Belgio

Stato attuale dell’Europa occidentale.

  1. L’antichità e il medioevo
  2. La dominazione asburgica
  3. Il periodo napoleonico e la costituzione del regno dei Paesi Bassi
  4. Il Belgio indipendente
  5. Dal secondo dopoguerra ai giorni nostri
1. L’antichità e il medioevo

Abitato in origine da popolazioni celtiche, il paese fu raggiunto intorno al IV secolo a.C. da popolazioni germaniche, che si mescolarono a quelle di origine celtica. Dopo notevoli resistenze, l’area fu assoggettata dai romani, che indicarono la Gallia settentrionale con il nome di Gallia Belgica. La regione fu suddivisa da Augusto e riorganizzata da Diocleziano in province. Il paese, sviluppatosi in epoca imperiale con la costruzione di strade e la bonifica di paludi, fu cristianizzato a partire dal IV secolo e vide il progressivo insediamento di franchi sali. Divenuto nel VI secolo parte dei regni della Neustria e dell’Austrasia, il territorio belga fu dominato dai maggiordomi di Héristal. In questo periodo si distinsero il dialetto fiammingo (di origine germanica e simile all’olandese) e quello vallone (affine al francese). Dopo il trattato di Verdun dell’843 il paese fu suddiviso tra Francia e Lotaringia, con il fiume Schelda come confine. Con il progressivo instaurarsi del regime feudale, il territorio subì un processo di graduale frammentazione che determinò la costituzione di signorie locali e si concluse solo dopo la riaggregazione del territorio attorno a due poli fondamentali: quello dell’Alta Lotaringia (Lorena) e quello della Bassa Lotaringia (Lothier). Nella Bassa Lotaringia, quasi corrispondente ai confini dell’attuale Belgio, si formarono fra l’XI e il XIV secolo i ducati di Lussemburgo, Limburgo e Brabante, oltre alle contee di Hainaut e di Namur e al vescovado di Liegi. Lo sviluppo dei comuni nel XIII e XIV secolo – in particolare quelli di Gand e Bruges – diede avvio all’affermazione dell’autonomia della Fiandra nei confronti della corona francese, che fu ribadita nel corso di numerose rivolte. La Fiandra, rimasta neutrale durante la guerra dei Cent’anni, diede inizio a un processo di integrazione politica che giunse, nel 1339, alla unificazione con il Brabante-Limburgo e l’Hainaut. Nel 1384 il territorio dell’attuale Belgio divenne parte del ducato di Borgogna, che nel 1435 riuscì a ottenere l’indipendenza dalla Francia grazie a Filippo III il Buono (1419-67). In questa fase allo sviluppo politico-economico della regione corrispose una notevole crescita culturale (il cosiddetto “Rinascimento belga”), come testimonia la creazione, nel 1425, dell’Università di Lovanio, che contribuì all’affermazione dell’indipendenza fiamminga dalla Borgogna sino alla concessione del “Grande Privilegio”. Il matrimonio di Maria di Borgogna, figlia di Carlo il Temerario, con Massimiliano d’Austria (il futuro imperatore Massimiliano I), determinò il passaggio del regno dei “Paesi Bassi” alla dinastia degli Asburgo.

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2. La dominazione asburgica

Grazie alle nuove acquisizioni territoriali di Carlo V (1519-56), le province dei Paesi Bassi divennero diciassette. Nel 1549 l’imperatore stabilì che i Paesi Bassi avrebbero fatto parte dei territori del regno di Spagna e per questo motivo furono sottoposti a Filippo II, la cui politica, ostile alla concessione dell’autonomia, provocò l’insorgere di sentimenti nazionali che sfociarono nell’aperta ribellione, iniziata nel 1566. Dopo la diffusione della Riforma protestante nel nord, il paese si divise: le sette province settentrionali costituirono le Province Unite dei Paesi Bassi (1579) mentre quelle meridionali, di religione cattolica, costituirono i Paesi Bassi spagnoli (corrispondenti all’attuale Belgio). Teatro di scontri durante la guerra dei Trent’anni e le guerre condotte da Luigi XIV, molti territori dei Paesi Bassi spagnoli furono conquistati dal sovrano francese sino a quando, dopo la guerra di Successione spagnola e con i trattati di Utrecht (1713) e Rastadt (1714), furono sottoposti alla sovranità austriaca. Nel corso del Settecento la regione, dominata sempre dagli Asburgo (tranne la breve parentesi durante la guerra di Successione austriaca tra il 1745 e il 1748) conobbe una fase di relativa crescita economica, grazie anche alle riforme introdotte da Giuseppe II.

