Babilonia

Con questo termine si fa riferimento sia alla città di Babilonia sia all’antica regione della Mesopotamia centro-meridionale di cui essa fu capitale. La città di Babilonia viene denominata anche Babele, trascrizione della forma accadica Bab-ili (a sua volta tradotto dal sumerico Ka-dingir-ra), che significava probabilmente “porta degli dei”.

  1. Periodo antico-babilonese: la prima dinastia (1894-1595 a.C.)
  2. Economia, società e cultura nel periodo paleo-babilonese
  3. Il periodo cassita o medio-babilonese (1594 circa-1157 a.C.)
  4. Società e cultura nel periodo cassita
  5. La seconda dinastia di Isin (1156- 612 a.C.) e il predominio assiro
  6. Il nuovo impero babilonese o periodo caldeo (612-539 a.C.)
  7. Società, economia e cultura durante il periodo caldeo
1. Periodo antico-babilonese: la prima dinastia (1894-1595 a.C.)

Fondata in periodo sumerico, fino all’inizio del II millennio a.C. Babilonia ebbe un ruolo secondario sullo scenario mesopotamico. Emerse per la prima volta dopo la morte del re assiro Shamshi-Adad, quando la I dinastia babilonese riuscì a imporsi a livello regionale. La I dinastia, di origine amorrea, era stata fondata all’inizio del XIX secolo a.C. da Sumu-abum (1894-81 a.C.), si era poi progressivamente affermata a scapito delle dinastie delle città di Isin e di Larsa e aveva avuto un’evoluzione per certi versi parallela a quella del contemporaneo regno assiro, situato più a settentrione. Dopo la morte di Shamshi-Adad, Babilonia seppe approfittare, grazie alle doti politico-militari del re Hammurabi (1792-50 a.C.), del ripiegamento assiro per divenire la potenza egemone della Mesopotamia. Dal 1785 a.C. Hammurabi entrò infatti in aperto contrasto con le altre entità politiche mesopotamiche, determinandone il drastico ridimensionamento: all’invasione della Mesopotamia meridionale nel 1785 a.C. seguì, nel 1764 e nel 1762 a.C., la sconfitta di una coalizione formata dall’Elam, dall’Assiria, dai gutei e dalla città di Eshnunna; nel 1763 e nel 1759 a.C. fu la volta dell’annessione delle città di Larsa e di Mari, mentre fra il 1757 e il 1755 a.C. venne conquistata in parte la stessa Assiria. Sovrano di un territorio che ricalcava i confini dell’impero neo-sumerico della terza dinastia di Ur, il re babilonese si considerò l’erede del patrimonio politico e culturale del paese di Sumer e di Akkad (le due unità etnico-politiche che avevano egemonizzato la Mesopotamia) e riprese il titolo accadico di “re delle quattro regioni”. A differenza dei monarchi della terza dinastia di Ur, non volle la divinizzazione della propria persona. In campo economico rafforzò la posizione del sovrano (a scapito della proprietà familiare e religiosa) e si avvalse largamente del sistema di assegnazione delle terre di nuova conquista a veterani e funzionari. Al tempo stesso Hammurabi volle essere il supremo garante della giustizia, ponendosi quindi come punto di riferimento per tutti i sudditi, a qualsiasi classe sociale appartenessero. In questa prospettiva deve essere letto il famoso “codice” che porta il suo nome, che non ebbe valore normativo in senso moderno (non imponeva nuove leggi), ma fu piuttosto un’esaltazione della società babilonese del tempo e soprattutto della saggia opera moderatrice svolta al suo interno dal sovrano. Con i successori di Hammurabi ebbe presto inizio il declino del regno da lui creato, sia per le minacce esterne rappresentate dai cassiti a est, dagli hurriti a nord e da una nuova entità politica, il “Paese del Mare”, nell’estremo sud; sia per la sollevazione di alcuni centri importanti (da Larsa a Ur, da Isin a Uruk, a Eshnunna); sia per la crisi economica (soprattutto agricola) che investì la bassa Mesopotamia. Molti territori andarono progressivamente perduti finché, nel 1595 a.C., il re hittita Murshili I arrivò a saccheggiare la stessa Babilonia senza incontrare resistenze. Il sovrano hittita si ritirò subito dopo (non potendo controllare territori così lontani), ma del vuoto di potere che si era creato approfittarono i cassiti, che si sostituirono alla prima dinastia sul trono della città.

