Possedimenti degli Stati Uniti all’inizio del XX secolo

Stati Uniti d’America Dalla “ricostruzione” alla guerra con la Spagna

La vittoria del nord pose fine alla secessione. Al tempo stesso ricostituì l’Unione sulla base di un nuovo nazionalismo e diede libero corso allo sviluppo capitalistico, tanto che nel quarantennio successivo gli Stati Uniti si posero alla testa del capitalismo mondiale. In politica interna, la ricostruzione politica del paese dopo l’assassinio di Lincoln fu assai travagliata. Il presidente Andrew Johnson mise in atto una politica moderata che, pur abolita la schiavitù, comportava negli stati del sud una sorta di restaurazione del potere tradizionale dei bianchi. Nel 1866 aveva fatto la sua comparsa il Ku Klux Klan, un’organizzazione segreta diretta a mantenere i neri in uno stato di emarginazione mediante la violenza. Al programma di Johnson reagì la maggioranza radicale del Congresso, che impose leggi favorevoli all’integrazione politica dei neri; ma questa tendenza venne contrastata e infine rovesciata nel corso degli anni Settanta, durante le presidenze di Ulysses S. Grant (1869-77) e di Rutheford B. Hayes (1877-81), così che il Partito democratico poté costruire nel sud un rinnovato sistema di segregazione civile e politica dei neri, destinato a durare per quasi un secolo. La guida politica del paese si trovava saldamente nelle mani da un lato del Partito democratico, che aveva il suo centro politico nel sud agrario e antiprotezionista, e dall’altro del Partito repubblicano, dominato dagli industriali e dagli affaristi del nord. Il predominio politico del secondo, radicato nella guerra civile, ebbe fine nel 1884 con la vittoria del democratico Grover Cleveland (1885-89), il quale invano cercò di ottenere la revisione delle tariffe doganali. Il suo successore, il repubblicano Benjamin Harrison (1889-93), ribadì l’indirizzo protezionistico. L’approvazione nel 1890 dello Sherman Anti-Trust Act, volto a contrastare il monopolismo industriale, rimase senza sostanziali effetti ed ebbe più che altro il carattere della consapevolezza della protesta emergente in ampi strati popolari contro la “dittatura” del mondo degli affari. Il trentennio seguente la guerra di secessione vide proseguire e completarsi la colonizzazione dei territori a ovest del Missouri, con la definitiva cacciata degli indiani, accompagnata da stermini e dalla loro collocazione in “riserve”. L’economia dell’allevamento in grande stile, che ebbe il suo centro nel Texas, divenne una delle maggiori risorse del paese. Gli immensi spazi dell’Unione furono collegati dalla più imponente rete ferroviaria del mondo, che a fine secolo aveva raggiunto le 190.000 miglia. Ricchissimi di risorse di ogni genere, gli Stati Uniti conobbero un tale impulso nell’industrializzazione da collocarli al primo posto nel mondo agli inizi del Novecento. Tra XIX e XX secolo emersero vere e proprie dinastie di “eroi del capitalismo”, come i “baroni delle ferrovie” J. Gould, C. Vanderbilt, J. Hill, i “re dell’acciaio” A. Carnegie e J.P. Morgan, il “re del petrolio” J.D. Rockefeller, la cui influenza sui governi era schiacciante. L’impressionante crescita economica favoriva le applicazioni scientifiche e lo sviluppo tecnologico. Si aprì l’era dell’aratro d’acciaio, della mietitrice-trebbiatrice meccanica, del telefono di Bell, della macchina per scrivere, delle scoperte in campo elettrico e della lampada di T. Edison, della prima automobile a motore a scoppio di Ford (1893). Terra di grandi opportunità di lavoro e di ascesa sociale, più che mai gli Stati Uniti furono meta di grandi ondate di immigrazione dall’Europa, tanto che si calcola che a fine secolo su 76 milioni di abitanti, 10 erano nati fuori dai confini e 26 erano figli di immigrati. La richiesta di un ordinamento democratico più sensibile agli interessi popolari e agli ideali della giustizia sociale trovò la sua espressione nel 1892 nel programma del Partito populista, diretto da William J. Bryan, il quale fu però sconfitto alle elezioni del 1896 dal repubblicano William McKinley (1897-1901). Negli Stati Uniti la lotta contro lo strapotere delle oligarchie dominanti aveva quale obiettivo non già l’abolizione della proprietà privata e il socialismo, come invece in Europa, ma una democrazia più aperta e tale da favorire la mobilità sociale. Se il socialismo restò una forza secondaria, importante fu invece la crescita dei sindacati. Nel 1886 Samuel Gompers fondò l’American Federation of Labor (AFL) come sindacato degli operai qualificati. La lotta di classe scoppiò in varie occasioni anche violenta, andando incontro a dure repressioni, non di rado sanguinose. Durante l’amministrazione McKinley, gli Stati Uniti iniziarono una politica apertamente espansionistica. Nel 1867 avevano acquistato dalla Russia l’Alaska. Ma essi erano ansiosi di misurarsi con il moribondo impero spagnolo, mirando a Cuba, grande produttrice di zucchero. Nel febbraio 1898 scoppiò la guerra; e gli spagnoli furono completamente battuti. La pace di Parigi (dicembre 1898) fece di Cuba un protettorato degli Stati Uniti e delle Filippine e di Portorico loro domini. Poco dopo essi ottennero dalle potenze europee il pieno riconoscimento dei propri interessi economici in Cina.