Carta della regione siro-palestinese nel IX secolo a.C., con i regni di Israele e di Giuda

Israele Il regno di Giuda fino alla conquista babilonese (587 a.C.)

Di fronte alla dominazione assira l’atteggiamento dei sovrani del regno di Giuda oscillò fra l’accettazione della condizione di vassallaggio, nella speranza di evitare così la conquista vera e propria e la riduzione al rango di provincia, e il tentativo di approfittare dei momenti di relativa difficoltà dei dominatori per riconquistare, anche attraverso l’appoggio egiziano, una certa libertà. Achaz, re di Giuda al momento del crollo d’Israele, accettò, come segno di sottomissione, il pagamento del tributo e l’introduzione del culto assiro a Gerusalemme (accanto a quello di Jahweh). Durante il regno di Ezechia si registrò invece un forte risveglio della coscienza nazionale. In questo contesto si inserì la riforma del culto operata dal sovrano, volta a eliminare dalla religione israelitica ogni elemento spurio, comprese le influenze assire. Il regno di Giuda tentò per due volte (nel 720 e nel 701) di ribellarsi alla potenza egemone e di riconquistare la piena indipendenza, ma in entrambi i casi dovette ribadire la sua sottomissione, perdendo quasi tutti i territori a eccezione della capitale. A trarre vantaggio da questo riassestamento furono le città filistee, che vennero ricompensate dagli assiri a scapito del regno ribelle. I successivi regni di Manasse (686-42) e di Amon (642-40) rappresentarono quindi un periodo di ripiegamento e di ribadita fedeltà agli assiri, che fruttò al regno di Giuda la restituzione dei territori precedentemente perduti. Un ultimo, deciso tentativo di liberarsi dalla condizione di sottomissione e di porsi come punto di riferimento di tutto il mondo ebraico fu compiuto da Giosia (640-609). Furono però i babilonesi a dimostrarsi ben presto i veri eredi degli assiri in Palestina: dopo una prima imposizione del tributo al regno di Giuda, nel 597 Gerusalemme, a seguito di una ribellione, fu conquistata da Nabucodonosor II. Seguì una prima deportazione, che coinvolse soprattutto la classe dirigente del paese: la famiglia reale, sacerdoti, profeti, funzionari e artigiani specializzati. Nel 589 a una nuova ribellione guidata dallo stesso re Sedecia (precedentemente imposto da Nabucodonosor) i babilonesi risposero con maggior durezza. Gerusalemme cadde nel 587 dopo due anni di assedio: la città venne allora data alle fiamme, il tempio e il palazzo reale furono distrutti, lo stesso Sedecia venne accecato e deportato a Babilonia. Si apriva per la Palestina un cinquantennio di predominio babilonese, che fu segnato da una grave crisi demografica, economica e sociale.