Asia

Uno dei cinque continenti, il più vasto. La sua grande estensione, le differenze ambientali, i rapporti con le vicine Europa e Africa e l’esistenza di ostacoli naturali all’interno hanno impedito lo sviluppo di un’unica civiltà asiatica, malgrado continui e intensi scambi. La storia dell’Asia è caratterizzata dall’interazione di cinque fondamentali influenze: le civiltà cinese, indiana, islamica ed europea e le migrazioni dall’Asia centrale, causa di grandi mutamenti demografici e politici.

  1. Dall’antichità all’età moderna
  2. L’arrivo degli europei e il declino dell’Asia
  3. Il risveglio dell’Asia
1. Dall’antichità all’età moderna

La comparsa di ominidi in Asia risale probabilmente al medio pleistocene (circa 450.000 anni fa). Nell’VIII-VII millennio a.C. si svilupparono in Medio Oriente l’agricoltura e l’allevamento, ma decisiva fu la comparsa, in Mesopotamia nel III millennio, della civiltà dei sumeri, la prima civiltà storica (uso del rame, creazione della scrittura cuneiforme, organizzazione politica in città-stato), da cui, attraverso invasioni e fusioni, nacque all’inizio del II millennio il regno di Babilonia. Contemporaneamente, invasioni di popolazioni indoeuropee fecero sorgere altri regni nella zona, tra cui il potente regno degli Hittiti, che nel XIV secolo a.C. si scontrò con l’Egitto per l’egemonia nel Medio Oriente. Sempre al principio del II millennio ebbe inizio in questa regione la storia di altri due importanti popoli, gli ebrei e i fenici. Il periodo dal X al VII secolo a.C. vide il predominio dell’impero degli assiri, mentre più a est, sull’altopiano iranico, nel VI secolo i persiani, una popolazione indoiraniana, crearono un vasto impero che al suo apogeo (VI-V secolo) andava dall’Asia Minore e dall’Egitto all’Indo. La conquista dell’impero persiano a opera di Alessandro Magno (IV secolo a.C.) diffuse l’ellenismo in vaste regioni asiatiche. Dal II secolo a.C. ai primi secoli dell’era cristiana il Medio Oriente fu caratterizzato dalla lotta tra i romani, e poi i bizantini, e due dinastie iraniane, prima gli Arsacidi (parti), poi i Sasanidi: un contrasto che nel VII secolo facilitò la conquista musulmana. Il contributo del Medio Oriente fu determinante per lo sviluppo della civiltà occidentale nel campo dell’economia (commercio e moneta), della cultura (scrittura, astronomia e matematica), della politica (idea imperiale) e della religione (religione giudeo-cristiana e misteri orientali). La civiltà dell’India si sviluppò nel I millennio a.C. in seguito alla fusione degli arii, un popolo indoeuropeo giunto nel nord-est tra il 1800 e il 1500, con le popolazioni delle valli dell’Indo e del Gange. Il sistema delle caste creato dagli arii per preservare la purezza razziale determinò l’egemonia sociale e culturale della casta sacerdotale dei bramini, e quindi la supremazia dell’induismo; tra le reazioni ad esso sorte nel VI secolo a.C. emerse il buddhismo, la cui espansione fu un potente veicolo di diffusione della cultura indiana soprattutto nell’Asia del sud-est. Mentre il subcontinente indiano fu quasi sempre caratterizzato dalla frammentazione politica, nella penisola indocinese (caratterizzata da una grande varietà di razze e popoli) sorsero, nel I e II secolo d.C., i potenti regni di Champa (Vietnam), e soprattutto degli Khmer (Cambogia), che raggiunsero livelli elevati nell’organizzazione politica, nelle scienze e nelle arti; grandi formazioni statali nacquero anche in Indonesia (VIII secolo d.C.) e in Birmania (XI secolo). In Cina, dove la civiltà comparve nella seconda metà del II millennio a.C. (dinastia Shang), dopo diversi secoli di contrasti feudali la fondazione dell’impero cinese a opera della dinastia Ch’in (221 a.C.) segnò l’avvio di un lunghissimo periodo di sostanziale unità politica e stabilità istituzionale (malgrado le invasioni mongole), grazie anche all’amministrazione di una burocrazia illuminata, all’estensione e al volume dei commerci, all’eccezionale sviluppo culturale, scientifico e tecnologico. Influenze cinesi e buddhiste caratterizzarono nettamente, a partire dal VII secolo d.C., il Giappone, dove però l’amministrazione imperiale fu subordinata fino al XIX secolo ai signori feudali. Nel VII-VIII secolo d.C. la rapida diffusione dell’islam portò alla nascita di un impero musulmano dalla Spagna all’Indo, e all’estensione della sua influenza all’Asia centro-settentrionale e all’Estremo Oriente. Il centro del mondo islamico rimase il Medio Oriente, con i grandi califfati di Damasco (661-750) e di Baghdad (750-1258). Nell’XI secolo l’egemonia passò dagli arabi ai turchi, una popolazione proveniente dal Turkestan e convertita all’islam, il cui impero si estese dall’Asia Minore e dall’Egitto a gran parte dell’India (sultanato di Delhi, XII-XIV secolo). Il XIII secolo vide gran parte dell’Asia sconvolta dalle invasioni dei mongoli, un popolo nomade di guerrieri e cavalieri originario della Mongolia, guidato da Gengis Khan e dai suoi successori. L’impero mongolo, che al suo apogeo andava dalla Polonia alla Corea e dalla Siberia alla Persia, si disgregò presto per la tendenza dei mongoli ad assimilare la civiltà dei popoli conquistati. Effetti più duraturi ebbe l’operato degli Ottomani, una dinastia turca che a partire dal XIV secolo costruì un vasto impero in Asia Minore e nell’Europa balcanica (Turchia).