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2. Economia, società e cultura nel periodo paleo-babilonese

Il documento più significativo per ricostruire la struttura sociale babilonese durante il periodo della prima dinastia è rappresentato dal “codice” di Hammurabi, dal quale si rileva la presenza di tre classi: gli uomini liberi (awilum); i dipendenti regi, semi-liberi (muskenum); gli schiavi (wardum). I primi erano tutti coloro che non dipendevano economicamente (oltre che giuridicamente) da altri, e in particolare dal Palazzo; i secondi erano uomini liberi dal punto di vista giuridico ma, non possedendo autonomamente i mezzi di produzione, dipendevano strettamente dal Palazzo; gli schiavi infine erano stranieri fatti prigionieri in guerra oppure comperati (diversa era la condizione dei cittadini babilonesi insolventi, che venivano normalmente asserviti, ma non potevano essere fatti schiavi). Per comprendere questa stratificazione bisogna considerare che furono due le principali tendenze socioeconomiche del periodo: la “privatizzazione” delle terre e la radicalizzazione delle differenze di classe. Infatti, mentre i gruppi privilegiati (gli scribi, i mercanti, gli amministratori, gli artigiani) si emanciparono progressivamente dai loro tradizionali legami dai templi o dalla corte per diventare grandi proprietari terrieri, artigiani o commercianti autonomi, i piccoli proprietari e i contadini furono invece soggetti a un processo di impoverimento, che li portò in molti casi all’impossibilità di mantenere le proprie terre. Si videro allora costretti ad alienarle e a offrire al sovrano il proprio lavoro (ad esempio come soldati o coloni) in cambio della possibilità di coltivare un piccolo appezzamento: erano questi i dipendenti regi o semi-liberi ai quali fa riferimento il codice di Hammurabi. Assai diffusa doveva essere poi la servitù per debiti. Per ribadire la propria centralità in questo contesto economico-sociale i sovrani della prima dinastia ricorsero anche a misure quali la remissione dei debiti, la liberazione degli asserviti, la redazione di tabelle dei prezzi per le merci; e promossero la costruzione di un sistema di canali che permise di ottenere migliori rese nel settore cerealicolo e nelle coltivazioni più specializzate. In campo propriamente giuridico il codice di Hammurabi presenta come pratica corrente la legge del taglione, tipica caratteristica della cultura amorrea. In campo religioso infine si definì un politeismo che, pur riprendendo molte divinità dal pantheon sumerico e accadico (ad esempio Enlil), riconosceva nel dio Marduk, da sempre divinità protettrice della città di Babilonia, la figura preminente e il dio “nazionale” di tutta la Mesopotamia. Anche l’arte divinatoria ebbe un grande sviluppo e divenne un tratto culturale tipicamente babilonese. Più in generale, la prima dinastia di Babilonia fu per molti aspetti l’erede, sul piano culturale, della civiltà sumerica (di cui venne ripresa, in particolare, la scrittura cuneiforme) e fu a sua volta il tramite fra quest’ultima e le successive fasi di sviluppo del mondo babilonese. Importanti furono fin da questo periodo le manifestazioni letterarie, che si espressero nei testi grammaticali e lessicali che servivano alla formazione degli scribi; in testi di carattere matematico, astronomico, geografico e medico; in iscrizioni reali votive e storiche; nelle liste reali, negli annali, nelle cronache e in alcuni testi mitologici (celebre, in particolare, il poema di Gilgamesh).

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3. Il periodo cassita o medio-babilonese (1594 circa-1157 a.C.)

Poco dopo la scorreria hittita, intorno al 1594 a.C. Babilonia fu conquistata dai cassiti, un popolo proveniente dai monti Zagros che da qualche tempo si era spinto verso la Mesopotamia. Non conosciamo il nome del sovrano che si impadronì della città, ma certamente uno dei primi re cassiti che regnarono in Babilonia fu Agum II, che conquistò anche il regno di Khana e la media valle dell’Eufrate. Sul periodo cassita disponiamo di scarsa documentazione. In esso Babilonia ebbe comunque un ruolo di secondo piano rispetto alle grandi potenze contemporanee (l’Egitto, gli hittiti, il regno di Mitanni e gli assiri). I sovrani cassiti, anziché riprendere l’opera espansionistica di Hammurabi, dovettero per lo più destreggiarsi in un complicato gioco di alleanze (ricercate anche attraverso un’abile politica matrimoniale) con i più potenti vicini. Rappresentò un’eccezione in questo senso il regno di Kurigalzu II (1345-24 a.C.), che fece costruire la nuova città di Dur-Kurigalzu come bastione contro l’espansionismo di Mitanni e sconfisse l’Elam riuscendo ad arrivare nella stessa capitale nemica, Susa. L’alleanza stretta nel XIII secolo a.C. con gli hittiti in funzione antiassira si rivelò invece disastrosa e portò nel 1225 a.C. alla sconfitta e al saccheggio della città da parte di Tukulti-Ninurta I. Questi assunse, per sette anni, il titolo di re di Babilonia e governò la città attraverso i suoi rappresentanti, fino a quando una rivolta di palazzo scoppiata in Assiria non eliminò il sovrano e una contemporanea sollevazione a Babilonia non cacciò il suo rappresentante. Della crisi babilonese approfittarono gli elamiti, che replicarono l’impresa del sovrano assiro: le truppe di Shutruk-Nakhunte I dilagarono nella Mesopotamia e nel 1160 a.C. entrarono nella città di Babilonia dove tre anni dopo, a seguito di una ribellione, fecero prigioniero l’ultimo re cassita, deportando a Susa la statua di Marduk e la stele del codice di Hammurabi. Sul trono di Babilonia venne quindi insediato Kutir-Nakhunte, figlio dell’elamita vincitore. La dinastia cassita, dopo quattro secoli e mezzo, perdeva così definitivamente il potere.

