel 1912 a Praga i bolscevichi, che avevano denunciato come “liquidatori” del partito la maggior parte dei menscevichi, reagirono attuando una scissione e autoidentificandosi con il POSDR. Una conferenza per la riunificazione, organizzata dall’Internazionale socialista nel 1914, non ebbe successo, anche per lo scoppio della prima guerra mondiale. Da allora in poi le sorti dei menscevichi e dei bolscevichi furono irrimediabilmente divise. Dopo la rivoluzione del febbraio 1917 il partito tenne nell’agosto il VI congresso, nel corso del quale L.D. Trockij si unì ai bolscevichi. Avvenuta in ottobre la presa del potere da parte di questi ultimi, nel marzo del 1918 al suo VII congresso il Partito operaio socialdemocratico russo cambiò il proprio nome in quello di Partito comunista (bolscevico) di Russia a sottolineare il rapporto di ormai totale incompatibilità tra socialdemocrazia e comunismo. La rivoluzione dell’ottobre 1917 portò bolscevichi e menscevichi, le forze che avevano costituito le due grandi ali del POSDR, a essere gli uni i trionfatori e gli altri gli sconfitti. I menscevichi, che già si erano divisi nel 1914 tra sostenitori e avversari della guerra, dopo il crollo dello zarismo auspicarono la formazione di una democrazia riformistica e di fronte al potere bolscevico si divisero nuovamente tra suoi decisi nemici e sostenitori critici. Nel 1921 il potere bolscevico soffocò, insieme con ogni altra opposizione, il menscevismo, che sopravvisse solo come corrente di esiliati.