Gli Olmechi e i Maya

precolombiane, civiltà La Mesoamerica: periodo preclassico e classico. I maya

La storia della civiltà mesoamericana inizia intorno al 3000 a.C., quando si realizzò il passaggio da un’economia nomade a un’agricoltura fondata sulla coltivazione del mais. Essa può essere suddivisa in tre periodi: 1) preclassico (dal XIV secolo a.C. al III secolo d.C.), caratterizzato dalla civiltà olmeca; 2) classico (dal III al IX secolo), con la fioritura della civiltà maya, ma anche di Teotihuacán, degli zapotechi e dei totonachi; 3) postclassico (dal IX secolo alla conquista spagnola), prima con la civiltà tolteca (X secolo), poi con l’azteca (XIV secolo). Nel periodo preclassico, ulteriormente suddiviso nei sottoperiodi di Zacatenco e Ticomán (dal nome di due località di scavo), ovvero preclassico inferiore e superiore, accanto all’agricoltura si ebbe lo sviluppo di un artigianato specializzato, soprattutto nei campi della lavorazione della ceramica e delle sculture in pietra. Al preclassico superiore risale la prima piramide in pietra (a Cuicuilco, presso Città del Messico). Il più alto livello di civiltà del periodo fu raggiunto dalla cultura olmeca, fiorita lungo la costa del golfo del Messico, al confine con lo Yucatán, nelle regioni di Veracruz e Tabasco. L’arte olmeca, di notevole qualità, particolarmente nella scultura in pietra (sono celebri le colossali teste monolitiche) e in giada, ebbe duratura influenza sulla successiva civiltà maya. Agli olmechi risale anche il sistema calendariale preciso e complesso ereditato dai maya. Nel periodo classico, caratterizzato da un raffinamento ulteriore della qualità della produzione artistica e artigianale, dall’evoluzione dei sistemi di scrittura in senso ideografico, dalla crescente complessità della religione e dall’aumentato peso della casta sacerdotale, si svilupparono e differenziarono molteplici culture: di Teotihuacán (dove fu edificata la piramide del Sole, la più grande d’America, a base quadrata con lato di 220 metri e altezza di 63 metri) nella valle del Messico, degli zapotechi nell’Oaxaca, dei totonachi nel Veracruz e, la più importante, dei maya nel Messico meridionale e nel Guatemala. La civiltà maya si sviluppò nel III secolo e declinò nel IX, quando in seguito a una migrazione nello Yucatán, le cui cause sono ignote, la popolazione maya fu assoggettata dai toltechi, che ne assimilarono in misura rilevante la cultura. L’organizzazione economica dei maya si fondava su un’agricoltura rudimentale, sufficiente per la sopravvivenza della popolazione solo per la scarsa densità demografica della regione. Priva delle contemporanee tecniche europee della rotazione delle colture e dell’uso dell’aratro e degli animali da tiro, essa utilizzava la tecnica del taglio-fuoco: dopo l’abbattimento di zone boschive, gli alberi venivano bruciati per ricavarne cenere fertilizzante; i campi così preparati erano seminati (con bastoni da scavo) a mais o legumi, che fornivano i principali ingredienti dell’alimentazione, basata su focacce e bevande di farina, miele e acqua. Lo sfruttamento irrazionale del suolo, che spesso ne provocava la rapida sterilizzazione, costrinse la popolazione a continue migrazioni, alla ricerca di nuove terre fertili. La società maya si articolava in comunità agricole, che possedevano in comune la terra, la quale veniva redistribuita ogni tre anni tra le varie famiglie. Le comunità agricole si aggregavano politicamente intorno alle città stato, abitate dalla nobiltà e dalla casta sacerdotale e abbellite da piramidi e splendidi palazzi. Le città – tra le più importanti Chichén Itzá, Copán, Tikal e Uxmal – erano anche sedi delle feste religiose e degli scambi commerciali. Al vertice della società, stratificata in caste, erano il sovrano della città, ereditario, i nobili e i sacerdoti, che costituivano l’élite dominante; alla base, i mercanti e i lavoratori. Le cariche militari, amministrative, esecutive e giudiziarie erano assegnate dal capo della città ai nobili, ai quali era affidato anche il comando delle città assoggettate e dei villaggi. I sacerdoti erano custodi della religione e ministri del culto, depositari del sapere ed educatori della nobiltà. La religione era politeistica e gli dei rappresentavano le forze della natura e le principali conquiste della civiltà maya. La divinità suprema era Urakán, signore del cielo, delle acque e dei fulmini; suo figlio Itzamna, particolarmente caro ai ceti popolari, era l’amico dell’uomo, da lui stesso creato dal mais, al quale aveva insegnato la scrittura e le arti della sopravvivenza; le altre divinità minori incarnavano la perenne lotta del bene contro il male. All’anima umana, anch’essa impegnata nel conflitto tra bene e male, si prospettava il destino di un paradiso di gioie o di un inferno di eterne sofferenze. Anche il tempo, di cui i maya avevano una nozione precisa e complessa, era considerato una divinità e una sua particolare scansione, il Katun (= ventennio), era l’unità di misura di una concezione ciclica e fatalistica della storia. Il culto consisteva essenzialmente in riti propiziatori. Il sapere, di cui i sacerdoti erano i depositari e trasmettitori, aveva le massime espressioni nell’astronomia, nel complesso calendario, che regolava la vita economica e sociale con la divisione dei 365 giorni dell’anno solare in fasti e nefasti, nella matematica, nell’architettura monumentale (templi, piramidi) e nella medicina. I mercanti, distributori soprattutto di gioielli di giada e mantelli di cotone ricamati, operavano gli scambi con un primitivo sistema monetario fondato sui semi di cacao. Alla base della società maya erano i lavoratori, divisi in contadini, costruttori di piramidi e di edifici cittadini, e schiavi (prigionieri di guerra, criminali, bambini venduti da famiglie in miseria), che dovevano sobbarcarsi i lavori più pesanti.