La Russia dopo la pace di Brest-Litovsk (1918)

Russia La guerra mondiale, le rivoluzioni del 1917, la vittoria dei bolscevichi e la formazione dell’URSS

Scoppiata la prima guerra mondiale nell’agosto 1914, in conseguenza dell’attacco austriaco alla Serbia, di cui la Russia si erigeva a protettrice, quest’ultima intervenne nel conflitto in condizioni di grave inferiorità militare, dovuta anzitutto alla sua arretratezza industriale. Se ottennero successi contro gli austroungarici, nel 1915 i russi subirono disastrose sconfitte nelle battaglie di Tannenberg e dei Laghi Masuri a opera dei tedeschi. Come già nel 1905 anche nel 1917 le sconfitte, trasformatesi in disgregazione militare, aprirono la strada alla rivoluzione politica e sociale. Questa – la rivoluzione di febbraio – ebbe inizio il 23-24 febbraio (secondo il calendario russo e 8-9 marzo secondo quello occidentale, adottato anche in Russia nel febbraio 1818) a Pietrogrado, dove si formò un soviet degli operai e dei soldati. Il 2 (15) marzo seguì l’abdicazione dello zar in favore del fratello, il granduca Michele. Poiché questi, tuttavia, rifiutò la corona, venne definitivamente estromessa, dopo secoli di dominio, la dinastia dei Romanov e l’impero si trasformò di fatto in una repubblica. Il potere fu diviso fra il governo “provvisorio” (in attesa, cioè dei deliberati di una futura assemblea costituente), dominato da aristocratici e borghesi di orientamento liberale, fra cui il principe Georgij E. L´vov e lo storico Pavel N. Miljukov, e il soviet, in cui facevano sentire la loro influenza i socialrivoluzionari, i bolscevichi e i menscevichi. Nelle campagne si diffuse la rivoluzione agraria. In aprile Lenin, tornato dall’esilio, esortò il soviet a prendere tutto il potere, ponendo, contro la linea ancora prevalente nelle stesse file rivoluzionarie, gli obiettivi della pace immediata e della “terra ai contadini”. Un’offensiva militare contro i tedeschi, lanciata in giugno e decisamente avversata dai bolscevichi, fallì completamente. In luglio il governo, guidato dal socialrivoluzionario Aleksandr Kerenskij, condusse allora una dura repressione contro i bolscevichi accusati di tradimento. In una situazione di disfacimento militare e di crollo del fronte, si fece strada un tentativo controrivoluzionario diretto dal generale Lvar Kornilov, fronteggiato con successo da Kerenskij ora appoggiato dai bolscevichi. In settembre i bolscevichi, che godevano della superiorità della loro organizzazione centralizzata in una condizione di caos crescente e potevano ormai contare su circa 250.000 iscritti, ottennero la maggioranza nei soviet di Pietrogrado, di cui divenne presidente Trockij, unitosi in agosto ai bolscevichi, e di Mosca e rafforzarono il loro consenso fra gli operai e i soldati. In ottobre Lenin si orientò decisamente per l’insurrezione e il 24-25 ottobre (6-7 novembre), con l’opposizione di Grigorij Zinov´ev e Lev Kamenev, i bolscevichi presero il potere, costituendo un governo di “commissari del popolo”, presieduto da Lenin e appoggiato dai soli socialrivoluzionari di sinistra. Fu questa la rivoluzione d’Ottobre. Dopo che l’elezione dell’Assemblea costituente, cui spettava di decidere del futuro politico e istituzionale del paese, ebbe segnato una grave disfatta elettorale per i bolscevichi, Lenin il 18 gennaio 1918 fece sciogliere l’Assemblea stessa, accusandola di essere una roccaforte della borghesia. Gli avversari del bolscevismo denunciarono questa misura come il divorzio definitivo fra bolscevismo e democrazia e la rivoluzione d’Ottobre come un colpo di stato. Poco dopo, il 3 marzo, la Russia sovietica, per salvare il regime, firmò la pace di Brest-Litovsk con la Germania, che impose durissime condizioni. L’opposizione alla pace indusse i socialrivoluzionari di