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2. L’arrivo degli europei e il declino dell’Asia

Lo sbarco di Vasco de Gama in India (1498) segnò l’inizio dell’apertura del continente asiatico alle grandi potenze coloniali europee, nonché del declino del Mediterraneo e delle sue città che fino ad allora avevano monopolizzato, insieme ai musulmani, il commercio tra Asia ed Europa (colonialismo). Tra il 1508 e il 1557 i portoghesi fondarono stazioni commerciali in Arabia, India, Cina e Indonesia; nel 1565 gli spagnoli avviarono la colonizzazione delle Filippine; nel 1619 gli olandesi si installarono in Indonesia, seguiti in India da inglesi (1639-90) e francesi (1674). La penetrazione del cristianesimo non ebbe, tranne che nelle Filippine, molto successo, data la presenza di grandi religioni consolidate (buddhismo, induismo, islam); ma, almeno nei primi tempi, non si ebbero contrasti. Fino al 1750 la presenza europea in Asia fu sostanzialmente limitata alle stazioni commerciali; dopo di allora iniziò a estendersi gradualmente su tutto il continente, per motivi economici (aumento del volume dei commerci europei), tecnici (netta supremazia tecnologica e militare degli europei) e politici (ripercussioni delle rivalità tra le potenze europee, crisi degli imperi cinese e ottomano e crollo dell’impero Moghul in India). Nel 1763 l’Inghilterra iniziò l’annessione dell’India, conclusa nel 1876 con la proclamazione dell’impero e rafforzata nel 1886 con l’annessione della Birmania. Tra il 1863 e il 1895 la Francia acquisì il controllo dell’intera Indocina, mentre gli olandesi consolidarono la propria presenza in Indonesia; nel 1898 gli Stati Uniti strapparono le Filippine alla Spagna. Per quasi tutto l’Ottocento la Cina dovette subire la tutela politica ed economica di Inghilterra, Francia, Russia e Germania, mentre nel 1907 Inghilterra e Russia si divisero la Persia in zone d’influenza.

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3. Il risveglio dell’Asia

Questa tendenza fu arrestata dall’improvviso manifestarsi della potenza economica e militare del Giappone, la cui vittoria sulla Russia (1904-1905) dimostrò che era possibile appropriarsi dei valori e delle istituzioni del capitalismo occidentale in funzione antieuropea e anticoloniale. Nel 1906 l’India reclamò l’autonomia interna, presto seguita da Birmania e Indonesia; nel 1912 fu proclamata la repubblica in Cina. Tra le due guerre mondiali, lo smembramento dell’impero ottomano (1920) rafforzò il nazionalismo arabo (insoddisfatto dalla presenza inglese e francese in Medio Oriente) e creò il moderno stato turco laico, mentre le guerre civili in Cina ritardarono la rinascita del paese; pur con qualche difficoltà, Inghilterra e Francia mantennero il loro dominio su India e Indocina. Solo dopo la fine della seconda guerra mondiale e la sconfitta dell’imperialismo del Giappone (ridiventato una potenza autonoma nel 1951), l’Asia ottenne il suo assetto pressoché definitivo, con l’indipendenza di Filippine, Siria e Libano (1946), la nascita dei tre stati indiani indipendenti (India, Pakistan, Ceylon, 1947) e dei due stati cinesi (1949), l’indipendenza dell’Indonesia (1949), delle colonie francesi in Indocina (1954) e della Malesia (1957). In Medio Oriente, la fondazione dello stato ebraico di Israele (1948) in una regione a forte dominanza araba e musulmana rappresentò un costante focolaio di crisi, nonché un forte impulso al nazionalismo arabo. A partire dagli anni Cinquanta l’Estremo Oriente divenne uno dei maggiori teatri della guerra fredda: mentre l’URSS consolidava la propria presenza nell’Asia continentale e appoggiava alcuni regimi comunisti nati dalla decolonizzazione, gli Stati Uniti, unica potenza occidentale rimasta nel Pacifico, intendevano colmare il vuoto di potere lasciato dal Giappone e contrapporsi alla duplice minaccia comunista, sovietica e cinese (interventi militari in Corea e Vietnam). I notevoli mutamenti degli ultimi decenni (il disimpegno degli Stati Uniti dall’Asia, la rivoluzione islamica in Iran, la dissoluzione dell’URSS, la conversione della Repubblica Popolare Cinese e di altri regimi comunisti all’economia di mercato e, più recentemente, la guerra in Afghanistan e in Iraq), e la coesistenza tra isole di capitalismo avanzato (Giappone, Corea del Sud, Singapore, Hong Kong, Taiwan e, in prospettiva, Cina e India) e ampie regioni facenti ancora parte del Terzo Mondo, hanno ulteriormente accentuato l’instabilità politica del continente e i gravi problemi economici e sociali che, dall’epoca coloniale, continuano a caratterizzare buona parte dei paesi asiatici, tra cui soprattutto l’enorme crescita demografica e i grandi squilibri nella distribuzione delle risorse.

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