Weber, Max

(Erfurt 1964, † Monaco di Baviera 1920). Sociologo tedesco. Fondamentale nella sua riflessione fu l’attenzione dedicata a problemi di metodologia della ricerca. Ne L’oggettività conoscitiva della scienza sociale e della politica sociale (1904) e negli Studi critici intorno alla logica delle scienze della cultura (1906) egli concepì l’autonomia delle scienze sociali rispetto a quelle naturali, senza fondarla, però, su una comprensione immediata e intuitiva, contrapposta alla spiegazione causale: le scienze sociali dovevano basarsi sulla rigorosa “constatazione” di fatti empirici, indipendentemente da “giudizi di valore”. Oltre a poter essere oggetto di studio in quanto essi stessi “fatti”, i valori costituivano i criteri orientativi e selettivi della ricerca. Ne L’etica protestante e lo spirito del capitalismo (1904-05) individuò una prospettiva storica differente da quella marxista nell’indagine sulle origini del capitalismo, mettendo in luce il debito di questo nei confronti dell’etica calvinista, della sua “ascesi intramondana” e della coscienza del dovere professionale come dovere morale. Tra i problemi diffusamente trattati nella produzione politica dell’autore emerge quello della burocrazia. In Parlamento e governo (1918) egli mise in luce come il potere reale, all’interno dello Stato moderno, risiedesse sostanzialmente nella possibilità di manovrare l’amministrazione nella vita quotidiana; si soffermò, in particolare, sulla tendenza strutturalmente espansiva degli apparati burocratici nella società di massa. La configurazione così emersa della moderna attività politica veniva ulteriormente chiarita nella conferenza La politica come professione (1919). In essa Weber sottolineava il ruolo fondamentale dei partiti nella politica moderna e i caratteri essenzialmente “plebiscitari” della democrazia di massa. Accanto al “professionismo”, tuttavia, egli auspicava anche una necessaria “vocazione”, intesa come passione, senso di responsabilità e lungimiranza soprattutto da parte dei leader. In Economia e società (1922, postumo) si trova la celebre distinzione dei “tre tipi puri di potere legittimo”: il “potere razionale-legale”, avente come fonte un complesso di norme e caratterizzato dall’inevitabilità di un apparato amministrativo burocratico; il “potere tradizionale”, basato sulla credenza nella sacralità di un potere esistente da sempre; e il “potere carismatico”, fondato sulla dedizione affettiva alla persona del capo, alle sue qualità magiche, al suo eroismo, alla potenza dello spirito e del discorso.