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4. Società e cultura nel periodo cassita

Durante la seconda metà del II millennio a.C. la Mesopotamia centro-meridionale fu soggetta a un forte calo demografico, che colpì le città come le campagne. Si accentuarono anche i fenomeni di impoverimento della popolazione rurale e di consolidamento della posizione della classe dominante. In una società già fortemente in crisi, i cassiti si inserirono in un primo tempo come un’aristocrazia militare (introducendo nuove tecniche di combattimento, con il ricorso a carri da guerra e cavalli) e vi imposero la propria struttura di tipo familiare e gentilizio. Attraverso una nuova distribuzione delle terre (in favore dei militari in primo luogo, ma anche dei templi e in generale della ristretta cerchia dei nuovi alti funzionari), i sovrani cassiti posero le basi per la creazione di una struttura sociale di tipo feudale, con una classe privilegiata assai articolata al suo interno e una classe di contadini in condizione servile. In una seconda fase tuttavia, una volta venuto meno il loro legame con la sede originaria nei monti Zagros, i cassiti furono assimilati dall’elemento semitico, adottarono la lingua babilonese (sia per la comunicazione orale sia per i rapporti ufficiali scritti) e si fecero continuatori e, soprattutto, sistematori della cultura paleo-babilonese. Peculiare dell’epoca cassita fu una certa tendenza all’individualismo e una concezione pessimistica della vita. Al periodo cassita risale la divisione del territorio in una ventina di province, rette da governatori di nomina regia.

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5. La seconda dinastia di Isin (1156- 612 a.C.) e il predominio assiro

La resistenza contro la dominazione elamita si manifestò ben presto in Mesopotamia, soprattutto nella zona meridionale, dove venne organizzata in particolare dalla città di Isin. Fu proprio il quarto sovrano della seconda dinastia di Isin (che aveva stabilito la sua capitale a Babilonia) Nabucodonosor I (1124-1103 a.C.), a cacciare definitivamente gli elamiti e a riportare nella capitale la statua di Marduk. Anch’egli però non poté far altro che arginare temporaneamente l’espansionismo assiro, che si ripresentò minaccioso durante il regno dei suoi successori e portò, all’inizio dell’XI secolo a.C., alla temporanea conquista di Babilonia da parte di Tiglat-Pileser I. Intorno alla metà dell’XI secolo a.C. gli aramei invasero la Mesopotamia costringendo molti cassiti a rifugiarsi nelle zone meridionali del paese (il cosiddetto Paese del Mare, dove diedero vita a una lunga resistenza nei confronti dei nuovi sopravvenuti). Dopo di allora vi fu una lunga fase di decadenza, nella quale Babilonia visse in condizione di subalternità rispetto all’Assiria, sperimentando il saccheggio e la distruzione quando tentò di ribellarsi, come avvenne nel 689 a.C. durante il regno di Sennacherib. Solo alla fine del VII secolo a.C. i babilonesi riuscirono ad approfittare delle difficoltà degli assiri. Alleatisi con i medi, avviarono allora un’offensiva comune che portò alla riconquista della Mesopotamia e che culminò, nel 612 a.C., con la presa della stessa capitale assira, Ninive.

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6. Il nuovo impero babilonese o periodo caldeo (612-539 a.C.)

