Benin

Stato attuale dell’Africa occidentale. Dal 1894 al novembre 1975 fu chiamato Dahomey; la sua denominazione venne poi mutata in repubblica popolare del Benin (in ricordo dell’antico regno del Benin, situato tuttavia prevalentemente in Nigeria). Sul suo territorio in epoca precoloniale si costituirono vari regni, che secondo la tradizione trassero origine, tra la fine del XVI e l’inizio del XVII secolo, dalla famiglia reale di Tado (Togo). Il primo a essere fondato sarebbe stato il regno di Allada, dal quale si sarebbero poi staccati alcuni membri della classe dirigente per fondare il regno di Dahomey (o Abomey) e il regno di Porto-Novo (sulla costa del Benin meridionale). Il regno di Allada divenne uno dei principali mercati della tratta degli schiavi, frequentato da portoghesi, francesi, inglesi e olandesi. Assunse tuttavia maggior rilievo il regno di Dahomey, che alla fine del XVII secolo si estese lungo la fascia meridionale fra il Benin e il Togo, togliendo al regno di Allada (conquistato nel 1724) il monopolio della tratta degli schiavi. La penetrazione francese venne attuata a partire dal 1851 attraverso la stipulazione di accordi commerciali con i sovrani locali: Ghezo, re del Dahomey, fra il 1863 e il 1878 concesse alla Francia il controllo della Costa degli Schiavi (nella zona vicina a Cotonou). Di qui ebbe poi inizio la progressiva occupazione della zona costiera da parte della Francia, che si concluse nel 1893 con la deposizione dell’ultimo sovrano di Dahomey, Behanzin, e con la perdita dell’indipendenza di questo regno africano. Nel 1899 il suo territorio divenne la colonia di Dahomey, ricompresa nel 1902 nell’Africa occidentale francese. Nel periodo coloniale il paese venne suddiviso in piccole regioni amministrative (cercles) dapprima affidate al governo di funzionari militari, poi civili. Come in tutta l’AOF, anche qui venne incrementata la cultura di prodotti agricoli (in particolare di palma da olio) finalizzati all’esportazione. Ciò avvenne prima e principalmente nella zona costiera, mentre nell’interno la produzione agricola poté svilupparsi solo dopo la costruzione della rete ferroviaria agli inizi del XX secolo e in forma più limitata. Amministrato dal 1904 da un governatore generale residente a Dakar (in Senegal), Territorio francese d’oltremare nel 1946, repubblica autonoma all’interno della Comunità francese nel 1958, il paese acquisì l’indipendenza il 1° agosto 1960 mantenendo il nome di Dahomey. I primi passi del nuovo stato furono segnati da una grave instabilità politica (cinque costituzioni e dieci presidenti fra il 1960 e il 1972), causata dai contrasti fra le etnie del nord e quelle della zona meridionale, dalla mancanza di quadri dirigenti sufficientemente preparati, dai limiti di un’economia di sfruttamento ereditata dalla fase coloniale e dalla mancanza di materie prime. Questa situazione determinò la progressiva e reciproca accentuazione degli effetti perversi della crisi economica, dell’instabilità e dello strapotere dei militari. Espressione del nord fu il primo presidente Hubert Maga, che instaurò un regime dittatoriale e venne abbattuto nell’ottobre 1963. Nel gennaio 1964 divenne presidente della repubblica S.A. Apithy, esponente delle etnie meridionali, che già nel novembre 1965 fu esautorato dal generale Soglo, anch’egli deposto da un nuovo golpe militare nel dicembre 1967. La situazione di grave crisi politica perdurò anche dopo la formazione di un governo civile nell’agosto 1968, mentre era presidente della repubblica E.D. Zinsou. Questi nel dicembre 1969 venne allontanato dai militari, che annullarono le elezioni presidenziali del marzo 1970. Dopo la formazione di un Consiglio presidenziale che prevedeva la rotazione della massima carica dello stato ogni due anni, si succedettero alla presidenza H. Maga, fino al 1972, e poi J. Ahomadegbé, destituito subito dopo l’assunzione dell’incarico dal maggiore Mathieu Ahmed Kérékou. Quest’ultimo riuscì, negli anni successivi, a garantire al paese una relativa stabilità politica e procedette alla sua trasformazione in una repubblica popolare di ispirazione marxista-leninista, dando vita a un regime monopartitico diretto dal Partito della rivoluzione popolare del Benin (PRPB). Nel 1975 la denominazione dello stato venne mutata in Benin: chiara espressione della volontà della nuova élite di sottolineare la preminenza delle zone settentrionali del paese rispetto a quelle meridionali (che erano state invece sede del regno di Dahomey). I più importanti settori dell’economia furono nazionalizzati e nel 1979 fu promulgata una nuova costituzione. Nel corso degli anni Ottanta tuttavia, nonostante il paese gravitasse sempre nell’orbita socialista e fosse schierato a fianco dei paesi africani più radicali quali la Libia, migliorarono i suoi rapporti con la Francia e l’Occidente, anche nel tentativo di ottenere gli aiuti necessari per far fronte alla grave situazione economica. Dopo l’allontanamento di Kérékou nel 1989, ebbe inizio un processo di relativa democratizzazione politica e di liberalizzazione economica: nel 1991 furono indette libere elezioni che portarono Nicéphore Soglo, orientato in senso nettamente filooccidentale, alla presidenza della repubblica. Quello che fu considerato un positivo modello di “perestroika” africana non riuscì però a risolvere la sempre più grave crisi economica di un paese privo di materie prime e quasi totalmente dipendente dall’esportazione di un solo prodotto, l’olio di palma, fortemente in ribasso sui mercati. Nel 1996 e nel 2001 Kérékou fu rieletto alla presidenza, ma, nel 1999, il partito di Soglo vinse le elezioni per l’Assemblea Nazionale. Tra la fine degli anni Novanta e l’inizio degli anni Duemila, la situazione del Paese continuò a essere turbata dall’instabilità politica ed economica. Nel 2006, le elezioni presidenziali furono vinte dall’economista Thomas Yayi Boni, il quale, riconfermato nel 2011, improntò la propria attività di governo all’insegna della lotta contro la corruzione e del rilancio economico.