consumismo

Comportamento di consumo che, lungi dall’essere commisurato a bisogni, pur culturalmente definiti, di sopravvivenza e di decoro, risponde a bisogni di natura psicologica e socioculturale ben oltre la soglia della sopravvivenza: bisogni che sono in grande misura definiti e manipolati dall’industria dei consumi di massa e dall’industria culturale e la cui soddisfazione, promessa implicitamente a tutti, è consentita da elevati livelli di benessere. La diffusione nella popolazione di questo modello di consumo compare già nell’anteguerra negli Stati Uniti d’America e poi, a partire dagli anni Sessanta, in Europa. Esso è favorito dallo sviluppo della produzione di massa, dall’espansione delle classi medie, dallo sviluppo dei mass media, dalla penetrazione capillare della pubblicità e delle tecniche di marketing, dalla diffusione delle mode. Rispetto al fenomeno dell’espansione dei consumi di massa, che ne è la base, il consumismo aggiunge alcuni tratti culturali e ideologici che hanno provocato reazioni sociali e intellettuali. In primo luogo, nel consumismo è stata ravvisata un’eccessiva penetrazione della logica commerciale e utilitaria in molte sfere della vita privata e di quella pubblica, con conseguenti effetti di contaminazione morale e civile. In secondo luogo, il consumismo è stato ritenuto responsabile della riduzione dei bisogni ai consumi. In terzo luogo, a esso sono state addebitate nuove forme di estraniazione e di alienazione non meno gravi di quelle che da Marx venivano attribuite ai rapporti di produzione. Nel complesso i diversi orientamenti critici convergono nel mettere in rilievo le funzioni di manipolazione ideologica, di controllo sociale e di integrazione nel sistema dominante assicurate dal consumismo in virtù sia dell’occultamento della disuguaglianza e delle fonti di conflitto sociale, sia dell’opera di incanalamento e manipolazione della creatività e della critica collettive. [Paolo Ceri]