L'Impero commerciale olandese nel 1650

commercio L’età moderna

L’incremento commerciale nei secoli XII-XV fu il prodotto di un insieme di fattori concomitanti quali la ripresa delle città, la maggiore produzione di beni, l’allargamento della rete delle comunicazioni sia per terra sia per mare e il miglioramento delle tecniche di pagamento. Accanto alle repubbliche marinare una funzione di primato commerciale ebbe nell’Europa settentrionale, a cavallo tra la fine del medioevo e l’inizio dell’età moderna, la Lega delle città anseatiche, tra cui facevano spicco Lubecca e Amburgo, che inserirono la Russia nei circuiti di scambio. Il commercio non marittimo aveva i suoi centri principali nelle fiere, le maggiori delle quali avevano sede in Francia. L’espansione ottomana rese sempre più difficili le rotte commerciali con l’Oriente. Di qui la spinta dei paesi europei occidentali a cercare nuove rotte per raggiungere l’Estremo Oriente, la quale fu alla base delle grandi navigazioni e delle scoperte geografiche promosse principalmente da Portogallo e Spagna e culminate nel 1486, quando venne doppiato il Capo di Buona Speranza, e nel 1492, quando fu scoperta l’America. Ne derivò una rivoluzione che avrebbe avuto come suo effetto nel tempo di spostare, seppure relativamente, il centro del commercio marittimo dal Mediterraneo all’Atlantico in concomitanza con la formazione, a partire dal XVI secolo a opera di Portogallo, Spagna, Inghilterra, Paesi Bassi e Francia, di grandi imperi extraeuropei che per certi aspetti possono essere definiti commerciali, rivolti sì a sviluppare i traffici ma anche a stabilire delle limitazioni e persino dei monopoli nazionali nei rapporti tra colonie e madrepatria. Straordinaria divenne nei secoli XVI e XVII la potenza commerciale olandese. Per favorire il commercio le grandi monarchie costituirono delle compagnie protette dallo stato. I contrasti legati agli interessi commerciali diventarono uno dei maggiori motivi delle guerre tra gli stati. L’esigenza di disporre nelle piantagioni americane e asiatiche di forza lavoro a basso costo su vasta scala ebbe come conseguenza l’incremento del commercio degli schiavi neri, che a partire dalla fine del XV secolo andò crescendo a dismisura e venne praticato da inglesi, olandesi, spagnoli, portoghesi e francesi. Il desiderio dei singoli stati di evitare una bilancia commerciale sfavorevole portò nel XVII secolo al diffondersi delle dottrine mercantilistiche, secondo le quali era indispensabile che le esportazioni verso un altro paese superassero le importazioni, mettendo in atto politiche protezionistiche e rivolte a favorire l’afflusso dei metalli preziosi e a limitarne la fuoriuscita. Il mercantilismo e il protezionismo vennero criticati teoricamente nella seconda metà del XVIII secolo dalle dottrine, esposte anzitutto da A. Smith, favorevoli a incrementare la ricchezza delle nazioni mediante la libertà commerciale.