Fu il sovrano Nabopolassar (625-605 a.C.), originariamente signore della zona meridionale della Mesopotamia, il cosiddetto Paese del Mare, il principale artefice del risveglio babilonese. Le conquiste di Assur e di Ninive, rispettivamente nel 614 e nel 612 a.C., segnarono le tappe fondamentali della conquista babilonese della Mesopotamia propriamente detta e della media valle dell’Eufrate. Dal 607 a.C. le mire espansionistiche di Nabopolassar e del figlio Nabucodonosor II (605-562 a.C.), che venne associato al trono, si orientarono verso la conquista della zona siro-palestinese per sottrarre anche quest’area, prima sottoposta al dominio assiro, alle nuove aspirazioni egemoniche egiziane. Le vittorie di Karkemish e di Hama, riportate nel 605 a.C. da Nabucodonosor, segnarono la definitiva esclusione degli egiziani da tutti i territori della Siria e della Palestina. Seguì la lunga e violenta fase del consolidamento dell’egemonia babilonese in quest’area, che culminò nel 586 a.C. con la presa di Gerusalemme e con l’annessione del regno di Giuda. Il regno di Nabucodonosor rappresentò l’apogeo del nuovo impero babilonese, che a ovest raggiungeva il Mediterraneo e l’Egitto, a nord-ovest aveva inglobato la Cilicia, e in direzione orientale e meridionale confinava con il regno dei medi e con gli arabi. Alla morte del sovrano, tuttavia, questa struttura politica manifestò subito la sua fragilità, aprendo una fase di crisi istituzionale e sociale che divenne gravissima durante il regno di Nabonedo (555-39 a.C.). Quest’ultimo, che si era impadronito del trono con la forza e che non faceva parte della famiglia reale, ebbe fin dall’inizio un difficilissimo rapporto con l’ambiente sacerdotale, tradottosi poi in aperta conflittualità. Della situazione approfittarono allora i persiani, che nel 539 a.C., sotto la guida di Ciro II, invasero la Mesopotamia e si impadronirono di Babilonia. Ciro fu accolto come un liberatore e si sforzò a sua volta di sottolineare la continuità della sua opera rispetto ai legittimi monarchi precedenti, definendosi come il restauratore di quegli antichi culti che Nabonedo aveva sovvertito.

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7. Società, economia e cultura durante il periodo caldeo

In una società caratterizzata da una componente etnica assai composita (nella quale al nucleo originario, di derivazione accadica, si erano aggiunti nel corso dei secoli le popolazioni di stirpe aramaica e i caldei, oltre a numerosi gruppi di deportati, di commercianti e di specialisti stranieri), la struttura del potere mantenne un’impronta fondamentalmente centralistica, basata sulla figura del sovrano circondato da alcuni collaboratori e da alti dignitari. Dal sovrano dipendevano i governatori delle province e i prefetti delle città, mentre avevano un ruolo più autonomo i sacerdoti dei templi principali (ma sulle stesse grandi proprietà terriere amministrate dai templi il sovrano esercitava uno stretto controllo amministrativo e riscuoteva le decime). Quella caldea fu complessivamente un’epoca di ripresa economica per la Mesopotamia centrale (l’area meridionale e quella orientale conobbero invece gli effetti dell’impaludamento e della desertificazione). L’agricoltura, il commercio e l’artigianato risentirono di una nuova fioritura che continuò poi anche nel successivo periodo achemenide. Scomparsa ormai da tempo la piccola proprietà, furono i latifondi templari e regi, lavorati da una manodopera servile, a trarre vantaggio da un’opera di programmazione alquanto precisa e impostata su base pluriennale. E fu proprio per l’accaparramento degli elevati guadagni provenienti dalle grandi proprietà templari che, alla fine del periodo caldeo, si acuirono i contrasti fra il potere regio e il clero. Anche le attività artigianali e commerciali conobbero un notevole incremento e profonde trasformazioni: molti gruppi di specialisti si emanciparono di fatto dalla tutela del palazzo o del tempio e si costituirono in “corporazioni”; le principali attività mercantili e finanziarie, inoltre, vennero gestite da stranieri residenti in Babilonia (fenici, arabi, iranici, ebrei). Significativamente a questi gruppi spettava una rappresentanza nel consiglio cittadino, che aveva compiti finanziari e giudiziari. In campo propriamente culturale la Babilonia caldea fu caratterizzata da una forte tendenza arcaicizzante, che si espresse a livello linguistico nella scelta dell’accadico come lingua scritta ufficiale (mentre la lingua parlata era ormai l’aramaico), nel sistematico recupero degli edifici e delle iscrizioni dei periodi precedenti, nell’attenzione per il patrimonio culturale e soprattutto mitologico del passato. Molte risorse furono dedicate dai sovrani (soprattutto da Nabucodonosor II) all’attività edilizia. Tale impegno si tradusse in costruzioni grandiose sia nella capitale (completata delle mura e delle strutture difensive, arricchita di templi e giardini pensili) sia nei principali centri urbani. Nelle arti figurative si registrò un accentuato simbolismo (soprattutto astrale). In campo religioso il formalismo e il ritualismo caratterizzarono larga parte della religiosità pubblica, mentre le ansie e le inquietudini di molti singoli individui trovarono espressione in una nuova spiritualità legata alle pratiche magiche. Si sviluppò anche un forte interesse per l’astronomia, disciplina nella quale i caldei si distinsero in modo particolare.

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