autarchia

Nella parola confluiscono due termini greci derivanti da differenti radici: a) autarkeia (da auto- e arkeo, “io basto”), che indica da un lato la condizione esistenziale del “bastare a se stesso” teorizzata in particolare dalla filosofia cinica e, dall’altro, sotto l’aspetto economico, l’autosufficienza di uno stato rispetto agli stati stranieri; b) autarkia (da auto- e arke, “comando”), che rimanda al concetto politico del dominio di sé e, estremizzando, al potere assoluto. Nell’antica polis greca l’autarkeia, intesa come condizione di autosufficienza della società perfetta, costituiva il fine del vivere associato. In età moderna e contemporanea gli aspetti economici e politici furono collegati all’interno di quegli orientamenti autarchici e illiberali che si manifestarono soprattutto nelle esperienze delle dittature – ad esempio l’Italia fascista dopo il 1934 – che ricercavano la completa autosufficienza economica interna a fondamento della loro indipendenza politica e del mantenimento di un sistema autoritario di potere. Un senso del tutto diverso assume l’autarchia come istituto positivo del diritto, corrispondente alla capacità di determinate categorie di enti pubblici strumentali, aventi carattere ausiliario nei confronti dello stato, di perseguire le proprie finalità attraverso l’esercizio di peculiari poteri nell’indirizzo generale stabilito dallo stato stesso. In tal caso l’autarchia è da tenere distinta dall’autonomia tipica degli enti pubblici territoriali (comuni, province e regioni).