giustizia

Termine dai molteplici significati, utilizzato dal linguaggio storiografico prevalentemente in due accezioni: 1) come ideale cui devono conformarsi le norme umane; 2) come sistema giudiziario.

  1. La giustizia come ideale normativo
  2. La giustizia come sistema giudiziario
1. La giustizia come ideale normativo

È il significato filosofico del termine. Per i greci la giustizia umana, che prende corpo nelle leggi (nomoi), era parte della più universale giustizia cosmica, che assegna un posto e un ruolo determinato a ogni ente. Il tentativo di definire ciò che è giusto per natura (physis) e di distinguerlo dal frutto delle leggi convenzionali degli uomini impegnò i sofisti, ma l’elaborazione più articolata del concetto di giustizia nell’antichità si ebbe nel pensiero di Platone, che disegnò nella Repubblica un modello ideale di stato giusto, e di Aristotele, che distinse e analizzò la giustizia commutativa (che presiede agli scambi e si fonda sulla semplice equivalenza tra i beni) e la giustizia distributiva (che implica la proporzione tra il valore dei beni distribuiti e il merito di chi li riceve). Dopo le analisi articolate, ma poco originali, del periodo romano e medievale, il concetto di giustizia fu oggetto di interessanti riflessioni nel contesto del giusnaturalismo secentesco. In particolare Locke sottolineò l’esistenza di diritti naturali alla vita, alla libertà e alla proprietà fondata sul lavoro, che ispirarono tutto il costituzionalismo moderno. L’età contemporanea si caratterizzò per il dibattito, che coinvolse le correnti politiche liberali, democratiche e socialiste, sul rapporto tra libertà individuali e uguaglianza politica e sociale nel concetto di giustizia. Le correnti scettiche, relativistiche e nichilistiche, sporadicamente presenti in tutta la storia del pensiero, ma forti e diffuse nel XX secolo, negarono l’esistenza di un concetto universale e oggettivo di giustizia.

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2. La giustizia come sistema giudiziario

L’amministrazione della giustizia è una delle funzioni fondamentali dello stato, insieme alle funzioni legislativa e di governo. L’evoluzione della giurisdizione si attuò nel progressivo passaggio dalla giustizia privata – si pensi al diritto di patria potestà dell’antica Roma, per il quale il pater familias poteva giudicare e condannare a morte i propri servi, o alle faide longobarde – alla giustizia pubblica. Figure importanti di questa evoluzione furono i pretori dell’antica repubblica romana, i prefetti e i procuratori della Roma imperiale, i missi dominici medievali. Fino all’illuminismo e alla Rivoluzione francese l’attività giudiziaria non fu separata dagli altri poteri dello stato: i feudatari nel medioevo e i re assoluti in età moderna assommavano in sé i diversi poteri. Oltre alla separazione dei poteri, la civiltà illuministica introdusse il principio moderno dell’uguaglianza dei cittadini, che eliminò le giustizie separate dei singoli ceti (foro ecclesiastico per il clero, foro nobiliare per l’aristocrazia, tribunali comuni per il terzo stato). Furono progressivamente introdotti o incrementati anche i diritti della difesa e la possibilità del condannato di ricorrere a giudizi di seconda istanza (corti d’appello). La giurisdizione si articola in ordinaria (civile e penale), amministrativa, contabile, militare e tributaria e nell’Italia odierna ogni articolazione è assegnata, dalla Costituzione, a organi specifici. Essi sono la magistratura ordinaria (giustizia ordinaria), il Consiglio di Stato e i Tribunali amministravi regionali (giustizia amministrativa), la Corte dei Conti (giustizia contabile), i Tribunali, le Corti e le Procure militari (giustizia militare) e le commissioni tributarie (giustizia tributaria). I magistrati ordinari si dividono in giudicanti e inquirenti e l’unità o divisione delle loro carriere è stata recentemente oggetto di dibattito politico e di referendum. La magistratura ordinaria si divide in diversi livelli, che vanno dai giudici di pace, ai tribunali, alle corti di appello, di cassazione e di assise. Il compito di predisporre l’organizzazione e il funzionamento dei servizi necessari all’esercizio della giurisdizione spetta al ministro della Giustizia. L’autonomia della magistratura dagli altri poteri dello stato è assicurata dal suo autogoverno, esercitato attraverso il Consiglio Superiore della Magistratura (CSM, presieduto dal capo dello Stato e non subordinato ad alcun altro potere) e dall’inamovibilità dei giudici. Una recente legge costituzionale (n° 2 del 1999) ha stabilito le regole necessarie per assicurare il “giusto processo”, come l’effettivo equilibrio tra accusa e difesa e l’effettiva imparzialità del giudice giudicante, la riservatezza dell’informazione di garanzia all’accusato, la ragionevole durata dei processi.

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