Jackson, Andrew

(Waxhaw, South Carolina, 1767, † Nashville, Tennessee, 1845). Uomo politico statunitense. Presidente degli USA dal 1829 al 1837. Figlio di modesti coloni irlandesi, orfano di padre e (a 14 anni) di madre, ebbe un’infanzia difficile e fece studi irregolari di legge. Iniziò una carriera di avvocato e procuratore nei territori dell’Ovest, che gli permise, grazie a transazioni e speculazioni fondiarie, di accumulare una certa fortuna e di diventare un ricco piantatore e mercante. Nel 1796 fu deputato alla convenzione costituente del neonato Tennessee, poi deputato e infine senatore del nuovo stato al Congresso (1796-98). Ritiratosi dall’attività politica per difficoltà finanziarie, nel 1798 fu eletto tra i giudici della Corte Superiore del Tennessee, e nel 1802 generale della milizia di quello stato. Nel 1812-14 fu uno dei protagonisti della guerra contro l’Inghilterra: le sue vittorie contro indiani e inglesi (tra cui quella di New Orleans dell’8 gennaio 1815) e le sue audaci iniziative gli procurarono gloria nazionale, nonché la carica di maggiore generale nell’esercito regolare. Nel 1817 il suo tentativo di invadere la Florida provocò una crisi con la Spagna, ma ne accelerò l’acquisizione da parte degli USA; nel 1821 fu per breve tempo il primo governatore del nuovo territorio. Dopo una breve parentesi come senatore (1823), si decise, vista la sua popolarità, a candidarsi alla presidenza nel 1824; ma fu sconfitto da John Quincy Adams, non senza una coda di roventi polemiche e accuse di corruzione. La sua elezione nel 1828 segnò una svolta nella politica americana, poiché fu il primo presidente eletto grazie alla mobilitazione diretta della massa degli elettori più che con il sostegno delle tradizionali organizzazioni di notabili, e non appartenente alle élites politiche della costa orientale. La “democrazia jacksoniana” rifletteva la nuova conformazione della politica americana che nasceva dall’estensione della frontiera, dall’ampliamento del suffragio e dall’emergere di nuovi capi politici più vicini alle masse. Radicalmente ostile all’aristocrazia terriera e finanziaria che trovava espressione politica nel partito federalista, Jackson fu anche un deciso fautore dell’Unione, pur sostenendo i diritti dei singoli stati. Privo di vera esperienza politica, e anche di una profonda comprensione del significato del movimento popolare che lo sosteneva e che ne portava il nome, egli mostrò nella nuova carica la stesso pragmatismo e la stessa risolutezza che lo avevano fatto emergere (alienandosi così non pochi sostenitori); ma ricorse anche a consiglieri politicamente più esperti, e confidò sempre nel favore popolare che vedeva in lui l’uomo della frontiera e un eroe nazionale. Con la sua concezione personalistica della politica, favorì il rafforzamento dell’esecutivo e fece diventare pratica corrente la rotazione degli uffici da parte del vincitore (spoils system); sostenuto dalla massa della popolazione rurale che giudicava le banche un’istituzione antipopolare, abolì la Banca centrale degli Stati Uniti (1836), provocando nel 1837 una crisi finanziaria in tutto il paese. Il suo operato determinò un importante riallineamento politico: alle elezioni del 1832 i suoi seguaci rifondarono e riorganizzarono il partito democratico, e gli avversari, gli antichi federalisti, il partito repubblicano-nazionale (whig).