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3. Il periodo napoleonico e la costituzione del regno dei Paesi Bassi

Nel 1789, dopo la rivoluzione del Brabante, si giunse alla temporanea proclamazione dell’indipendenza nazionale, subito soffocata dalla reazione austriaca, culminata nella battaglia della Falmagne (1790). Dopo l’occupazione francese (1792) si ebbe una riforma giuridica dello stato, grazie all’applicazione del Codice napoleonico. Il Congresso di Vienna (1814-15) creò un’unica organizzazione statale, il regno dei Paesi Bassi, costituito dalle antiche province settentrionali e da quelle meridionali, e affidato a Guglielmo I di Orange-Nassau (1814). Il provvedimento suscitò la viva reazione delle popolazioni belghe contro gli olandesi, numericamente minoritari, ma il cui peso era predominante nelle istituzioni e nella vita economica: questi ultimi affermavano la necessità del libero scambio, mentre i belgi erano favorevoli all’innalzamento di barriere doganali. L’opposizione belga, dapprima scissa fra clericali e liberali, dopo il raggiungimento di un accordo politico si organizzò sino all’insurrezione di Bruxelles del 26 agosto 1830, sull’onda degli avvenimenti parigini del luglio dello stesso anno.

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4. Il Belgio indipendente

Dopo la proclamazione d’indipendenza (1830), la conferenza di Londra ratificò l’avvenuta separazione del Belgio, imponendo la neutralità del paese: il rifiuto del duca di Nemours di assumere la corona a causa del divieto inglese, permise l’elezione a primo re dei belgi del principe Leopoldo di Sassonia-Coburgo-Gotha. Dopo il fallimento del tentativo olandese di riconquistare il Belgio grazie all’intervento francese e inglese, si instaurò un regime parlamentare, come stabilito dalla costituzione promulgata nel febbraio del 1831. Leopoldo I (1831-65), che sposando la figlia di Luigi Filippo d’Orléans aveva rafforzato i legami con la Francia, riuscì a garantire una fase di relativa pacificazione interna, contraddistinta dall’unionismo fra cattolici e liberali, cui seguì, dopo il 1840, una fase di più aspro scontro fra i partiti, sino all’affermazione dei liberali nel 1847. Lo stato, caratterizzato da una notevole stabilità interna dopo l’ascesa al trono di Leopoldo II (1865-1909), conobbe un notevole sviluppo commerciale in un quadro sociale di relativa modernizzazione, rallentata solamente dal conflitto fra cattolici e protestanti. I notevoli interessi commerciali dello stato avevano già dato impulso, sotto Leopoldo I, all’espansione coloniale in Congo, territorio che sotto Leopoldo II divenne proprietà personale del sovrano e fu trasformato in colonia nel 1909. Lo sviluppo della vita democratica fu rallentato dal mancato ampliamento del suffragio, rimasto ristretto sino allo sciopero dell’aprile del 1893, quando fu eletta in parlamento una forte rappresentanza del Partito socialista belga. Alla morte di Leopoldo II gli succedette Alberto I (1909-1934): pur avendo introdotto la coscrizione obbligatoria, egli non poté evitare che, allo scoppio dello prima guerra mondiale, il territorio belga fosse invaso dalle truppe tedesche, che costrinsero il governo a lasciare il paese e ad andare in esilio a Le Havre. Il trattato di Versailles (1919) diede al Belgio, oltre ai territori di Malmédy e Eupen, il mandato sul Ruanda-Urundi. Il quadro politico fu dominato dal progressivo rafforzamento dei socialisti, che nel 1925 divennero il partito di maggioranza relativa. Dopo un’iniziale fase di ricostruzione postbellica, anche il Belgio subì i gravi effetti della crisi economica del 1929: i socialisti, dopo la partecipazione a un governo di coalizione con i cattolici, dovettero piegarsi a una coalizione comprendente tutti i partiti e guidata dal cattolico Henry Jaspar. La crisi del 1929 rafforzò le spinte nazionaliste presenti nel paese con la formazione del Movimento rexista e del Movimento nazionale fiammingo, entrambi fortemente influenzati dall’ideologia fascista e ostili al nuovo governo formato da Paul van Zeeland. Il nuovo sovrano, Leopoldo III (1934-51), dovette subito confrontarsi con la crescita del Movimento rexista guidato da Léon Degrelle e con l’aggressività hitleriana, che si manifestò nell’occupazione della Renania (14 ottobre 1936). Nonostante la dichiarazione di neutralità allo scoppio della seconda guerra mondiale, il paese fu occupato dall’esercito nazista (10 maggio 1940) e nel giro di due settimane fu costretto alla capitolazione.

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5. Dal secondo dopoguerra ai giorni nostri

