La seconda guerra persiana

Grecia antica Le guerre persiane

Rientrato in possesso di Chio, di Lesbo e dell’Ellesponto, nel 492 a.C. Dario inviò il generale Mardonio in Tracia per una prima spedizione punitiva contro gli insorti. I successi furono vanificati da un improvviso attacco dei traci brigi, mentre gran parte della flotta andò perduta nella circumnavigazione dell’Athos. Dopo un anno di preparativi, nella primavera del 490 a.C. Dario inviò in Grecia una seconda grande spedizione punitiva, che raggiunse le Cicladi, l’Eubea e l’Attica. Nasso fu distrutta, le Cicladi si sottomisero, Eretria fu conquistata e data alle fiamme. Ma la grande armata persiana fu fermata a Maratona, nella parte nord-orientale dell’Attica, dall’esercito oplitico ateniese al comando del polemarco Callimaco e dei dieci strateghi, fra i quali si distinse Milziade. Fu una grande vittoria della tattica oplitica: caddero solo 192 ateniesi contro 6400 persiani. Invano la flotta nemica cercò di cogliere di sorpresa Atene sguarnita di uomini, doppiando il capo Sunion: avvertito tempestivamente, l’esercito ateniese costrinse i persiani a prendere la via del ritorno. L’anno successivo una spedizione di Milziade nelle Cicladi occidentali incontrò la resistenza della medizzante Paro e portò alla condanna del vincitore di Maratona (489 a.C.). Costretto al pagamento di un’enorme ammenda, questi morì di lì a poco, mentre si apriva per Atene un altro disastroso conflitto, quello con Egina, all’epoca grande potenza navale (488 a.C.). In quei frangenti riuscì a rinforzare il suo prestigio Temistocle, già arconte nel 493 a.C.: homo novus privo dell’appoggio delle tradizionali eteríe aristocratiche, impostò la sua carriera politica sul sostegno del popolo e fu probabilmente il promotore di una riforma costituzionale ricordata da Aristotele, che mirava al potenziamento della capacità militare ateniese (487-86 a.C.). Nell’ambito di questo progetto va letto anche il riarmo e il potenziamento della flotta, finalizzati innanzitutto a risolvere il conflitto con Egina: secondo Aristotele, furono costruite cento nuove navi da guerra grazie al finanziamento da parte dello stato (483-82 a.C.). Così Atene divenne la principale potenza navale, che alla fine degli anni Ottanta possedeva, secondo Erodoto, circa duecento triremi. Intanto sul trono degli Achemenidi era succeduto a Dario il figlio Serse, che voleva effettuare una spedizione punitiva, diretta questa volta contro la Grecia intera. Dopo lunghi preparativi, nel giugno del 480 a.C., il grande esercito di Serse, affiancato e sostenuto dalla flotta, varcò l’Ellesponto. Sotto la minaccia persiana gli stati greci proclamarono una pace generale e furono richiamati in patria gli esuli politici. Mentre la duplice armata persiana avanzava in Macedonia e Tessaglia, l’esercito greco, sotto la guida degli spartani, si attestò alle Termopili. Difendevano lo stretto varco tra il mare e le pendici dell’Eta 4000 opliti al comando del re Leonida, coadiuvati da focesi, locresi e beoti, mentre la flotta greca appostata presso l’Artemisio, sulla costa settentrionale dell’Eubea, infliggeva al nemico gravi perdite. Nonostante l’eroica resistenza dei lacedemoni, i persiani riuscirono ad avere la meglio: restarono sul campo 4000 greci e ben 400 spartiati con il loro re, mentre focesi, beoti e locresi opunzi, presi dal panico, defezionavano. Alla notizia di tale disfatta, Atene fu abbandonata alle devastazioni dei persiani, mentre la flotta greca si pose in ordine di battaglia nei pressi di Salamina, dove avvenne lo scontro con l’armata avversaria: la flotta greca riuscì a sospingere quella persiana verso il Falero, procurandole gravissime perdite (settembre 480 a.C.). La battaglia di Salamina fu esaltata come una vittoria decisiva per l’esito complessivo delle guerre persiane, a cominciare dai Persiani di Eschilo, mentre, in effetti, la forza dell’esercito persiano non era stata scalfita, tanto è vero che esso fu ricondotto da Serse in Tessaglia e affidato al generale Mardonio, in previsione di un nuovo attacco terrestre; bisogna riconoscere però l’importanza di questa vittoria dal punto di vista strategico, in quanto infliggeva un duro colpo al progetto d’invasione persiano, fondato sull’interazione dell’esercito con la forza navale. Nella primavera dell’anno successivo (479 a.C.) Mardonio invase la Beozia e diede fuoco ad Atene. Poi le forze peloponnesiache, insieme a quelle di Atene, Megara e Platea, affrontarono in Beozia gli effettivi almeno doppi dell’esercito persiano, riuscendo alla fine a travolgerlo vicino a Platea, grazie a un contrattacco guidato dal reggente spartano Pausania. Questa vittoria fu celebrata splendidamente, come testimoniano i monumenti rimasti; la medizzante Tebe fu punita e la lega beotica fu sciolta. Intanto la flotta greca si muoveva in soccorso degli ioni desiderosi di liberarsi dei superstiti tiranni filopersiani che ancora li governavano. Nell’agosto del 479 a.C. le navi fenicie, che erano state tratte in secco nei pressi del promontorio di Micale di fronte a Samo, furono oggetto di un attacco a sorpresa da parte dei greci e date alle fiamme. Di conseguenza, come dice Erodoto, “la Ionia si ribellò ai persiani una seconda volta” e abbatté dappertutto le residue tirannidi; seguì la decisione di ammettere nella lega ellenica le grandi isole dell’Egeo: Samo, Chio e Lesbo. Fu una prima, anche se ancora parziale, vittoria diplomatica di Atene, che si erigeva ormai a madrepatria e protettrice degli ioni contro il barbaro, mentre Sparta, angustiata da problemi strutturali e costituzionali che le rendevano impossibile la continuazione del conflitto oltremare, desiderava ormai chiudere la guerra con i persiani. Così, all’inizio dell’autunno 479 a.C., i peloponnesi se ne ritornarono in patria, mentre gli ateniesi, passando dal versante asiatico a quello europeo, proseguirono la guerra di liberazione. Nell’anno seguente (478 a.C.) la crescita di potere e di prestigio della democratica Atene non poteva non preoccupare la dirigenza spartana, che invano tentò d’impedirle la ricostruzione delle mura abbattute dai persiani e il completamento del nuovo porto militare del Pireo. Intanto in Asia il rapporto degli ioni delle isole con gli spartani andava deteriorandosi a tal punto che nella primavera successiva (477 a.C.) il passaggio delle consegne tra Sparta e Atene era ormai un fatto compiuto. Atene si pose allora alla testa di una nuova alleanza, la cosiddetta lega delio-attica, comprendente come alleati, oltre alle isole dell’Egeo, anche gli ioni del continente asiatico e gli altri greci liberatisi nel frattempo dal barbaro. Gli ateniesi stabilirono quali degli alleati dovessero contribuire con denaro e quali con navi, in proporzione alle risorse di cui ognuno disponeva. Fu inoltre istituita la carica degli ellenotami, formata annualmente da cittadini ateniesi. Come sede del tesoro e delle riunioni del consiglio federale fu scelta Delo, l’isola sede del santuario di Apollo, tradizionale meta dei pellegrinaggi delle città ioniche.