Averroè

(Córdoba 1126, † Marrakech 1198). Filosofo e scienziato arabo. Il suo vero nome è Muhammad ibn Ahmad Muhammad ibn Rushd. Fu tra i più celebri commentatori medievali di Aristotele (Grande, Medio e Piccolo Commento), dal quale riprese tesi assai spregiudicate per il periodo, che gli valsero una condanna all’esilio da parte delle autorità arabe. Affermò infatti l’eternità del mondo, negando il creazionismo delle religioni islamica ed ebraico-cristiana, nonché l’emanazionismo di Avicenna; e sostenne l’unicità e la separatezza dell’intelligenza, la quale appartiene alle sfere celesti e non all’anima degli uomini, che è mortale. Sulla base delle sue interpretazioni si costituì una nuova corrente dell’aristotelismo, che si propagò soprattutto nell’Occidente cristiano, dove, a partire dal 1270 circa, un gruppo di filosofi (Sigieri di Brabante, Boezio di Dacia, Bernieri di Nivelles, Gosvin de la Chapelle) promossero il cosiddetto “averroismo latino”. Una tradizione, probabilmente scorretta, attribuisce agli averroisti una teoria della doppia verità, secondo la quale le verità di fede e di ragione, per quanto differenti, sarebbero entrambe valide. L’aristotelismo averroista, in opposizione al tomismo (Tommaso d’Aquino) e, più tardi, all’alessandrismo, sopravvisse con alterna fortuna fino all’età rinascimentale.