sinistra ad abbandonare il governo, così che i bolscevichi poterono instaurare il loro monopolio di potere. Contro tutte le aspettative, i bolscevichi riuscirono a consolidare il proprio dominio. La rivoluzione internazionale su cui essi avevano contato, anche per poter ottenere gli aiuti necessari a superare l’arretratezza economica dell’ex impero, non avvenne e la Russia sovietica si trovò in uno stato di completo isolamento. Nel corso del 1918-19 i comunisti stabilirono la “dittatura del proletariato”, che in realtà era la dittatura del loro partito, eliminando dalla scena politica tutti gli altri partiti e scatenando un regime di terrore rosso contro gli oppositori, di cui divenne strumento fondamentale la Ceka creata nel dicembre 1917. Lo zar e i membri della sua famiglia furono uccisi a Ekaterinburg nel luglio del 1918. Vennero così poste le basi di un regime totalitario (totalitarismo). Scoppiata la guerra civile nel 1918, l’Armata rossa, di cui fu grande organizzatore Trockij, sconfisse i controrivoluzionari “bianchi” e le truppe straniere che li sostenevano, ottenendo una piena vittoria nel 1921. Tale vittoria fu favorita in maniera sostanziale dal timore dei contadini che un successo dei “bianchi” portasse al ristabilimento del potere dei grandi proprietari espropriati. Per contro i bolscevichi subirono nell’agosto 1920 una disfatta alle porte di Varsavia, dopo iniziali vittorie, nella guerra contro la Polonia, condotta con la speranza di poter attivare la rivoluzione nell’Europa centro-occidentale. Nel 1918 l’economia era stata posta sotto il controllo dello stato, nel quadro di un processo generalizzato di nazionalizzazioni. Il fallimento del “comunismo di guerra” – che aveva determinato il razionamento delle scarsissime risorse in un contesto di spaventosa miseria, portato alla confisca forzata dei prodotti agricoli nelle campagne e provocato il collasso della produzione con una conseguente terribile carestia – e il crescere delle tensioni interne – culminate in scioperi operai e nell’insurrezione della base navale di Kronstadt, sanguinosamente repressa – produssero una svolta energicamente patrocinata da Lenin. Al X congresso del Partito del marzo 1921 da un lato fu introdotto il monolitismo all’interno del partito, così da rafforzare la dittatura e consolidare il potere dei suoi capi, dall’altro fu varata la Nuova Politica Economica (NEP), che, pur lasciando nelle mani dello stato il controllo dell’economia, riconsegnò ai privati i settori medio-piccoli dell’economia sia industriale sia agraria. Nel 1922, dopo che nel 1918 aveva preso vita la Repubblica socialista sovietica russa, venne formalmente costituita l’Unione delle repubbliche socialiste sovietiche (URSS). Mentre Lenin, colpito dalla malattia che lo avrebbe condotto alla morte nel gennaio del 1924, era ridotto ai margini dell’attività politica, nel 1923 il gruppo dirigente sovietico, composto da Trockij, Zinov’ev, Kamenev, Nikolaj Bucharin e Josif V. Dzusgavili detto Stalin, entrò in un periodo di accesi conflitti interni, che avevano per oggetto le basi politiche e sociali dello stato, il ruolo del partito, il modello di sviluppo economico, il centralismo burocratico, i nessi fra dittatura e democrazia, il rapporto fra Rivoluzione russa e rivoluzione internazionale. Questi contrasti videro come maggiori protagonisti Trockij, favorevole al rilancio della rivoluzione internazionale e a una industrializzazione accelerata, e Stalin, convinto dell’irrealtà di un rilancio prossimo della rivoluzione in Occidente e deciso a costruire con le sole forze della Russia un potente stato socialista (“teoria del socialismo in un paese solo”). Alla fine del 1927 Stalin aveva vinto completamente la lotta per il potere. Trockij fu esiliato e Zinov’ev e Kamenev emarginati.