L’occupazione si protrasse sino al 7 giugno 1944, quando il Belgio fu liberato dall’esercito angloamericano. In assenza del sovrano, che si era consegnato al nemico ed era ancora prigioniero in Austria, fu scelto come reggente il fratello Carlo: al momento della liberazione di Leopoldo III l’opinione pubblica osteggiò il ritorno del sovrano, ritenuto responsabile della firma della capitolazione ai nazisti. Dopo il referendum del 1950, che sanciva con una stretta maggioranza il ritorno del re, e la vittoria alle elezioni del giugno dello stesso anno dei socialisti cristiani, Leopoldo III abdicò in favore del figlio Baldovino I (1951-93). Aiutato nella fase di ricostruzione dal piano Marshall, il Belgio aveva costituito sin dal 1947 l’unione economica con i Paesi Bassi e il Lussemburgo (BENELUX) per poi partecipare sin dalla sua fondazione al Mercato Comune Europeo (accordi di Roma del 1957). In politica interna la soluzione della questione dinastica riportò in primo piano l’opposizione fiamminga al predominio culturale della popolazione di lingua francese. La politica estera belga fu contraddistinta nel secondo dopoguerra dal problema della decolonizzazione, come testimoniarono le sommosse di Leopoldville (1959) e la conseguente accettazione nel 1960, non senza forti contrasti all’interno dell’opinione pubblica, dell’indipendenza dello Zaire (allora Congo Belga). Nel corso degli anni Sessanta la società civile belga fu percorsa da forti tensioni nazionalistiche con la rivendicazione, da parte della comunità fiamminga, della propria autonomia nei confronti di quella di lingua francese. Le tensioni spinsero il governo a varare una riforma costituzionale in senso federale (1970), ma neppure questi provvedimenti servirono a contenere la progressiva affermazione di formazioni politiche autonomiste e l’acuirsi della crisi politica nella prima metà degli anni Settanta. Dopo il fallimento dell’esperimento del socialista Edmond Leburton di formare nel 1973 una coalizione con il Partito sociale cristiano e quello liberale, il socialista cristiano Leo Tindemans avviò un processo (conclusosi solamente nel 1978) di ulteriore trasformazione della struttura politica del paese, con la costituzione delle tre regioni della Fiandra, della Vallonia e di Bruxelles. Dopo le elezioni del dicembre 1978, il cristiano sociale Wilfred Martens riuscì ad assicurare al Belgio un periodo di relativa stabilità, come dimostrarono le elezioni del 1985 che sancirono la sua riconferma alla guida del governo, con un sostanziale arretramento delle destre. Fu allora varata la riforma per la costituzione dei consigli regionali in Vallonia e nelle Fiandre, oggetto di scontro fra fiamminghi e valloni. Il confronto fra le diverse comunità linguistiche caratterizzò ancora la lotta politica alla fine degli anni Ottanta, portando alla concessione di una maggiore autonomia alle tre regioni, grazie alla riforma costituzionale conclusasi nel 1992. Fu all’origine di una difficile crisi istituzionale la richiesta di re Baldovino di essere riconosciuto nell’impossibilità temporanea di governare per non dover firmare la legge che depenalizzava l’aborto (1990). Alla morte del sovrano nel 1993 gli successe il fratello Alberto II. In un clima fortemente segnato dalle costanti tensioni tra fiamminghi e valloni, le elezioni del 1995 portarono alla formazione di un governo di coalizione tra democratici cristiani e socialisti, che si trovò investito da un’ondata di scandali suscitata dall’emergere di un ampio giro di corruzione sessuale legata alla pedofilia e alla pornografia. Nel 1999 il paese fu investito da una nuova ondata di scandali, questa volta legata all’utilizzazione della diossina nel mangime somministrato al pollame, con vaste ripercussioni all’interno e all’esterno a causa anche delle tardive reazioni governative. Le elezioni seguite in quello stesso anno videro il successo dei liberali e dei verdi, che formarono un governo di coalizione con i socialisti. A fronte della massiccia immigrazione proveniente specialmente dai Balcani, nei primi anni Duemila si rafforzarono sensibilmente le tendenze separatiste e xenofobe specie nelle Fiandre, che posero sempre più in questione la struttura federale e la stabilità politica del Belgio. Nel 2007, dopo l’affermazione elettorale dei cristiano-democratici fiamminghi e il mancato accordo per la formazione di un governo di coalizione, Alberto II incaricò Guy Verhofstadt, leader dei liberali, della guida ad interim del paese. Nel 2008, all’indomani del raggiungimento dell’accordo tra fiamminghi e valloni e della costituzione di una coalizione pentapartitica, il governo fu affidato al leader dei cristiano-democratici, Yves Leterme, il quale però, incapace però di venire a capo di contrasti interni alla coalizione di governo, si dimise nel dicembre dello stesso anno, lasciando l’incarico di governo al suo compagno di partito Herman Van Rompuy. Chiamato alla presidenza del Consiglio Europeo nel novembre del 2009, Van Rompuy fu nuovamente sostituito da Leterme. Non più di cinque mesi dopo, i liberali si ritirarono dalla coalizione costringendo Leterme a dimettersi nuovamente. Nelle elezioni del giugno 2010 si affermarono i separatisti della Nuova Alleanza Fiamminga, che divennero il primo partito belga, seguiti dai socialisti valloni. Anche in questo caso i negoziati per la formazione di un governo di coalizione si protrassero per svariati mesi, lasciando il paese in balia di una grave instabilità politica che, sotto la minaccia della speculazione internazionale, fu superata solo nel dicembre 2011 con la formazione di un governo di grande coalizione formato da cristiano-democratici, liberali e socialisti e presieduto dal socialista Elio Di Rupo.

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